INCIPIT
Ho fatto un patto con me stessa: non pensare ai soldi la mattina. Sembro un’adolescente che si sforza di non pensare al sesso. Ma cerco anche di non pensare al sesso. E nemmeno a Luke. E nemmeno alla morte. Che vuol dire non pensare a mia madre, morta in vacanza lo scorso inverno. Ho una marea di cose a cui non posso pensare, se la mattina voglio scrivere.
Adam, il mio padrone di casa, resta a guardarmi mentre porto fuori il suo cane. Quando rientro sul vialetto è appoggiato al suo Mercedes in giacca, cravatta e scarpe superlucide. La mattina ha bisogno di conferme. Come tutti, immagino. Si gode il contrasto con me, in felpa e capelli arruffati.
Quando mi avvicino col cane mi dice: «Ti sei alzata presto».
Mi alzo sempre presto. «Anche tu».
«Ho appuntamento col giudice in tribunale alle sette in punto».
Ammirami. Su, ammirami. Ammira il giudice, il tribunale, le sette in punto.
«A qualcuno toccherà pure». Non mi piace stare dove c’è Adam. Credo che nemmeno lui mi ci voglia. Mi lascio strattonare dal cane per qualche metro, in direzione di uno scoiattolo strizzato fra due stecche accanto alla sua grande casa.
«Allora», dice: non vuole farmi andare via. «Come procede il romanzo?». Lo dice come se la parola romanzo fosse una mia trovata. È ancora appoggiato alla macchina e si limita a girare la testa verso di me, la sua posizione gli piace troppo per smontarla.
«Bene». Mi si muovono le api nel petto. Qualcuna mi zampetta giù per il lato interno del braccio. Un solo scambio di battute è in grado di distruggermi l’intera mattinata. «Anzi, ora devo andare a scrivere. Oggi ho poco tempo. Faccio due turni».
Porto il cane su nella veranda dietro casa, gli tolgo il guinzaglio, lo spingo dentro la porta e scendo le scale, rapida. «Ormai quante pagine hai scritto?».
«Saranno duecento». Non smetto di muovermi. Sono quasi arrivata alla mia stanza di fianco al garage.
«È che, vedi…». Si stacca da quella macchina e aspetta di avere tutta la mia attenzione. «È solo che mi sembra incredibile che pensi di avere delle cose da dire».
Lily King