«Nulla è per caso quando ci sono di mezzo i libri! Probabilmente è stato il libro a scegliere te. Non guardatemi così, mie care», disse notando i nostri sguardi sorpresi. «Tra lettori e libri si instaura una sorta di attrazione reciproca, un’affinità elettiva, per parafrasare il bel romanzo di Goethe. Il vero lettore talvolta entra in libreria per acquistare un certo titolo, poi però un altro libro lo chiama da uno scaffale. I libri hanno una voce e quando la si sente conviene badarle, perché il libro che ci chiama è certamente quello del quale in quel momento abbiamo più bisogno».

«I libri hanno una voce…», ripeté la prozia affascinata. «Mi piacerebbe sentirla, prima o poi»

La biblioteca dei sussurri, pag. 121

La biblioteca dei sussurri, di Desy Icardi, Fazi editore 2021, pagg. 360

Dopo L’annusatrice di libri in cui puntava sul senso dell’olfatto, e La ragazza con la macchina da scrivere, in cui il senso coinvolto era il tatto, Desy Icardi torna in libreria rivolgendosi al senso dell’udito. E lo fa con un emozionante romanzo di formazione, costellato di personaggi davvero indimenticabili, su cui spiccano la protagonista e narratrice Dora, una curiosa ragazzina di sei anni all’inizio della storia, che il lettore accompagna fino dopo l’adolescenza, la prozia Dorina “degli Spifferi”, una settantenne che sprigiona energia vitale e che sa donare equilibrio e saggezza alle situazioni più inspiegabili (apparentemente) e che condivide con la pronipote, crescendola consapevole dei suoi doni. Insieme alle due mattatrici non potrete non innamorarvi dell’avvocato Ferro, il centenario mentore di Dora.

Nella periferia di Torino, c’è una casa di fianco al fiume Dora, dall’aspetto un po’ dimesso, in cui vivono la proprietaria, la prozia Dorina, e le famiglie delle due nipoti con mariti e figli. Una casa che è essa stessa protagonista, capace di tenere insieme i suoi abitanti dettando i ritmi quotidiani. Qui ogni cosa viene fatta il più rumorosamente possibile: le pentole sbatacchiano sui fornelli, i passi riecheggiano nei corridoi, la radio gracida, i mobili scricchiolano.

La voce narrante è la pronipote, Dora; con lei vivono i genitori Bianca e Luciano, la sorella della madre, Maddalena, col marito Bruno Vittorioso e il figlio Fulvio, di qualche anno più grande di Dora.  Al centro di questa famiglia ci sono la prozia Dorina e il suo dono:

Nonostante la sua semisordità, la prozia era in grado di sentire suoni che ai più sfuggivano. Nel paese del Monferrato dov’era nata e vissuta fino al giorno delle sue nozze, la prozia era nota come “Dorina degli Spifferi”, e così continuò a essere chiamata anche nel nostro quartiere e in tutti gli angoli di Torino nei quali mostrò le sue singolari abilità d’ascolto.

La biblioteca dei sussurri, pag. 11

La prozia soleva ripulire quelle che lei chiamava le “case lamentose” – le abitazioni, cioè, che trattenevano tra le loro mura rimpianti, sensi di colpa, ansie e altre tristezze. Lei, e le sue antenate ancor prima, chiamavano quelle seccature metafisiche col familiare e rassicurante nome di “Spifferi”. Anche Dora ha ereditato questa sensibilità e lo dimostra fin da piccola, tanto che la prozia la porta con sé quando si reca presso le case lamentose.

«Ma le case normali che verso fanno?», domandai un giorno alla prozia.

«Quelle normali hanno il buongusto di tacere», mi spiegò, «proprio come fa la gente di buonsenso se non viene interpellata».

«E le case felici che verso fanno?».

La prozia rifletté per qualche istante: «Temo di non avere mai visitato una casa davvero felice; in ogni famiglia, anche nella migliore, ci sono sempre malintesi, ripicche e lievi rancori».

«Quindi le case felici non esistono?».

«Non ho detto questo! Ci sono milioni di cose che non abbiamo mai visto ma che, cionondimeno, esistono».

La biblioteca dei sussurri, pag.36

Il racconto prende avvio all’inizio degli anni Settanta in una Torino in grande crescita industriale in cui i quartieri nuovi spuntano nelle periferie di fianco alle vecchie cascine, come la casa in cui vive la piccola Dora. Una città in cui iniziano a prendere corpo anche le tensioni sociali legate alle rivendicazioni operaie, attraverso manifestazioni e scioperi, e la relativa repressione. In casa di Dora non si parla di politica, piuttosto si cerca di mantenere l’equilibrio familiare. Un giorno, però, questo equilibrio bizzarro ma confortante viene incrinato dal lutto: Catlina (la morte), dopo alcuni tentativi a vuoto, entra nella casa, che di colpo, si fa triste e silenziosa e, altrettanto improvvisamente, Dora comincia a udire dei richiami sinistri.

