In questo mese di maggio ho letto molto; non solo romanzi, ma anche molti articoli sui blog che seguo, rassegne stampa e riviste culturali. Il tempo non basta mai, però, per leggere tutto quello che vorrei, devo sempre fare i conti con l’annosa questione di trovare un equilibrio tra la mia curiosità e il tempo che riesco a ritagliarmi dagli impegni.

Le mie letture si sono orientate su due filoni; da un lato autori stranieri che mi hanno trasportato in realtà e culture diverse – da Cuba alla Cina, dalla Spagna alla Norvegia, dagli Stati Uniti al Cile, e un lungo viaggio attraverso i paesi che confinano con la Russia; dall’altro, la narrativa italiana attuale, in lizza per l’assegnazione del Premio Strega, che, piaccia o no, è comunque uno dei più importanti riconoscimenti letterari di casa nostra.

Queste sono state le mie letture, nel senso di romanzi e un reportage, del mese di maggio:

Zhu Xiao-Mei, Il pianoforte segreto

Alejandro Palomas, Un figlio

Carlos Manuel Álvarez, Cadere

Erika Fatland, La frontiera. Viaggio intorno alla Russia

Levi Henriksen, Il lungo inverno di Dan Kaspersen

Marta Barone, Città sommersa

Alejandra Costamagna, Il sistema del tatto

Cormac McCarthy, La strada

Giuseppe Lupo, Breve storia del mio silenzio

 

Sono davvero molto combattuta, perché ho letto libri davvero interessanti. Il reportage della Fatland lo consiglio soprattutto a chi ama scoprire territori dalla storia poco conosciuta, ma il libro del mese lo scelgo tra i romanzi. Questo mese mi concedo un ex aequo, visto che ho percorso due filoni….

Per la sezione narrativa straniera, the winner is….

Henriksen inverno

Il lungo inverno di Dan Kaspersen, di Levi Henriksen, Iperborea 2020, traduzione di Andrea Berardini

Un romanzo di cui mi è piaciuto tutto. Anche la copertina di Ryo Takemasa (di cui vi ho parlato QUI), che riassume visivamente l’atmosfera del libro, l’ambientazione nordica in uno sperduto paesino norvegese al confine con la Svezia, i colori del gelido inverno, con temperature che si aggirano sui meno venti, e la neve che cade soffice e che si trasforma in un tappeto scricchiolante. “La neve cadrà sulla neve caduta”, il titolo originale.

Ma, su tutto, mi ha colpito la capacità di farci partecipi dei sentimenti di Dan, del suo senso di spaesamento – chi nella vita, non si è mai chiesto: e adesso dove vado? –, dello sgomento per la perdita del fratello e dei sensi di colpa, del dolore per quella fratellanza spezzata, per la paura di vedere svanire dai ricordi persino il volto amato con sui si è condiviso tutto, per il senso di solitudine che ti strizza lo stomaco quando intorno non ti resta più nessuno. Dan così umano, che ha commesso un errore di cui si pentirà per tutta la vita; Dan che però sente risvegliarsi qualcosa in lui quando Mona lo accetta per quello che è, senza pretendere di cambiarlo né fargli pesare il passato.

Una storia che non è sentimentale, ma che parla di sentimenti, e lo fa anche con quella dose di ironia che evita la caduta nel drammone; uno stile fresco e attuale, quasi cinematografico.

 

Per la narrativa italiana, the winner is….

Barone citta sommersa

Città sommersa, di Marta Barone, Bompiani 2020

Quello di Marta Barone è un libro che nasce dalla necessità divenuta via via più pressante di sapere, di attraversare il territorio accidentato di una vita che ti ha preceduta, e generata, impervio e largamente sconosciuto. Un territorio che pensavi caratterizzato in un certo modo, e che invece, per una casuale coincidenza, una scoperta fatta dopo la morte del padre, scopri essere ben altro. Di più, diverso, sconvolgente, ma non di meno tuo.

Il libro, nel percorso di ricostruzione di una memoria personale, deve fare i conti con una pagina di Storia, con i fatti accaduti nell’arco di una ventina d’anni, culminati negli anni di piombo, assumendo così una valenza più ampia, indagando una pagina della storia contraddittoria di una città e di coloro che l’hanno attraversata.

Il libro di Marta Barone è, sostanzialmente, tre cose: la storia della nascita di un libro, la storia di un uomo, la storia di una città. Questo come primo livello; livello che però si dirama, come se partissimo dal tronco di un albero per salire verso tutte le sue biforcazioni.

Man mano che le ricerche di Marta riportano a galla la storia personale di suo padre e quella generale, capiamo che la “Città sommersa” è suo padre, ma anche la Torino in cui lei ha vissuto per anni ignara di quanto sia accaduto, anche a pochi metri da casa sua. Una città, e un uomo, che portano addosso i segni delle lotte, delle violenze, delle morti, senza che lei ne abbia mai avuto coscienza. L’indagine diventa quindi anche l’esplorazione di una parte di sé che era sommersa, che non poteva trovare espressione ma che premeva, inconsciamente, per essere riconosciuta. Andando alla ricerca di suo padre, scopre che alla fine non sono così diversi, che forse hanno perso una grande occasione a rimanere così estranei l’uno all’altra.