In viaggio non c’è tempo di pensare ai piani per i giorni e le settimane successive: il presente è così nuovo e interessante che non possiamo distrarci un minuto. È un dovere morale del viaggiatore essere mentalmente presente e attivo. Non sempre si può, ma per la maggior parte del tempo il motore interno pilota diligentemente la nostra attenzione sul qui e ora.

Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici, di Eleonora Sacco, Enrico Damiani Editore , in libreria il 30 Luglio 2020

Esistono persone che nascono con un gene in più: quello del viaggiatore. Eh sì, per essere dei viaggiatori veri, “selvatici” come si autodefinisce Eleonora, bisogna avere nel DNA una predisposizione naturale alla scoperta, bisogna sentire dentro di sé quel richiamo prepotente alla avventura che fa viaggiare con le tasche gonfie di ottimismo e fiducia nel genere umano, bisogna possedere lo spirito di adattamento che trasforma le difficoltà e le scomodità in opportunità per imparare qualcosa di nuovo, di sé – delle proprie risorse – e di ciò che sta intorno. Bisogna avere una sete inestinguibile di confronto con culture diverse, sapendole avvicinare con apertura, rispetto e amore.

Credo sia lo sguardo analitico a prescindere che rende qualunque esperienza un vero viaggio. Andare dal grande al piccolo, allenarsi a ricreare quello stupore infantile con oggetti via via più semplici. Osservare le cose con attenzione significa rispettarle nel senso etimologico del termine. Cioè il respicere latino, il guardare di nuovo qualcosa per dargli più considerazione.

Eleonora Sacco, che viaggia selvatica da sempre, raccoglie il testimone del maestro Rumiz, in una ideale staffetta generazionale. A ventisei anni ha viaggiato in territori e paesi tra i più remoti, con compagni fidati ma anche da sola; il suo Erasmus in Russia l’ha messa nella condizione di crearsi un bello zoccolo duro di conoscenze (linguistiche, culturali e anche di vita spicciola) per partire con poco bagaglio e avventurarsi con ogni mezzo a disposizione, per fare fronte ad imprevisti e pericoli, per prendere decisioni sulla base del solo intuito personale, quando niente e nessuno ti può suggerire quale sia la cosa migliore da fare.

Il suo “piccolo alfabeto” – piccolo solo nel formato del volume, che è perfetto nelle dimensioni per essere messo in un piccolo zaino o in tasca – è un libro sorprendente, affascinante, utile e divertente.

Eleonora è anche molto brava a scrivere e a ricreare le atmosfere dei suoi viaggi. I suoi racconti non sono una mera cronaca di spostamenti e tragitti: è capace di raccontare creando attesa, tenendo il lettore col fiato sospeso nei momenti – e ce ne sono – di difficoltà o di pericolo. Soprattutto sa guardare in profondità, nelle persone, nelle situazioni, nei paesaggi, senza barriere, senza pregiudizi.

Sacco alfabeto 2 con logo

In ordine alfabetico, usando una parola come una chiave capace di dischiudere una porta su mondi lontanissimi – sia in senso geografico, che storico-culturale – Eleonora ci porta con sé, e scopriamo con lei, così, di prima mano, quello che il viaggio le regala: volti, voci, canti, parole, cibi, rituali, luoghi. Le abluzioni in una banya a Borbash, nel Kirghizistan meridionale, il cibo e l’abbraccio delle babushki, una vera “istituzione morale, non ufficiale: nella società è l’ultima ruota del carro, ma detta legge nei cuori di tutti i russi che hanno un cuore”; un gelato plombir nella regione dell’Amur; una sontuosa colazione preparata dalla moglie di un bigliettaio delle ferrovie uzbeke che si è offerto di ospitare lei e la sua amica Mama Afrika per una notte; Liliya che canta, con voce profonda, una melodia ciuvasca; solo per citarne alcuni.

I viaggi di Eleonora sono spesso fatti di tratti in autostop, come sulla strada per il caravanserraglio di Selim, dove il gruppo di quattro amici deve dividersi e proseguire separatamente, per poi ricongiungersi in una casa che li ospiterà inaspettatamente. E lungo il tragitto si imbattono in un luogo dalla lunga storia:

Addossato alla montagna, poco prima del valico – a 2410 metri -, c’è uno dei caravanserragli meglio preservati dell’intera Armenia. Illuminato da fasci di luce diagonali che cadono sui lastroni sconquassati dai terremoti, quel rifugio per viandanti semiabbandonato è uno dei luoghi più eterni che abbia mai incontrato in viaggio. Un toro aitante e una bestia alata in altorilievo sorvegliano la porticina, mentre incisioni a parete in persiano e armeno salutano il viaggiatore, offrendogli ristoro.

