Proseguo la lettura di “Anime baltiche” di Jan Brokken. Tra i molti volti che si affacciano sulle pagine di questo libro “densamente” popolato, spicca quello di un uomo controverso, bugiardo, geniale, meschino … tutto e il contrario di tutto. Il lungo capitolo 5 è interamente dedicato a lui, Roman Kacev, alias Romain Gary alias Emile Ajar alias Folco Sinibaldi alias Shatan Bogat: il camaleonte, il falsario, l’inventore di se stesso.

Roman voleva liberarsi del suo vero padre: mai nessuno lo avrebbe dovuto associare ad Arieh-Leib Kacev, pellicciaio e mercante ebreo di Vilnius. (…) Del nome di sua madre Gary non si vergognava: Mina Josselevna Owczinska, si chiamò per sempre Mina. (…) Alterò anche il luogo dove Mina l’aveva messo al mondo: Mosca, Kiev, Kursk. In una stazione al confine russo-polacco, dove fermava il treno dalla Crimea. Nel palazzo di un khan, principe tataro di Samarcanda. In un luogo non meglio specificato da qualche parte nella steppa … Spesso in Russia (nominò anche San Pietroburgo), a volte in Polonia, ma quasi mai in Lituania – per non dire in un ghetto ebreo. Senza padre, doveva essere il suo pensiero, quindi anche senza patria.

Romain-Gary-and-his-family-part-of-Vilnius-history_imagelargeGary mentì spesso sulla sua vita, soprattutto sulle sue origini ebree. Cambiò spesso versione dei fatti avvenuti durante la sua infanzia ma mantenne fede ai suoi sogni di ragazzino ebreo nato in un periodo tumultuoso (nato nel 1914: tra il 1914 e il 1921 Vilnius passò da una potenza all’altra e cambiò sovranità otto volte*), fuggiasco dagli orrori dell’antisemitismo, con l’unica protezione di sua madre che gli salvò la vita in quattro occasioni: voleva diventare aviatore e scrittore, e ci riuscì. Sua madre lo voleva “ambasciatore di Francia”: e anche in questo ebbe successo, diventò console generale di Francia a Los Angeles.

Gary crebbe a Nizza, in mezzo alle due guerre, insieme alla madre, che gestiva una pensione. Prese il brevetto di pilota e si arruolò nelle Forze armate della Francia libera, agli ordini di De Gaulle, scaricando tonnellate di bombe sulla Germania nazista e rischiando la vita; fu decorato con la Legione d’Onore.

Mentre si riprendeva dalle ferite all’addome in un ospedale militare, Gary scrisse un romanzo. Il libro, ambientato in Polonia e dal cinico titolo “Educazione europea“, uscì prima in Inghilterra poi, nel 1945, in Francia: Sartre lo definì il miglior testo sulla Resistenza. Fu l’inizio di una carriera letteraria: undici anni dopo Gary ricevette il premio Goncourt, con “Le radici del cielo“.

Roman Gary la promessa dell'alba

Sposò la scrittrice e giornalista Lesley Blanch (che aveva dieci anni più di lui e dalla quale divorziò nel 1961). Nel 1960 pubblicò quello che è considerato il suo capolavoro: “La promessa dell’alba“.

Il romanzo è un tributo alla madre, figura centrale nei suoi affetti.

Per essere un ragazzino ebreo di Vilnius cresciuto senza padre aveva raggiunto il massimo. Anzi, no, non ancora. Mancava un passo per conquistare le pagine di quotidiani e rotocalchi: sposare la ragazza più bella dell’emisfero occidentale, una stella del cinema di cui all’inizio degli anni Sessanta milioni di uomini erano innamorati. Un’americana con grandi occhi sognanti, capelli biondi corti, naso all’insù, labbra piene e un accento incantevole.

Roman Gary e Jean Seberg

Nel 1962 Gary sposò Jean Seberg – che aveva la metà dei suoi anni, icona della Nouvelle Vague: scoperta dal regista Otto Preminger che la diresse in “Bonjour tristesse” nel 1958, divenne la musa di Jean-Luc Godard, che la volle come interprete di “Fino all’ultimo respiro“. Fu l’inizio di una carriera che le dette fama mondiale. Da lei, Gary ebbe il figlio Diego.

Poi la stella del cinema si suicidò. Quindici mesi dopo, nel dicembre 1980, Roman fece altrettanto.” Jean Seberg fu trovata morta, nuda e sbronza, dentro una macchina. Il 3 dicembre, nella sua casa di rue du Bac a Parigi, avvolto in una vestaglia di seta rossa che aveva indossato come gesto di riguardo verso chi avrebbe rinvenuto il suo corpo, si sparò un colpo di pistola. Lasciò un biglietto:

«Nessun rapporto con Jean Seberg. I patiti dei cuori infranti sono pregati di rivolgersi altrove. Si può attribuire tuttto alla depressione, ma allora bisognerebbe ammettere che dura da quando ho l’età della ragione e che comunque non mi ha impedito di portare a buon fine la mia opera letteraria. Allora perché? Forse la risposta va cercata nel titolo del mio libro autobiografico, “La notte sarà calma” e nelle ultime parole del mio ultimo romanzo: “Perché non si potrebbe dire di meglio”. In fondo ho detto tutto quello che avevo da dire.»

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Questo libro, a metà tra biografia e romanzo, montato come un film, è il racconto della loro storia. Una storia profonda e irresistibile.

