INCIPIT
Lei non li leggerà, pensa Agustín. La cilena non li leggerà. Le ha dato gli ultimi tre libri che gli ha prestato Gariglio, il compagno magro del corso di dattilografia: L’eredità maledetta, Panico nel paradiso e I bambini diabolici. È il prestito di un prestito. Dovrà restituirli a Gariglio la settimana prossima, oppure pagarli, se gli piacciono. La bambina si annoia, pensa Agustín. Per questo le ha dato i libri. Lei li ha presi come riceve le carte quando gioca coi nonni a scopa, la sera, senza grande entusiasmo. Con cautela, piuttosto, un modo di fare che Agustín trova inappropriato per la sua età. La bambina non dovrebbe passare tutte quelle ore con Nelida in quella stanza piena di sospiri. Lui sa che sotto i silenzi di sua madre ci sono esplosioni capaci di assordare chiunque. Anche se è una bambina, anche se è straniera. E non va bene che la obblighino a fare il sonnellino pomeridiano e nemmeno che passi i mesi delle vacanze rinchiusa con due vecchi. Basta vedere com’è ridotto lui, che esce solo una volta alla settimana per il corso di dattilografia. Basta vedere com’é ridotto, lui che vive rintanato in questo buco picchiando sui tasti tutto il giorno e non va nemmeno ai giardini della piazza. Come se questo, la sua vita, fosse il prolungamento tardivo di una guerra. Un carcere, una di quelle prigioni dei rossi che si dice siano dappertutto. Agustín ha sentito delle voci, ma non le alimenta. E poi in realtà la bambina non la tengono rinchiusa, questo sì che sarebbe esagerato. Ogni tanto esce con sua cugina Claudia, salgono sugli alberi, fanno cose da bambine. Si vede che a lei piace star lì, con quei parenti che abitano in case così diverse, immagina Agustín, da quelle del suo paese. Lui non è mai andato più lontano di Mar del Plata (tanto tempo fa, con sua madre, quando uscivano ancora di casa). La bambina invece va e viene tutti gli anni dal Cile all’Argentina e dall’Argentina al Cile via terra.
Alejandra Costamagna