Per sfuggire a questa atmosfera opprimente e al caldo estivo, accompagnata dal cugino Fulvio – aspirante maestro, impegnato politicamente a fianco degli operai – la bambina trova rifugio in un luogo dove il silenzio regna sovrano ma non è espressione di malinconia bensì di rispetto e raccoglimento: la biblioteca. In questo luogo affascinante, Dora conosce il “lettore centenario”, l’avvocato Ferro:

 L’avvocato Ferro è una vera leggenda tra i lettori della biblioteca, di lui si dice che abbia incominciato a leggere a soli tre anni e che sia risoluto a non morire prima di averne compiuti centotre, cioè un secolo tondo di lettura.

L’avvocato ha ispirato molti lettori suggerendo libri da leggere, e ora decide di prendere la ragazzina sotto la sua ala divenendo il suo mentore, per educarla al piacere della lettura. Grazie a lui e ai suoi suggerimenti, Dora si butta nella lettura dei classici per ragazzi. Quando arriva il mese di agosto l’avvocato lascia la città per un periodo di vacanza ma le lascia una lista di libri:  Anna dei tetti verdi, Heidi, Pollyanna, Pippi calzelunghe e Alice nel paese delle meraviglie. E questa sarà solo la prima delle liste…

Nella vita di Dora, però, continuano a susseguirsi eventi inaspettati; la sua famiglia emigra in Svizzera, dove Dora deve imparare a costruirsi delle nuove amicizie. La casa sul fiume diventa solo un ricordo e la lontananza della prozia Dorina si fa sentire. L’unico conforto le arriva dalle lettere che l’avvocato Ferro le aveva preparato: ciascuna distanziata nel tempo, colgono in pieno i suoi stati d’animo.

 “Sciolsi il nastrino ed esaminai le buste: ce n’erano una trentina e sul retro di ognuna era riportata una data, due o tre lettere l’anno per circa dieci anni.” A partire dalla prima:  “La chiamerò “la lista dei nuovi mondi”, nella quale troverai romanzi i cui protagonisti esplorano luoghi misteriosi e sconosciuti, proprio come te, che da poco hai cominciato la tua nuova vita in Svizzera.”

Ogni lettera contiene una lista di quattro titoli accomunati da un tema legato all’età di Dora; dopo la prima, “la lista dei nuovi mondi”, seguono “la lista di letture natalizie”, “la lista dei viaggiatori dispersi”,   “la lista dei fuori posto”,  “la lista degli innamorati”, “la lista dell’attesa”.

Insomma, un grande viatico per Dora, capace di venirla a salvare nei momenti di difficoltà e di solitudine, e allo stesso tempo in grado di cementare il suo amore per la lettura. Non a caso, ispirata dai consigli dell’avvocato Ferro, Dora deciderà di far pace con il proprio passato per riavvicinarsi a coloro che ama di più.

L’infanzia però è una malattia curabile dalla quale presto guarirai e, una volta che te ne sarai sbarazzata, sarai libera di prendere le tue decisioni. Ti accorgerai, tuttavia, che non è affatto facile decidere per se stessi, motivo per il quale molti adulti non sanno prendere alcuna decisione se non quella di non decidere affatto; ma tu non infoltirai quel triste gregge, amica mia, perché sei una lettrice e i lettori sanno bene che senza prendere posizione il flusso narrativo si interrompe. Noi lettori abbiamo una grande fortuna», riprese dopo alcuni profondi colpi di tosse. «Leggendo possiamo vivere molte vite e avvantaggiarci delle esperienze di infiniti personaggi. Noi lettori non ci lasciamo turbare dagli eventi, perché sappiamo cos’è un colpo di scena e quanto sia importante per dare ritmo a una storia; siamo in grado di sostenere ogni fardello perché ci siamo allenati facendoci carico di quelli dei personaggi che abbiamo amato: conosciamo la disperazione del giovane Werther, il senso di inadeguatezza di Jane Eyre e la noia di Emma Bovary. Noi lettori sappiamo fronteggiare ogni problema, perché l’abbiamo già affrontato seguendo la scia d’inchiostro tracciata dai grandi autori del passato».

La biblioteca dei sussurri, pag. 172

Con questa bellissima citazione concludo la mia recensione, raccomandandovi questo bellissimo romanzo di formazione. Un romanzo che potreste regalare a chi ama le storie di famiglia movimentate, condite con un pizzico di insondabile magia, a chi ama i libri e le biblioteche, e a chi crede che prima o poi tutto torna al suo posto.

Qui potete leggere l’incipit.

Nata a Torino, città in cui vive e lavora, Desy Icardi è formatrice aziendale, attrice e copywriter. Nel 2004 si è laureata al DAMS e dal 2006 lavora in teatro anche in qualità di autrice e regista.