E poi le bambole con le loro voci sottili la distraevano e finiva che non ascoltava suo padre o la maestra o qualcuno che avrebbe dovuto ascoltare. Si rendeva conto delle situazioni sempre tardi come se dormisse o fosse in tutte le cose concrete rallentata e senza cervello. Solo se c’era da seguire un ragionamento astratto si faceva attenta, si svegliava e smetteva di faticare: la terra delle idee stava al confine con il suo mondo dei sogni, in un posto da lì facilmente raggiungibile. (pag. 16)

La casa capovolta, Elisabetta Pierini, Hacca Edizioni 2021, pagg. 385, romanzo vincitore del Premio Calvino 2016

Approda in libreria il romanzo La casa capovolta, vincitore del prestigioso Premio Calvino nel 2016. Un romanzo coinvolgente, ben costruito, sostenuto da una scrittura limpida, essenziale e capace di evocare sulla pagina pensieri e fantasie di bambini e adulti; un narrato che procede con sicurezza e abilità nel trascinare con forza il lettore nel suo scavo psicologico e nello sviluppo della trama.

Al centro della storia ci sono due famiglie che abitano nella stessa via, una di fronte all’altra, in un quartiere nuovo di villette a schiera di una anonima cittadina di provincia. Quei classici posti dove tutti si conoscono e i pettegolezzi animano le futili conversazioni di chi è abituato a spiare dalla finestra i movimenti degli altri. E, naturalmente, a criticare.

In una villetta ordinata, con un piccolo giardino in cui campeggia una grande quercia, vive Laura Felici, con i genitori Marta e Guido; di fronte, in una villa piuttosto malandata circondata da un grande giardino incolto, abita la sua amica Eva, figlia di Aldo e Alma Bentivogli. Eva adora Marta, la mamma di Laura che la accoglie sempre, anche se il marito Guido non ama che Eva si intrufoli in casa loro, a suo parere senza neanche dire mai un grazie. In realtà, è vero, Eva non conosce le buone maniere perché nessuno gliele ha insegnate. Sua madre non si cura di lei, nemmeno le prepara da mangiare. Quando urla e strepita, Eva si rifugia in camera o più spesso in giardino, dove si porta una coperta per ripararsi dal freddo; nella sua stanza, parla con le sue bambole, che si animano di sguardi e ammiccamenti, soprattutto la Signora, che spesso la apostrofa, la giudica. E’ una specie di voce della coscienza, che la rimprovera e a volte è un po’crudele con lei, soprattutto quando sua madre ha le crisi. “La Signora, la bambola più vecchia, la scrutava con gli occhi severi, occhi che mandavano lampi taglienti.”

Il padre di Eva ha un negozio d’antiquariato in cui passa tutto il giorno e, spesso, anche la notte. Rimanere in casa è per lui insostenibile: la presenza ingombrante della moglie e dei suoi eccessi, le sue scenate, lo opprimono. E nemmeno il bisogno di Eva di avere intorno a sé una parvenza di normalità e di affetto riescono a trattenerlo. Aldo è chiuso in se stesso, comunica solo con i suoi quadri, essi soli capaci di destare il suo interesse. Non ha rapporti con i vicini, non ricambia i saluti, si estrania dalla città in cui vive dove, secondo lui, la gente è zotica, non ha propensione per l’arte e la bellezza.

Lo sfacelo però non si era limitato a intaccare la struttura dell’edificio, ma interessava anche la famiglia. Alma Bentivogli non si era mai completamente ripresa da un brutto esaurimento e suo marito Aldo era taciturno e chiuso. La coppia non frequentava nessuno e non aveva amici. Aldo Bentivogli aveva l’irascibilità delle persone deboli, più corrosiva della normale irascibilità, con un retrogusto morboso e esasperato. Eppure esibiva questo lato del suo carattere solo di rado, dentro le mura domestiche. Fuori era sempre pacato e tranquillo, una persona distinta. (pag. 31)

Eva ha dieci anni, i capelli tagliati corti con la macchinetta, si veste come capita e vive nel suo mondo fantastico, in cui si chiude per inseguire fantasie e avventure. Non ascolta molto quando le parlano, sembra sempre persa nei suoi pensieri. Però è molto brava a scuola, capisce tutto al volo e riesce a fare i compiti con precisione e velocità. Solo, non le piace educazione motoria, si rifiuta di correre e fare giochi con gli altri bambini.

