È tutta una questione di fede. Credere in Fuenzalida è un atto di volontà. Fuenzalida come una scelta, una convinzione necessaria da sostenere proprio come fanno le religioni o i partiti politici. Con idee. Con principi etici. Con storie. Stabilire una mitologia Fuenzalida. Una storia delle origini. Ideare una morale, un codice di buone o cattive abitudini. Un insieme di leggi, una segnaletica, un oracolo, un oroscopo, una bussola, un nord. (..) Un fantasma che vive in un passato confuso, talvolta soffrendo nei pochissimi ricordi che ho, non può essere sepolto. La verità è che non si può seppellire due volte lo stesso morto. (pag. 137)

Fuenzalida, di Nona Fernández, Gran Via Edizioni 2019, traduzione di Carlo Alberto Montalto, pagg. 232

Fuenzalida è un romanzo su un padre scomparso, sul ricordo che sopravvive con le carenze della memoria, con la rimozione – più o meno volontaria – del passato doloroso di un’intera società e su come certe narrazioni si intrecciano come destrutturazioni dei ricordi, come finzione o nella realtà domestica.

La protagonista e narratrice, sua figlia, è un’autrice di telenovelas, vive a Santiago del Cile, è separata e madre di un bambino di otto anni. Trova per caso, nell’immondizia per strada tra casa sua e una casa di riposo, una vecchia polaroid, nella quale è sicura di potere riconoscere un volto; una traccia del passato che rievoca il ricordo di un padre; un padre che non ha nemmeno mai chiamato con quel titolo, ma  piuttosto, semplicemente Fuenzalida. Un uomo atipico, che si è costruito diverse relazioni familiari; un uomo che è solo un pezzo di memoria intessuto tra la realtà e l’azione di un film di karate che una volta ha visto con lui da bambina, un uomo che le ha lasciato in eredità i suoi fratelli e la sua famiglia con cui non ha mai interagito. Un uomo a cui, nelle fotografie che la ritraggono da piccola, manca il volto, che è stato ritagliato. Da tutte le foto.

«Perché vuoi sapere di lui adesso?» chiede mia madre. Bella domanda. Ho vissuto per anni con Fuenzalida nascosto da qualche parte e soltanto ora mi viene in mente di riesumarlo. Una figlia che cerca suo padre, regolamento di conti proveniente dal passato. (..) La mia memoria era come un foglio bianco, come una pellicola fotografica esposta alla luce, non restituiva nessuna immagine. In realtà non restituiva niente di niente, così non ho risposto niente. Non c’era un antefatto, non c’era una stoia. Per una scrittrice di telenovelas non c’è niente di più frustrante del non avere storie da raccontare. Per una scrittrice di telenovelas non c’è niente di più frustrante del non avere una storia da raccontare al proprio figlio. (pag. 29-30)

Decide di cercarlo e in quell’ansia guarda a un passato in cui la storia familiare si mescola alla tragedia della dittatura militare, delle sparizioni e dei ricatti. In un gioco di finzioni che si rincorrono, i capitoli si susseguono su piani narrativi diversi; dal presente al passato, dall’oggi della sua vita, in cui accade che suo figlio cada improvvisamente in un sonno profondo dal quale non può svegliarsi, indietro a quei terribili anni Settanta, con la polizia segreta della dittatura opposta alla statura morale di chi ha combattuto contro la barbarie.

Fernández utilizza nella scrittura dei suoi libri, meccanismi di finzione costituiti per mezzo di storie reali, che danno sostegno e verosimiglianza alle sue storie. Introduce anche elementi metaletterari che mettono in luce la struttura multipla di questo libro; come la struttura dei copioni televisivi da cui emerge la storia di due protagonisti di una telenovela che esce dallo schermo del televisore e interagisce con quella dei personaggi del libro. La protagonista svela che nella finzione delle telenovelas ci sono regole precise per costruire la trama:

Ogni telenovela che si rispetti deve avere precisi elementi di base per la struttura della sua trama: una storia d’amore, un regolamento di conti riguardante il passato, una morte e, nei limiti del possibile, pa presenza di un bambino. (..) Non importa che genere di seria scriva: romantica, poliziesca, tragica, fantasy, a tematica sociale, storica, a sfondo politico, finora tutte sono rientrate nel medesimo schema. Uno schema che racchiude e governa la storia: Amore, Vendetta, Morte e Bambino Piccolo. (pag. 16 e 19)

Se, quindi, la finzione narrativa procede seguendo un binario prestabilito, prevedibile, governato da regole precise, la realtà invece sfugge a questa rete di regole, di azioni e reazioni, e prende un suo percorso tortuoso, difficile da seguire. Ecco quindi che la narrazione si stratifica, i diversi piani si intersecano, a volte si sovrappongono, altre divergono, ed è lei, la narratrice, a cercare di governare questo andamento, guidando il lettore a comprendere il sordido rapporto tra infanzia e dittatura, tra vita familiare e società.

Con grande talento narrativo, l’autrice ci conduce per mano attraverso un labirinto di storie incredibili che si intrecciano e che sembrano raccontare al lettore che è impossibile chiudere gli occhi sui ricordi, personali o collettivi che siano.

I bruschi colpi di scena nella narrazione, introdotti a sorpresa, danno il passo al romanzo, stabilendo una specie di tensione quasi da thriller. Spostando il flusso narrativo tra un piano e l’altro, mescolando realtà e finzione, Nona Fernández sembra dirci che la dittatura è stata come una bruttissima telenovela, un’infinita serie di episodi che ancora non sono terminati, integrati con “materiali aggiuntivi reali“, un copione prevedibile nella sua “banalità del male”, nel mix di elementi che la connotano e che la rendono simile a tutte le spietate forme che la prevaricazione può assumere.

Nel creare questa narrazione, Fernández regola i conti con l’eredità del passato: genitori, memoria e violenza dittatoriale che non finisce ma si perpetua oggi. Contro ciò, per denunciarlo, per trovare un’origine in quegli anni di scuola trascorsi nel quartiere di Avenida Matta, contro le omissioni forzate, Fernández scrive le sue pagine migliori.

Qui potete leggere l’incipit.

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Nona Fernández è nata a Santiago del Cile nel 1971. Scrittrice e sceneggiatrice, ha al suo attivo diversi romanzi, tra cui Mapocho (gran vía 2017), vincitore del Premio Municipal de Literatura nel 2003 e finalista al Premio Herralde de Novela, Space Invaders e Chilean Electric (Edicola 2015, 2017), La dimensione oscura (gran vía 2018), con cui si è aggiudicata il prestigioso Premio Sor Juana Inés de la Cruz ed è stata finalista al Premio letterario internazionale Tiziano Terzani 2019, e Fuenzalida (gran vía 2019).