INCIPIT
Se si fissa a lungo una cosa ben illuminata e poi si chiudono gli occhi, davanti all’occhio interiore si vedrà comparire la stessa identica immagine, una sorta di impronta persistente in cui ciò che in realtà era chiaro appare scuro e ciò che in realtà era scuro appare chiaro. Se ad esempio si segue con lo sguardo un uomo che cammina per strada e che continua a girarsi per fare un ultimo, ultimissimo, ultimissimissimo saluto, e alla fine si chiudono gli occhi, dietro alle palpebre si vedrà il movimento cristallizzato di quell’ultimissimissimo saluto, il sorriso cristallizzato, e i capelli scuri dell’uomo saranno chiari, e gli occhi chiari scurissimi. Se l’oggetto di questa lunga osservazione è qualcosa di significativo, qualcosa – diceva Selma – che con un solo movimento può ribaltare la vita in tutta la sua vastità, allora l’immagine riaffiora di continuo. Anche a distanza di decenni, d’un tratto è di nuovo lì, qualunque cosa stessimo guardando prima di chiudere gli occhi. L’immagine dell’uomo che saluta per l’ultimissimissima volta riaffiora di colpo, ad esempio quando ti entra un moscerino nell’occhio mentre pulisci la grondaia. Riaffiora quando vuoi riposare un po’ gli occhi dopo aver guardato troppo a lungo un astruso rendiconto delle spese condominiali. Quando la sera ti siedi sul letto di una bambina, le racconti la favola della buonanotte e non riesci a ricordare il nome della principessa o il lieto fine, perché la stanchezza ha il sopravvento. Quando chiudi gli occhi per baciare qualcuno. Quando ti sdrai per terra in un bosco, o su un lettino clinico, nel letto di un altro o nel tuo.
Mariana Leky