E’ morta, a 70 anni, Hilary Mantel, scrittrice britannica di successo. A confermarne la notizia è stato il suo editore, a nome della famiglia. Foto in copertina: Els Zweerink.

Dame Hilary Mary Mantel è stata scrittrice e critica letteraria, vincitrice del Booker Prize nel 2009 con il romanzo Wolf Hall e ancora nel 2012 con Bring Up the Bodies, prima donna ad essere stata insignita due volte del prestigioso premio.

Nata in una cittadina del Derbyshire, si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Sheffield, ha vissuto in Botswana e in Arabia Saudita e ha dichiarato voler diventare irlandese per restare europea dopo l’Uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

La sua popolarità come autrice è stata soprattutto legata ad una trilogia romanzata sulla figura di Thomas Cromwell, potente ministro del famigerato Enrico VIII, che dopo lo scisma anglicano fu in prima fila nella persecuzione dei cattolici e nello spingere la Chiesa d’Inghilterra verso una riforma di modello protestante, prima di cadere a sua volta in disgrazia ed essere giustiziato. Trilogia iniziata col romanzo ‘Wolf Hall’ (Booker nel 2009), proseguita con un sequel intitolato in italiano ‘Anna Bolena, una questione di famiglia’ (Booker nel 2012), e conclusa nel 2020 con ‘Lo specchio e la luce’: titoli pubblicati in Italia tutti da Fazi. La trilogia ha venduto più di cinque milioni di copie nel mondo ed è stata tradotta in 41 lingue.

Nella sua sua carriera ha scritto 17 libri, compresa l’autobiografia I fantasmi di una vita.
Impegnata anche su temi politici e sociali, Mantel non si è sottratta negli anni anche a polemiche e controversie accese, incluso verso la famiglia reale malgrado il cavalierato e il titolo di dame ricevuto e accettato dalla regina. Come quando prese di mira Kate, la moglie del principe William, come un modello artificiale; quando dichiarò dopo la Brexit di volersi trasferire in Irlanda (cosa poi non avvenuta); quando disse di sognare di scrivere la storia di un’immaginaria uccisione di Margaret Thatcher; o ancora quando venne accusata di propagare vecchi pregiudizi anti-cattolici nel Regno, pur essendo stata allevata lei stessa cattolica in una famiglia di origini in parte irlandesi.

Nell’Inghilterra rurale del dopoguerra, Hilary Mantel è cresciuta convinta che le imprese più straordinarie fossero alla sua portata. Dalla sparizione del padre alla morte del patrigno, la sua vita è segnata da una serie di perdite incolmabili. E poi, a diciannove anni, la malattia: nel corso di anni di diagnosi errate, la scrittrice ha subito trattamenti psichiatrici paternalistici e un intervento chirurgico distruttivo che l’ha lasciata senza speranza di avere figli. Annientata dal dolore e dalla tristezza, ha sentito il bisogno di «materializzarsi per iscritto ogni mattina», un romanzo dopo l’altro. Il resto è storia.
Selezionato da «The New York Times» come uno dei cinquanta migliori memoir degli ultimi cinquant’anni, I fantasmi di una vita è l’intimo racconto di una carriera insidiata dalla sofferenza fisica ma compensata da un’immaginazione senza limiti: il libro di memorie ironico e viscerale del genio oscuro di Hilary Mantel.

Carmel McBain è figlia unica di genitori cattolici di origine irlandese appartenenti alla classe operaia. Rispetto a ciò che la vita nella loro desolata cittadina ha da offrire, sua madre per lei aspira a qualcosa di più: ha grandi ambizioni per la figlia, ed è determinata a superare le rigide barriere sociali dell’Inghilterra. E così spinge Carmel a ottenere una borsa di studio per la scuola del convento locale e poi a sostenere gli esami per un posto alla London University. E Carmel non la delude. Ma il successo ha un prezzo non indifferente: Carmel comincia un viaggio solitario che la porterà il più lontano possibile da dove è partita, sradicandola dai legami di classe e luogo, di famiglia e di fede. In fondo, sradicandola da se stessa. Nella Londra di fine anni Sessanta, sperimentando un passo alla volta la libertà, si confronterà con preoccupazioni del tutto nuove – sesso, politica, cibo e fertilità – e si troverà coinvolta in una grottesca tragedia.
Un romanzo inedito di Hilary Mantel: l’autrice della monumentale trilogia sui Tudor si allontana dalla narrativa storica per addentrarsi in territori squisitamente contemporanei raccontando luci e ombre dell’amicizia al femminile fra complicità, gelosie, crudeltà autoinflitte.

