Aggie e io siamo uscite dal cinema e abbiamo attraversato la strada per entrare in un parco. Per essere a Città del Messico, era molto buio. Ci siamo sedute su una piccola panchina di legno e Aggie mi ha sussurrato delle cose, parole di consolazione di una ragazza di tredici anni. È tornato! ha detto, belle parole e dolci promesse e abbracci, mentre io piangevo. Aggie, tuttavia, non ha allentato la presa. Poi, più tardi, a casa, dopo che lei si era addormentata col viso imbrattato di eyeliner e Ximena aveva tracannato il biberon, scagliandolo poi contro il muro, ho tirato fuori il mio taccuino e ho stilato l’elenco dei peccati che avevo commesso. È importante avere un itinerario, anche se è solo per andare all’inferno. Pag 289
Mi chiamo Irma Voth, di Miriam Toews, Marcos y Marcos editore 2012, traduzione di Daniele Benati, illustrazione in copertina di Lorenzo Lanzi
Letto anche questo, l’ultimo che mi mancava; e ora? E ora mi tocca aspettare che esca il prossimo lavoro di questa autrice che mi ha conquistato totalmente. Lo ha fatto con le sue storie fuori dall’ordinario, con la forza dei suoi personaggi, col suo stile diretto e ironico, col suo modo di andare a cogliere il nocciolo della questione. La scrittura avvolgente di Toews ha la capacità di tenerti saldamente ancorato alla storia, roso dalla curiosità di capire come andrà a finire perché nelle sue storie ogni finale è plausibile, e anche una volta giunti alla fine, ci lascia intuire che quello è un punto di ri-partenza. Toews ha una cifra assolutamente personale, unica e riconoscibile; anche i dialoghi sono costruiti attentamente e contribuiscono in modo determinante allo svolgersi della storia, svelando molto dei protagonisti.
Alla fine di ogni suo romanzo ho provato la stessa sensazione: mi piacerebbe sapere, a distanza di anni, cosa ne è stato dei personaggi, come sono evolute le loro vite, con chi le hanno condivise. E questo è, secondo me, un grande pregio.

In questo romanzo, come in altri, al centro della storia c’è una comunità mennonita. Conosciamo subito Irma – l’io narrante -, e la sua numerosa famiglia che dal Canada si è trasferita nel deserto del Messico, nello stato del Chihuahua, e vive in un posto sperduto, tra campi di granoturco e strade polverose. Irma, appena ventenne, ha sposato – contro il volere del padre – Jorge, un messicano non mennonita e con lui si è installata in una delle tre case che stanno al centro del cortile. Jorge, però, sparisce continuamente: se ne va senza dire dove e per quanto, svolge dei traffici sospetti. E sembra avere dimenticato sua moglie. La famiglia di Irma è dominata dal padre padrone, che decide il destino di moglie e figli, ma che si trova a dovere contrastare la ribellione di Irma, a cui non sa come reagire, se con le buone o con le cattive, e nel dubbio, le prova tutte. Non è questa l’unica figlia a ribellarsi: l’ opposizione alle regole religiose che forgiano le vite delle comunità mennonite è un filo che unisce le sorelle Voth.
Lo scorrere delle loro vite è sconvolto dall’irruzione di una stravagante troupe cinematografica che prende in affitto una delle tre case e assolda Irma come interprete per l’attrice tedesca protagonista del film. Irma parla il basso tedesco – la lingua dei mennoniti -, l’inglese imparato a scuola in Canada e lo spagnolo e quindi può fare da collante tra i vari membri della troupe e la gente del posto. Infatti, il regista Diego – affascinante visionario, con pochi finanziamenti ma ben determinato – intende realizzare un film sulla comunità mennonita, sul loro stile di vita, e per farlo impiega anche alcuni mennoniti che abitano nelle fattorie adiacenti. La troupe appare un po’ sgangherata, non ha certo niente a che vedere con i cineasti hollywoodiani, ma Irma si trova bene con loro, soprattutto con Wilson, con cui ha in comune la sofferenza interiore. Non è facile comunque stare dietro ai ritmi imposti da Diego, come Wilson ben sa: “una volta gli ci era voluto un anno per riprendersi da un film di Diego. Ti prende l’anima, ha detto. E dopo devi star lì a cercarla per non so quanto tempo. (pag 140)”
L’arrivo della troupe e i tormenti che già assillavano Irma si assommano, creando le premesse di una frattura inevitabile. Avendo vissuto sempre isolati all’interno della loro comunità, retta da rigide e vetuste regole religiose, e dove alle donne viene riconosciuto come unico scopo di vita quello della procreazione, la collisione con modi di comportarsi, di intendere i rapporti interpersonali così diversi, apre delle crepe profonde nella coscienza di Irma.
Ciò che una volta poteva apparirle quasi inevitabile, ora diventa insensato e crudele, e simile a una gabbia che la tiene prigioniera. La persona che doveva in qualche modo aiutarla ad allontanarsi dalla sua famiglia è sparita e così Irma giunge alla consapevolezza che se il suo destino deve e può cambiare, può solo contare su se stessa. E così sarà: armata di determinazione e coraggio, Irma prende in mano la sua vita e intraprende un viaggio avventuroso. Ma in questo viaggio non sarà da sola, perché il seme della ribellione, una volta piantato, dà i suoi frutti.
Come in altri romanzi dell’autrice, centrale nel romanzo è il tema del viaggio; torna declinato come rito di passaggio verso un’età più consapevole, come scoperta di sé e degli altri. Il viaggio di Irma non sarà solo una fuga, ma un modo per costruire un futuro diverso, consolidando le sue consapevolezze, imparando ad accettare di sé anche le debolezze e le paure. Il viaggio trasporta Irma in un mondo completamente diverso dal suo, ma la speranza e la fiducia nelle possibilità di successo, le persone che vi incontra, sono le chiavi con cui questa giovane donna e chi viaggia con lei aprirà la porta sulla sua nuova esistenza. Senza, comunque, rinunciare al proprio passato.
Il romanzo – come tutti quelli di Toews – disvela pian piano le trame che hanno messo alla prova i protagonisti e solo alla fine se ne intuisce tutta la tragica verità. Ma è brava l’autrice a prenderci per mano e a dosare il racconto, senza precipitarsi a svelare ma portandoci a delle progressive intuizioni e a mantenere la lettura su un piano di leggerezza – nonostante certi aspetti tragici che vi sono – grazie all’humor e all’ironia.
Possiamo trovare diversi messaggi tra le righe, non ultimo il valore dell’arte e della creatività immaginifica. Toews lo veicola attraverso il personaggio di Aggie, sorella di Irma, che proprio grazie all’arte, che incontra per la prima volta nel murale di Diego Rivera a Città del Messico, supera i suoi traumi.
Qui potete leggere l’incipit, mentre in questo post potete trovare una panoramica su tutti i romanzi di Miriam Toews.
Credo che per un lettore/lettrice non ci sia gioia maggiore di quella che si prova quando si viene totalmente conquistati da uno scrittore/una scrittrice :).
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Verissimo! Diventa un legame che dura nel tempo e offre un rifugio quando si ha voglia di sicurezza…
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Ho appena comperato La mia estate fortunata, Grazie dell’input
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Mi fa piacere!
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