Si sentiva come un uovo senza mani e braccia, senza superfici sporgenti. Un guscio tondo e duro senza nessuna comunicazione con l’esterno. (pag. 19)

Di fianco a lei si materializzano due presenze, pronte ad entrare in gioco e a sostenerla nei momenti difficili, quando non riesce a decifrare la realtà e le reazioni degli adulti, quando si sente sola e nessuno le offre un riparo. Loris è il fratellino che la mamma aspettava ma che non è mai nato; ha una camera tutta arredata in cui Eva si rifugia e parla con lui. L’altra presenza immaginaria è il signore con la valigia, un vagabondo saggio che la segue e la conforta quando il peso della realtà diventa difficile da sostenere, quando sente sulle sue spalle responsabilità che non dovrebbero essere sue. Il mondo di Eva ha la consistenza dei sogni:

Attraverso i sogni Eva respirava come attraverso una maschera da sub.(pag.43)

Pierini, attraverso la citazione in esergo da Pessoa, ci avvisa subito che la dimensione onirica sarà una delle chiavi di lettura del suo romanzo. E il finale del romanzo – che naturalmente non svelerò – chiude il cerchio con la citazione; in mezzo, c’è tutto il mondo di Eva da scoprire.

L’amicizia tra Eva e Laura è l’unica relazione umana in cui la bambina sa muoversi; Eva è la trascinatrice, che con la sua fantasia crea sempre nuove avventure, che si tira dietro Laura anche quando è recalcitrante perché pensa che quelli dell’amica siano giochi infantili. Con Laura si intrufolano nel giardino della vicina, esplorano una cantina, si spingono nel campo incolto ai margini del quale vive Il Professore in un vecchio camper; condividono i dubbi e le difficoltà, l’affacciarsi su un mondo reale che le disarma. Ma quando Laura è in compagnia della cugina più grande e la mette un po’ da parte, Eva si ritrova da sola e non le restano che le presenze immaginarie a cui dare vita.

Eva è il personaggio che più spicca in questa storia sempre in bilico, una bambina fragile, abituata a contare solo su se stessa, sempre in cerca di un affetto che nessuno sembra disposto a darle. In casa di Laura trova spesso rifugio; Marta è intenerita dalla sua vita difficile e cerca di offrirle un po’ di riparo, ma i guai col marito e il rapporto ambivalente con la vicina, la portano spesso a prendere le distanze da lei e dai guai che combina. Le vite dei personaggi che animano la storia, sebbene sembrino apparentemente scorrere in una altalenante felicità, sono complicate e spesso più sordide di quanto vogliano fare apparire.

Eva porta sulle sue spalle un peso troppo grande per la sua età: da un lato vorrebbe fuggire da quella casa in cui non c’è mai un briciolo di felicità, come fa suo padre; dall’altro pensa che non può lasciare da sola sua madre, che è malata e ha bisogno di lei. Col suo sguardo innocente e l’indole di sognatrice, Eva è un personaggio che entra nel cuore del lettore: bravissima l’autrice a rendere credibile una bambina e le sue fantasie, senza indulgere in sentimentalismi; altrettanto brava a rendere la rete delle relazioni tra gli adulti, l’ambiente di provincia, e i destini delle persone spesso oppressi da incomprensioni ed egoismi.

La casa capovolta è uno di quei romanzi che quando lo inizi, vuoi andare avanti fino all’ultima pagina, senza sosta; coinvolgente fino a toccare le corde più intime dei sentimenti umani, incalzante nel concatenarsi degli eventi e nella foga del “come andrà a finire”, racconta una favola amara, e ci fa capire che nessuno meglio di un bambino sa smascherare l’ipocrisia.

Qui potete leggere l’incipit.

rbt
rbt

ELISABETTA PIERINI, nata a Pesaro (1964), vive a Fermignano. Laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche, lavora all’Università di Urbino come assistente tecnico.