Gary collezionò un’amante dopo l’altra, anche quando era sposato rispettivamente con le due mogli: tra le sue amanti ci furono anche Romy Schneider e la scrittrice Katherine Pancol (che, per inciso, aveva quarant’anni meno di lui …). L’unico ruolo a cui rimase fedele fu quello di padre, circondando di premure il piccolo Diego.

Gary scrisse otto o nove romanzi, in un francese potente e ricco, vivace e colorito, così vicino alla lingua parlata, da renderlo apprezzato da milioni di lettori. Ma gli intellettuali lo guardavano dall’alto in basso; la sua colpa principale era l’ammirazione che nutriva per De Gaulle, agli occhi di Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Simone de Beauvoir e Raymond Queneau. Negli anni Sessanta, Gary, si ritrovò completamente isolato sulla scena letteraria francese. “Nell’ambiente letterario parigino, Gary era visto come un ex combattente reazionario che viveva più nel passato che nel presente“. Ormai come scrittore si trovava ad un punto morto e quindi decise di scrivere sotto pseudonimo: dapprima come Shatan Bogat (con cui scrisse un solo romanzo), ma fu scoperto e alla fine il romanzo uscì col suo nome.

Roman Gary la vita davanti a seA quel punto realizzò la sua più grande opera: l’invenzione del suo alter ego, Emile Ajar. Il primo libro pubblicato con questo pseudonimo suscitò poca attenzione ma il secondo, “La vita davanti a sé” divenne un best-seller e nel 1975 vinse il premio Goncourt. Tutti parlavano di questo astro emergente della letteratura, un genio, mica quel finito di Gary… Poiché per statuto il Goncourt non può essere assegnato due volte alla stessa persona, Gary dovette nascondersi definitivamente dietro lo pseudonimo, creando una messa in scena con cui si fece beffe di tutti. Chiese ad un suo parente, Paul Pavlovitch, di svelarsi come Emile Ajar e di stare al gioco: e così fece, ritirò il premio e divenne lo scrittore osannato dall’elite intellettuale. Il libro, che divenne oggetto di culto, divenne anche un film con una magistrale interpretazione nel ruolo della protagonista da parte di Simone Signorette. Pubblicò anche un altro libro, “Mio caro pitone“, anch’esso salutato come l’opera di un genio e qualcuno si spinse a dire che forse dietro lo pseudonimo si celava Raymond Queneau o Aragon … Solo dopo la sua morte fu rivelato che dietro lo pseudonimo di Emile Ajar si nascondeva proprio lui, Romain Gary. Qui trovate la mia recensione.

Roman Gary Vita e morte di Emile Ajar«Mi sono davvero divertito. Arrivederci e grazie »: il 21 marzo 1979 Romain Gary terminò con queste lapidarie parole la stesura di questa piccola opera. Due giorni prima di togliersi la vita, provvide a inviarla al suo editore, Robert Gallimard, con la raccomandazione di renderla pubblica previa intesa con Diego Gary, suo figlio. Il 17 luglio 1981 Gallimard diede alle stampe l’opera, e la pubblicazione costituì un evento che mise letteralmente a soqquadro l’intera società letteraria parigina. Quelle paginette rivelavano, infatti, che Émile Ajar, il romanziere vincitore del Goncourt con “La vita davanti a sé”, l’inventore di un gergo da banlieue e da emigrazione vent’anni prima di Pennac, il cantore di quella Francia multietnica che cominciava a cambiare il volto di Parigi, altri non era che Romain Gary, l’autore bollato dallo stesso comitato dei lettori della narrativa Gallimard come uno scrittore finito, «a fine carriera».

Una bella rivincita, si potrebbe dire. Tuttavia non è facile convivere con una fama di cui non ci si può vantare … Così come non è facile sfuggire agli orrori della sua infanzia: il malessere divenne sempre più potente col passare degli anni e lo costrinse a costruire una grande impalcatura di versioni diverse circa le sue origini e suo padre.

La figura della madre, a cui Gary era assolutamente e fortemente legato, si ritrova nei due romanzi: “La promessa dell’alba” che nel 1969 fu portato sugli schermi con Melina Mercouri nel ruolo della protagonista, e in “La vita davanti a sé“, dove il ruolo della protagonista fu affidato appunto a Simone Signorette.

Su Gary consiglio la lettura di:

il bell’articolo di Daria Galateria uscito su Repubblica e di cui copio il link: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/07/26/la-doppia-vita-di-gary.html?refresh_ce

la biografia di Myriam Anissimov “Romain Gary, le caméleón”, di cui copio il link: https://www.babelio.com/livres/Anissimov-Romain-Gary-le-cameleon/123412

“Vita e morte di Emile Ajar” , che trovate a questo link: http://www.neripozza.it/collane_dett.php?id_coll=4&id_lib=1015

*Cito da Brokken: Nella primavera del 1915 l’esercito tedesco respinse le truppe russe. Gli ebrei, accusati dai cittadini russi di essere spie e complici dei tedeschi, furono deportati a est, in Russia, con brutale violenza. Tutti gli ebrei della Lituania e della Curlandia, per un totale di seicentomila individui, furono caricati su carri bestiame. Le deportazioni vennero accompagnate da incendi e saccheggi; tutto ciò che apparteneva agli ebrei poteva essere portato via. Da zarista la Russia diventò bolscevica. Per la maggior parte degli ebrei le cose non cambiarono minimamente: tra il 1917 e il 1921 vi furono duemila progrom. La deportazione di massa si svolse nel caos.