Un romanzo contemporaneo, una commedia nera perfettamente riuscita, maliziosa, divertente e cupa al tempo stesso.

Nella grigia periferia inglese, dove il cibo è insapore e la vita è offuscata dalla nebbia del disincanto, la corpulenta Alison si guadagna da vivere come medium, interpellando i morti durante affollate sedute. La sua assistente è Colette, donna scheletrica dal cuore di pietra, cinica quasi quanto lei e reduce dalla rottura con l’inetto marito. A completare il quadro c’è Morris, fantasma volgare, lascivo e dispettoso, sempre tra i piedi. In un bizzarro viaggio on the road lungo le desolate tangenziali del Sudest, i tre si spostano di spettacolo in spettacolo, di motel in motel, dando vita a una serie di performance architettate ad hoc per soddisfare i clienti. Alison sa bene come coniugare le sue doti di deduzione psicologica con la credulità del pubblico, eppure non è una ciarlatana: sa leggere davvero nella mente delle persone ed è davvero in contatto con il mondo degli spiriti, il luogo «al di là del nero». Lei stessa è perseguitata dai suoi demoni: inquietanti figure maschili, spauracchi di un passato di cui porta ancora le cicatrici, che s’impadroniscono della sua casa, del suo corpo e della sua anima, e più cerca di liberarsene, più loro acquistano forza e cattiveria…

Arabia Saudita, Gedda, Ghazzah Street. Uno strano posto. Un luogo senza passato, un luogo di passaggio dove nessuno si ferma per più di qualche anno e dove la gente, in casa, tiene le sue cose negli scatoloni. Anche la terra e il mare, laggiù, sono in continuo mutamento: ci sono ville costruite da pochi anni con vista sul mare che oggi si affacciano su un muro.
Frances Shore è una cartografa, ma quando il lavoro di suo marito la porta in Arabia Saudita si ritrova come una prigioniera sperduta, incapace di orientarsi nelle zone oscure del paese. Il regime che impera è corrotto e inflessibile, molti degli stranieri che incontra non sono che avidi faccendieri in cerca di denaro accompagnati dalle mogli e i vicini musulmani si muovono furtivi ma hanno occhi per ogni cosa. Le strade non sono il posto adatto per le donne, e Frances – il marito Andrew è spesso assente – si ritrova confinata nel suo appartamento cercando di dare un senso a tutto ciò. Ma la battaglia è ardua. Le giornate diventano un susseguirsi di vuoti e di silenzi, interrotti soltanto dagli inspiegabili rumori provenienti dal piano superiore, che però, a quanto le è stato detto, dovrebbe essere disabitato. Quello dell’appartamento al piano di sopra diventa un mistero tutto da sciogliere, che obbligherà la protagonista a scontrarsi con le mille contraddizioni di un mondo infernale: un mondo asfittico, fatto di sofferenze celate, silenzi strazianti, segreti inconfessabili. Un mondo di cui le donne sono vittime ma anche complici.

LA TRILOGIA FRANCESE

Primo atto dell’opera di Hilary Mantel dedicata alla Rivoluzione francese.

