Spesso l’appartamento sembra una stazione dei treni: negli ultimi mesi qui hanno sfilato bulgari, cinesi, rumeni, moldavi, serbi, bosniaci, ungheresi, polacchi, albanesi, armeni, turchi, curdi… Tra questi, c’erano soprattutto lavoratori pesanti alla ricerca di un lavoro in nero. Per qualche notte ha dormito qui anche un certo Goran, di Belgrado. (..) Durante la guerra entrambi siamo stati al fronte, addirittura sullo stesso campo, solo su lati opposti e abbiamo sparato l’uno contro l’altro; quindici anni più tardi dormiamo a Parigi sullo stesso materasso, ci abbiamo riso su. (pag. 57)

Il posto perfetto per l’infelicità, di Damir Karakaš, Nutrimenti 2018, traduzione di Elisa Coppetti, pagg. 270

È difficile valutare dove finisce il romanzo e inizia l’autobiografia, perché Karakaš fa indubbiamente ampio uso delle esperienze raccolte durante il suo soggiorno di cinque anni a Parigi, dove si è mantenuto suonando la fisarmonica nelle piazze ed è persino finito in prigione. Il romanzo offre uno sguardo nuovo e diverso su una, ma in senso più ampio, sulle città dell’Europa occidentale, decisamente diverso da quello della brochure dell’agenzia di viaggi e dalle cartoline. Il racconto che leggiamo distrugge l’immagine idilliaca della Parigi romantica, di una Parigi come mecca artistica – un luogo verso il quale sono diretti molti sogni di successo.

Cosa racconta questo romanzo? Un giovane scrittore croato, già conosciuto e edito nel suo paese, si trasferisce a Parigi con l’ambizione di trovare un editore che possa dargli fama internazionale. Sotto il braccio ha il suo ultimo manoscritto, tradotto in francese da una amica: Il posto perfetto per l’infelicità. Per sbarcare il lunario disegna caricature ai turisti nella piazza davanti al Beaubourg, cercando di farsi largo tra bande di disegnatori di ogni nazionalità.

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A causa di un suo tradimento è stato cacciato di casa dalla donna con cui era venuto a Parigi, e adesso condivide un appartamento fatiscente con altri immigrati dell’Europa dell’Est. La maggior parte degli eventi si svolge nei sobborghi di Parigi, appartamenti in affitto senza servizi igienici dove si dorme su materassi mezzo marci, e gli inquilini si cambiano come su un nastro trasportatore per sparire senza lasciare traccia domani Questa è la sua vita di straniero a caccia di fortuna: disegna in strada, cerca un editore, passa da un’avventura all’altra senza troppo coinvolgimento. Ogni volta che l’occasione sembra dietro l’angolo, è soltanto l’ennesima illusione. In un crescente disincanto, l’entusiasmo dei primi tempi lascia lentamente il posto alla frustrazione. Servirà un esito rocambolesco a metterlo di fronte a un’amara constatazione: forse Parigi non era la terra promessa che sperava.

Il romanzo parla di un mondo che, con le sue divisioni, con i conflitti, ha rubato il futuro a intere generazioni. Le cicatrici delle guerre, delle condizioni di rifugiati sono scogli enormi da superare, e nonostante gli sforzi, possono segnare per sempre anche le vite dei più giovani. Alla ricerca di una felicità e di una realizzazione, si parte per le destinazioni occidentali, ma la realtà toglie ben presto le illusioni. I personaggi che si muovono sullo scenario di questa triste commedia umana mostrano tutte le difficoltà e i vuoti in cui cadono quotidianamente e gli sforzi – non sempre a buon fine – per non essere risucchiati. Alla fine, sembra di potere leggere tra queste pagine, non resta che tornare da dove si è partiti, per provare a ricostruire quello che guerre e politiche folli hanno distrutto.

Con scrittura viva e originale, Damir Karakaš racconta il fallimento di una generazione di giovani che, in fuga dai Balcani martoriati dalla guerra, hanno cercato un futuro nei paesi occidentali uscendone sconfitti. Un intenso romanzo delle illusioni perdute, che restituisce anche un ritratto inedito, a tratti scomodo, di un’Europa in cui è sempre più difficile essere integrati e accolti.

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Damir Karakaš è stato reporter di guerra in Croazia, Bosnia e Kosovo. Ha vissuto per cinque anni a Parigi, dove si è mantenuto suonando la fisarmonica. Nel 2000 ha pubblicato il suo primo romanzo, Kombëtari, seguito dalla raccolta di racconti Kino Lika, che lo ha fatto conoscere nell’ambiente letterario balcanico e da cui è stato tratto anche un film. I suoi libri sono stati tradotti in diversi paesi.