Sono tanti i luoghi di cui tesse una fitta trama di racconti, episodi inaspettati nel loro esito – che bello farsi sorprendere proprio dove meno lo si aspetta! – incontri con persone che ti regalano sorrisi come doni preziosi, accoglienza offerta con quel poco che si ha, ma che in quelle circostanze è molto più di quanto ti offrirebbe un sultano. Cibi semplici, diversi dai nostri, che regalano sapori veri, perché offerti con amore e senso dell’ospitalità. Uomini e donne che ti accolgono in casa loro come fossi un dono mandato dal cielo, quando meno te lo aspetti; sconosciuti che magari non rivedrai mai più, ma di cui non dimenticherai nemmeno un dettaglio.

I racconti si snodano su un enorme scacchiere. Dalla Russia di Mosca fino all’isola Sachalin, alla fine del continente asiatico, passando per le repubbliche Mari El, Ciuvascia, Tatarstan, Buriazia: nomi che credo pochi saprebbero allocare su una carta geografica.

E poi le repubbliche centro-asiatiche: Georgia, Armenia, Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan. Ma anche Turchia, Palestina, Israele…. Una lista da capogiro, i paesi toccati dai suoi viaggi nel corso degli anni sono davvero tanti, esplorati senza filtri, in presa diretta, con treni e bus locali, spesso in autostop, a volte stipati su camion.

Una girandola di volti, di umanità, incontrati con passo da viandante e tanta curiosità. Sistemazioni pianificate, a volte di fortuna, a volte in coachsurfing. Eleonora arricchisce il suo libro con molti suggerimenti pratici su come spostarsi, cosa portarsi dietro, come organizzarsi per avere informazioni e mappe affidabili. Inoltre, data la sua formazione accademica, incastona tra le pagine dei racconti – come delle pietre preziose – le etimologie di molte parole, le cui derivazioni e diramazioni nelle lingue europee e asiatiche sono già di per sé un viaggio avventuroso. Ci regala anche delle foto, qua e là, che rendono visivamente veri ed evocativi particolari dei luoghi e delle persone incontrate.

Come un’altra viaggiatrice di cui vi ho parlato qui sul blog – Erika Fatland – Eleonora Sacco ci insegna che si può viaggiare fuori dalle rotte turistiche, anche da sole, purché  con una preparazione adeguata, con capacità di adattamento e soprattutto con la voglia di fare viaggi veri, selvatici, con il solo scopo di conoscere e comprendere. Un modo di spostarsi lento, che dia il tempo alle emozioni di sedimentare e di lasciare qualcosa che non sia un mordi e fuggi; alleggeriti il più possibile dal superfluo, alla ricerca di quell’autenticità che i tour organizzati mai potranno mostrare.

Vi consiglio vivamente questo libro, non perdetevi questa opportunità di viaggiare e di sognare, perché, con le parole di Wim Wenders:

Non si parte per andare da nessuna parte senza aver prima di tutto sognato un posto.

E senza aver provato un po’ di nostalgia:

Ogni viaggiatore sa che sapore ha la nostalgia, della terra o dei luoghi che ha amato di più. La nostalgia ha una delle etimologie più elegiache e omeriche che possediamo: un dolore ( dal greco àlgos) del ritorno (nòstos), una profonda mestizia per il desiderio di tornare dove ci sentiamo a casa. La radice protoindoeuropea dietro nòstos non è andata molto lontano; la parola nostalgia ha però viaggiato per il mondo come prestito in più di cinquanta lingue, dal kannada allo swahili.

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Eleonora Sacco è nata a Milano nel 1994. Laureata in Linguistica teorica, applicata e delle lingue moderne e vicepresidente dell’Associazione Viaggio da Sola Perché, si muove da sola o con compagni fidati alla ricerca dell’umanità più autentica e dell’europeità. Appassionata in particolare del mondo delle Russie e dell’ex URSS, ha un sito dal 2015, Pain de Route, che divulga culture e territori poco conosciuti. Nel 2019 diventa co-autrice del podcast Cemento. Ha vissuto in Italia, Portogallo, Russia e frequenta assiduamente la Georgia.