Un’amarezza inesorabile si fece spazio dentro di lui. Era da tempo che non si sentiva così. Durante tutti quegli anni, il deserto l’aveva trasformato in un’altra persona. Non sapeva con precisione in chi, ma era convinto che in quel luogo l’impulso violento della sua gioventù fosse gradualmente sfumato. O forse, pensò, si era solo rammollito invecchiando. Quella mattina, tuttavia, un malessere antico tornò a insediarsi nelle sue viscere. pag 132
Criacuervo, di Orlando Echeverri Benedetti, Edicola Edizioni 2019, traduzione di Marta Rota Núñez, illustrazione di copertina di Sacha Laskowsky
Leggendo questo romanzo ho provato un’inquietudine; un turbamento che aleggia tra le pagine di una storia che è anch’essa inquieta. Così come lo sono le vite dei protagonisti, i due fratelli Zweig e Cora, l’amica d’infanzia e l’amore di entrambi. Un amore che, sbocciato nell’adolescenza, non li ha mai abbandonati e che torna ad essere impulso a vivere e a cercare di riallacciare rapporti che la vita ha interrotto. Un’irrequietezza che fa muovere Klaus e Adler da un luogo ad un altro, un fuggire da se stessi e dalla paura di ciò che si può diventare. Due vite che non hanno trovato un punto fermo, anche se apparentemente hanno provato a costruire un’esistenza centrata su qualcosa che gli appartiene. Adler ha cercato nel nuoto la sua ragione di essere, ma lo era solo apparentemente e, infatti, alla fine, ha trovato una via di uscita, per quanto umiliante possa essere stata. Klaus è fuggito fisicamente, fino ad approdare ad una petroliera al largo del deserto colombiano. Ha provato a dare forma ad un affetto duraturo, ma l’inquietudine che gli rode l’anima lo ha reso incapace di dare stabilità al rapporto con la moglie Helen. Anche Cora ci ha provato, dopo che Klaus se ne è andato, a costruirsi una vita, ma neppure lei ha trovato la felicità.
A distanza di anni, è Klaus che prova a rimettere insieme il terzetto, per ridare forma al legame che da adolescenti li aveva tenuti uniti e che tragicamente si era interrotto.

Il romanzo è composto da quattro parti, ciascuna ben finalizzata. L’introduzione narra le vite dei due fratelli protagonisti, Klaus e Adler, riassumendo brevemente il periodo dell’infanzia e della giovinezza, funestati dalla perdita di entrambi i genitori in un tragico incidente d’auto. In seguito, dopo un breve periodo trascorso presso una vicina di casa a Berlino, i due vengono affidati al nonno Abelard e si trasferiscono ad Amburgo, dovendo così allontanarsi da Cora, la figlia della vicina di cui entrambi sono innamorati. Cora e Klaus avevano però iniziato una relazione e continueranno a mantenersi in contatto anche se a distanza. I due fratelli divengono, invece, sempre più estranei l’uno all’altro e le loro vite prendono strade diverse.
Seguono poi due parti distinte ma connesse tra loro, in cui sono narrate le vite dei due fratelli legate tra loro dalla presenza di Cora e dal desiderio di rivedersi dopo che tanti anni sono trascorsi.
In chiusura, l’epilogo in cui è Cora a chiudere il racconto.
Il romanzo si svolge in due geografie lontanissime tra loro: la Germania, nelle città di Berlino e Amburgo, e la Colombia, nella località fittizia Criacuervo – deserto di La Guajira – e nella città di Cartagena.

Come dicevo all’inizio, è proprio il senso di inquietudine che dà al romanzo un’impronta forte. Un turbamento amplificato dal vuoto affettivo nell’esistenza di Adler, e dal vuoto del deserto in quella di Klaus. Un deserto che si avverte come presenza viva, palpitante, grazie alla capacità dell’autore di evocarne le atmosfere, i colori, gli odori. Un deserto che domina la vita di Klaus perché, in fondo, non è che lo specchio della sua anima, ritrosa e chiusa in se stessa, in fuga da ciò che non riesce a prendere una forma stabile.
I due fratelli, anche se allontanati dalla vita, hanno un comune denominatore, un tratto del carattere che possiamo definire una propensione ad essere perdenti. Esserlo, o diventarlo, è come una specie di rifugio, l’unico luogo mentale che rimane praticabile dopo che le certezze si sono sgretolate. Lo avvertiamo in Adler, nel momento in cui deve abbandonare la carriera di nuotatore; nuotare era ciò che dava senso alla sua vita e, nel momento in cui si rende conto che non può più stare al passo con atleti più giovani, fa propria la perdita di senso, e trova nel divenire un perdente l’unica alternativa possibile.
Anche Klaus scivola in questo stato, quando perde il lavoro perché la compagnia abbandona la petroliera, e quando il rapporto con Helen giunge al capolinea.
Sulle vicende dei protagonisti aleggia la tragedia, una presenza che si palesa subito, fin dalle prime pagine, materializzata nella tragica morte dei genitori dei due, allora, ragazzini.
Sul lunotto ancora integro dell’auto deformata in mezzo ai frassini, la polizia trovò un adesivo che recitava: “Esso è l’enigma di Dio, tanto vago e pur tanto certo.”
Citazione che apre il romanzo, ripresa da Walt Whitman, dalla poesia “Canto enigma”, in “Foglie d’erba”, che colpisce immediatamente il lettore perché mette in relazione l’uomo e la natura con l’unico tramite della morte. Non a caso l’incidente si svolge in un magnifico bosco della Turingia, trionfo della natura e tomba delle due vite spezzate.
E con essa, emerge anche il fatalismo, ovvero quella sensazione che per quanto si intravedano i possibili sviluppi, i segnali d’allarme di qualcosa di brutto che può materializzarsi, gli si va comunque incontro, come se fosse inutile opporsi, come se tutto fosse già deciso in partenza.
Due connotati che rimandano un po’ a narrazioni archetipiche, alla tragedia greca, dove i destini dei protagonisti sono già segnati dal fato, dove, per quanto si cerchi di sfuggire, è proprio la fuga a portare i protagonisti laddove il destino li attende.
Una bella prova narrativa del giovane autore colombiano; nato a Cartagena, una città popolata da molti stranieri, ha poi deciso di viaggiare e di conoscere altri paesi e questo lo si ritrova nel romanzo. L’ambientazione, tra Europa e Colombia, la nazionalità dei personaggi, conferiscono alla trama caratteristiche di internazionalità e un punto di vista non esclusivamente sudamericano.
Anche in questo caso, la casa editrice Edicola ha portato in Italia una voce giovane ed interessante.
Orlando Echeverri Benedetti è nato nel 1980 a Cartagena de Indias, in Colombia.
Nel 2014 ha vinto il Premio Nacional del Instituto de las Artes con il romanzo Sin freno por la senda equivocada. Nel 2018 Random House ha pubblicato il suo libro di racconti La fiesta en el cañaveral. Dopo aver vissuto in Argentina e in Thailandia, attualmente risiede nel Regno Unito. Con Criacuervo, finalista nel 2018 al Premio Nacional de Novela del Ministerio de Cultura de Colombia, si è affermato come una delle voci più originali della nuova narrativa colombiana.