Parigi, 1784. Pochi anni prima della Rivoluzione. Camille è un giovane avvocato smaliziato e dalle idee stravaganti, un enfant terrible attorno al quale si affollano pettegolezzi di ogni genere; Georges-Jacques, anche lui avvocato, è un colosso dal viso sfregiato accanto al quale gli altri uomini appaiono piccoli, deboli, sottomessi; Maximilien è un giovane procuratore sempre dalla parte degli oppressi. Gli amici li chiamano per nome, ma nei tribunali sono conosciuti come Desmoulins, Danton e Robespierre. Nati in provincia da famiglie che li avrebbero voluti sistemati con un matrimonio combinato e una vita convenzionale, ma decisi a non accontentarsi, i tre sono riusciti a completare gli studi e ad arrivare a Parigi, dove proprio in quegli anni «tutte le persone giuste si stanno radunando», dice Camille. Centro del mondo per eccellenza, infatti, la Parigi del 1784 è sì il luogo dove si decidono le sorti dell’intera Francia, ma anche una città in cui i poveri muoiono di fame e i cadaveri giacciono ammucchiati agli angoli delle strade. Una città tesa fra l’austerità dell’ancien régime e l’idea di un mondo nuovo e più giusto come quello che i giovani discutono nei caffè e nei circoli. E in questo clima, mentre il malcontento inizia a fermentare in tumulti e improvvisi scoppi di violenza, saranno proprio Robespierre, Danton e Desmoulins a incarnare le speranze di un’intera generazione e a legare il loro destino di eroi tragici alla Rivoluzione, ignari del fatto che le forze che contribuiranno a liberare cambieranno il mondo ma distruggeranno le loro vite.

Dopo la caduta della Bastiglia, in una Parigi divenuta campo di battaglia su cui scorre il sangue dei linciaggi e delle esecuzioni sommarie, la giovane generazione di rivoluzionari si trova all’improvviso sulla soglia della fama e del potere: Camille Desmoulins la cui effigie è stampata sui piatti di porcellana e sui ventagli, impegna la sua penna caustica per incitare alla ribellione; Danton, acclamato padre della patria, viene eletto al servizio della città e cerca di imporre le leggi rivoluzionarie; Robespierre, amato dagli strati popolari, continua imperterrito la sua opera, circondato sia dallo sconcerto degli amici sia dalla più profonda diffidenza dei colleghi deputati per il suo disprezzo del denaro e la fede incrollabile nelle proprie idee. Né il corpo dei regnanti né i luoghi in cui abitano son più sacri. La tanto agognata repubblica è sempre più vicina. Ma nessuno sa ancora quale sarà il prezzo da pagare.

Ultimo atto dell’opera che Hilary Mantel dedica alla Rivoluzione francese, I giorni del Terrore è un lucido resoconto di quegli anni terribili, ma anche e soprattutto una storia di uomini che avanzano verso il loro personale punto di non ritorno, quando toccherà loro scegliere tra i sentimenti e gli ideali sempre più alti cui hanno legato il proprio nome, e del tributo di sangue che sempre il potere esige.

È l’autunno del 1793. Nemmeno sei mesi prima, con l’esecuzione del re, la rivoluzione ha raggiunto l’apice. Il tiranno è morto, la monarchia finalmente abbattuta – eppure è proprio in questo momento che qualcosa s’incrina tra le diverse fazioni rivoluzionarie, che fino ad allora hanno agito di concerto. Gli eserciti delle potenze straniere avanzano verso i confini francesi, decisi a marciare su Parigi, e nella capitale la paura che qualcuno si sia venduto e stia tramando per la disfatta della Repubblica diventa sospetto, e il sospetto rapidamente psicosi. Chiunque non dia prova di costante ardore rivoluzionario – stabilisce il Comitato di salute pubblica – è da considerarsi sospetto; chiunque abbia un atteggiamento passivo nei confronti della Repubblica dev’essere arrestato, chiunque non faccia niente per essa va punito.
La Montagna e la Gironda, i brissottini e gli hébertisti: la battaglia è tanto più feroce quanto più diventa chiaro che la posta in gioco non è solo la supremazia politica, ma la vita stessa. Esecuzioni e linciaggi sono all’ordine del giorno, i sanculotti banchettano nel sangue, una dopo l’altra le teste dei leader usciti vittoriosi dalla rivoluzione cadono sotto la lama del Rasoio Nazionale. È il Terrore.

