Fino alla comparsa di Javier nella sua vita, lei trovava così noiosi i corteggiamenti da pennuti in amore degli uomini, e poi la loro presenza in casa, e poi quel vizio di diventare un po’ figli che avevano tutti quelli con cui era uscita, che preferiva stare sola. Mille volte meglio un gatto di un fidanzato, di un figlio. Javier ha venticinque anni più di lei. Quando lo aveva detto a suo padre, lui aveva risposto ah, sarà che invece di un marito stai cercando un nonno. Lei non stava cercando nessuno, cosa credeva? Tutt’al più stava cercando lui, ma questo non lo avrebbe mai ammesso. (pag. 20)
Il sistema del tatto, di Alejandra Costamagna, Edicola Ediciones maggio 2020, traduzione di Maria Nicola
Il sistema del tatto, nuovo e potente romanzo della scrittrice cilena Alejandra Costamagna, ci trasporta in una storia familiare declinata su tre generazioni. Così come tre sono i protagonisti: due si narrano in prima persona, ma è il terzo personaggio, Nelida, che tiene uniti trama e protagonisti. Uniti da un legame familiare e da un atteggiamento trasversale e fuori dagli schemi. Le due voci narranti si alternano nei vari capitoli, facendo compiere al racconto dei salti avanti e indietro, tra il presente di Ania, e il passato di Agustín.

Un andamento quindi oscillante, reso ancora più mosso dall’inserimento nel testo di alcuni cimeli rinvenuti da Ania nella casa dei nonni, alla morte di Agustín, suo cugino da parte di padre.
Una scatola di cartone enorme. Dove dovrebbe esserci lo zucchero, c’è una scatola di ricordi di Nelida e Agustín. Questo lo saprà due minuti dopo, quando l’avrà aperta. In quel momento Ania pensa che quella scatola la stia aspettando dal giorno della morte di Nelida e abbia deciso di comparirle davanti solo adesso che se ne è andato anche Agustín. Adesso che lei lo ha seppellito. Come se insieme, madre e figlio, si fossero messi d’accordo su cosa fare di quella scatola e avessero mandato alla chilenita i loro ricordi dall’aldilà.(pag. 106)
All’interno della scatola ci sono fotografie spedite da un continente all’altro, lettere di parenti e amici di Nelida, documenti e vecchi oggetti. Tra tutti questi tasselli del passato, l’interesse di Ania è attirato in particolare da due cose: un manuale di comportamento per emigranti (Manuale dell’emigrante italiano in Argentina, un documento storico, datato 1913 e attualmente conservato nella biblioteca di Biella), e un quaderno foderato di carta da regalo già mezzo scolorita dall’umidità e dalla polvere, con un’etichetta adesiva su cui si legge «Agustín Coletti. Dattilografia», datato a marzo 1970, lo stesso anno e mese in cui è nata Ania.
Nelida è una ragazza di origini piemontesi, fatta emigrare dal padre in Argentina per sposarsi e aspirare ad una vita migliore. Accompagnata da una lettera del padre piena di consigli su come comportarsi, dopo la traversata in mare, si trova in un mondo completamente diverso da quello che conosceva e abituarsi non sarà facile.

Agustín è il figlio di Nelida e cugino del padre di Ania; emulando la madre, diventa dattilografo (ecco che si comprendono gli inserimenti nel testo di esercizi di battitura). Il sistema del tatto è un metodo per battere velocemente a macchina, Ania lo scopre nei quaderni di Agustín ritrovati nella scatola.
Ania, la chilenita, quando era bambina, dal Cile, con un lungo viaggio pieno di curve e salite, veniva accompagnata ogni estate nel paese di Campana, nel nord ovest dell’Argentina, lungo il fiume Paranà, a casa dei nonni, di Nelida e di Agustín. I ricordi di quei mesi estivi emergono dal racconto del cugino, che si preoccupava per lei, straniera, e che le prestava libri da leggere. In un certo senso, lui invidiava questo suo andare e venire, lui che non si era mai allontanato dal paese.
Ania, nei capitoli in cui è voce narrante, è una donna adulta, un po’ disadattata, destabilizzata da un rapporto difficile col padre, legata ad un uomo maturo che il padre non approva. Alla morte del cugino, suo padre le chiede di presenziare in sua vece al funerale di Agustín a Campana. Ania si metterà in viaggio, attraversando di nuovo le Ande e tornando al paese della sua infanzia, decidendo di dormire nella casa dei nonni, dissestata e quasi cadente, per rivivere l’atmosfera e i ricordi di coloro che la abitavano.
E i ricordi la conducono, ora che la sua età le permette di cogliere anche sfumature e dettagli che da bambina le sfuggivano, verso Nelida, una donna che, a causa dello sradicamento dal suo ambiente, si perderà, estraniandosi dal mondo reale, e chiudendosi in se stessa.
Le foto che ritraggono Nelida nel passato quando ancora nei suoi occhi balenava la felicità, fanno da contrappunto al senso di inadeguatezza di chi deve sfogliare le pagine di un manuale per sapere come comportarsi, per fare in modo di essere accettato e non malvisto.
Con molta delicatezza, Alejandra Costamagna costruisce una storia che ruota attorno alla nostalgia, allo struggimento verso ciò che si è perso, al senso di estraniamento e di ineluttabilità. Sicuramente la capacità di cogliere tutte queste sottili sfumature è maturata attraverso l’esperienza personale, perché quella dell’emigrazione è anche la storia della famiglia dell’autrice, originaria del Piemonte ed emigrata prima in Argentina e successivamente in Cile.