INCIPIT
ESTATE
1
Ti stavo inseguendo. Sulle piastrelle bianche e fredde della sala. In quello spaventoso silenzio millenario. A ogni passo sentivo nelle orecchie il mio respiro affannoso e nella gola un gusto amaro. Il terminal dei voli internazionali era dall’altra parte. Non era l’aeroporto Imam Khomeini, sembrava quello di Mehrabad. Il gate continuava ad allontanarsi. Finalmente sono arrivata. Mi davi le spalle. Ma io ti ho riconosciuto. Indossavi la tua giacca azzurra e con una mano tenevi la valigia. Stavi aspettando in piedi con l’aria serena. La sala era invasa da una luce accecante. Riuscivo a vedere solo la luce e te. Una macchia azzurra in un bianco assoluto. Ti ho chiamato. Ti sei allontanato. Scivolavi sul pavimento. Mi sono messa a correre. Ho allungato la mano e ho afferrato la tua. Ti sei girato. La tua mano è rimasta nella mia e l’aereo è decollato.
Mi trovo ancora sulla soglia del sonno. Quella soglia sofferta tra il sonno e la veglia in cui ogni cellula del corpo alimenta uno sbadiglio interminabile. Mi sforzo di aprire gli occhi per porre fine alla sofferenza. Vedo lo sportello dell’armadio semiaperto, la lampada spenta sul comodino pieno di bicchieri sporchi, un orologio rotto e alcuni libri. I tuoi libri. Sfioro il lenzuolo accanto a me. Tu non ci sei. Non c’è nessuno.
Nasim Marashi