LA TRILOGIA INGLESE

Thomas Cromwell era il figlio di un fabbro di Putney. Un uomo capace di redigere un contratto e addestrare un falco, di disegnare una mappa e sedare una rissa, di arredare una casa e corrompere una giuria. Architetto machiavellico del regno di Enrico viii e artefice dei destini della dinastia dei Tudor, il protagonista del pluripremiato romanzo di Hilary Mantel emerge qui in tutta la sua contraddittoria umanità. Cromwell venuto dal nulla, dedito ai mestieri più disparati – mercenario in Francia, banchiere a Firenze, commerciante di tessuti ad Anversa – in virtù delle sole doti intellettuali; Cromwell, di cui il re si servirà per ottenere il divorzio da Caterina d’Aragona e sposare Anna Bolena, dando così un nuovo corso alla storia della Chiesa inglese. Hilary Mantel ci dà un ritratto dell’Inghilterra dei Tudor nel quale il fascino di un’epoca lontana conosce uno splendore rinnovato che, pur senza tradire la cronaca degli eventi, nulla ha in comune con la polverosa distanza di una remota pagina di storia: perché in Wolf Hall riusciamo a sentire l’odore acre della lana impregnata dalla pioggia e della terra sotto i piedi, il rilievo delle ossa sotto la pelle, il solco lasciato dai carri nel fango, il fruscio dei topi nei materassi.

Dopo Wolf Hall, questo secondo capitolo dell’opera dedicata all’epoca Tudor si apre nel 1535, quando il Segretario di Stato di Enrico VIII è all’apice del suo potere. Le sue fortune sono infatti cresciute insieme a quelle di Anna Bolena, la seconda moglie del re, per la quale il sovrano ha chiuso i rapporti con la Chiesa di Roma e fondato quella Anglicana. Ma la politica di corte sospinge l’Inghilterra in un isolamento pericoloso e Anna fallisce in ciò che aveva promesso: dare alla luce un figlio maschio che assicuri la linea dei Tudor. La corona è debole e quando Cromwell assiste all’invaghimento del re per la riservata e tranquilla Jane Seymour, la fine del matrimonio con Anna Bolena è già certa, ma ancora senza un disegno. Mentre si fa strada attraverso gli scandali sessuali di corte, immersa nei miasmi del pettegolezzo, il Segretario di Stato deve anche trattare per giungere a una versione ufficiale che possa soddisfare Enrico e mettere al sicuro la propria carriera, diventare l’autore di una storia che salvi il potere e la corona per sempre. Ma nessuno, né Thomas né il sovrano, uscirà illeso dal sanguinoso teatro che sono gli ultimi giorni di Anna, la regina che va incontro al patibolo con coraggio e solennità, inondando del suo sangue la storia inglese. 

Inghilterra, maggio 1536. Thomas Cromwell, Lord custode del Sigillo Privato, assiste alla decapitazione di Anna Bolena. Poi banchetta con i vincitori, deciso a continuare la sua scalata al potere. I tempi sono difficili: le contee del nord insorgono, opponendosi alla dissoluzione dei monasteri e ai tributi imposti dalla Corona. L’astuzia e la tenacia di Cromwell riescono a ristabilire l’ordine, ed Enrico VIII lo premia con la nomina a cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera. Pur cominciando ad avvertire il peso degli anni, il re è felice. La sua nuova sposa – mite, riservata e malinconica – è l’opposto della precedente e finalmente riesce a dargli l’agognato erede. Anche la famiglia Cromwell ha le sue soddisfazioni: Gregory, il primogenito, convola a nozze con la sorella della regina, e il Lord custode scopre di avere un’altra figlia, cresciuta ad Anversa. Le gioie, però, non durano a lungo. Jane Seymour muore di lì a poco in conseguenza del parto, e il re, per quanto affranto, ha bisogno di una nuova sposa. Cromwell si rimette subito all’opera: ma i nemici già lo aspettano al varco, e la sua stella comincia a declinare…

Attraverso il racconto degli ultimi anni della vita di Thomas Cromwell, il figlio del fabbro ferraio asceso ai vertici del potere, si completa l’ambizioso ritratto di un uomo tanto affascinante quanto ambiguo: dal feroce contrasto tra pubblico e privato, tra potere spirituale e temporale, tra vecchia nobiltà e borghesia rampante, emerge un avvincente affresco degli eventi che segnarono la storia dell’Inghilterra nel XVI secolo.