INCIPIT
Mio padre è mancato cinque mesi fa, in un momento che potrebbe definirsi più o meno opportuno a seconda dei punti di vista. Personalmente ritengo che non avrebbe avuto nulla in contrario a morire proprio in quell’istante e in maniera tanto improvvisa, avevo pensato addirittura che si fosse procurato da solo la caduta, quando sono venuta a saperlo, prima di conoscere i dettagli. Assomigliava troppo a quello che si legge nei romanzi per poter essere qualcosa di casuale. Le settimane antecedenti al suo decesso mio fratello e le mie sorelle avevano discusso ferocemente sull’anticipo dell’eredità, che riguardava la ripartizione delle case al mare che la nostra famiglia possedeva a Hvaler. Solo due giorni prima che nostro padre cadesse, mi ero schierata dalla parte di mio fratello maggiore contro le mie due sorelle più giovani.
Ero venuta a conoscenza di quel litigio in modo strano. Mi aveva telefonato mia sorella Astrid un sabato mattina che pregustavo da tempo, perché non dovevo far altro che preparare un intervento che avrei tenuto a Fredrikstad, quella sera stessa, a un seminario sul teatro contemporaneo. Era una bella mattinata di fine novembre, tersa, fuori c’era il sole, sarebbe sembrata quasi primavera se non avessi saputo che non era così, se non fosse stato per gli alberi spogli che tendevano i loro rami divaricati verso il cielo, per il terreno rosso di foglie. Ero contenta, mi ero preparata il caffè, ero felice all’idea di recarmi a Fredrikstad, vagabondare per la città vecchia dopo l’evento, passeggiare sulle fortificazioni e guardare il fiume in compagnia del cane che avrei portato con me. Ero entrata nella doccia e, quando ne ero uscita, avevo visto che Astrid mi aveva telefonato più volte. Doveva trattarsi della raccolta di articoli che la stavo aiutando a redigere.
Vigdis Hjorth