Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Tornare a casa

INCIPIT

La prima estate senza cicogne fu un segno, e quando in autunno gli spinarelli dal ventre bianco presero a galleggiare nell’acquitrino, anche quello fu un segno. «È la fine del mondo», diceva Marret Feddersen e ne vedeva i segni dappertutto. L’estate seguente i vecchi olmi si seccarono giù a Westerende, dove da cent’anni intrecciavano le loro fronde. Le foglie ingiallirono di colpo, i rami spogli, già nel mese di giugno. Per un altro anno rimasero lì come regnanti deposti. Poi venne Karl Martensen con i suoi uomini, e le motoseghe stridettero a lungo, finché i tronchi degli olmi furono caricati sui camion. Legno duro, che andava fatto essiccare per un’eternità prima di poterlo piallare o fresare. Venne Marret, staccò un pezzo di corteccia grigia e una manciata di samare, poi rifece il giro del paese, andando di porta in porta, com’era solita fare ogni volta che vedeva un segno: «È la fine del mondo». Il mondo finì quando investirono il figlio minore degli Hamke sulla strada nuova, la striscia bianca nel mezzo si era appena asciugata. E quando i cacciatori vagarono tutto il giorno per i campi brulli nella battuta di caccia di novembre e non trovarono neanche una lepre a cui sparare, il mondo finì di nuovo. E poi ancora qualche estate più tardi, quando il figlio maggiore di Paule Bahnsen travolse un caprioletto con una Dominator 76, la più grande mietitrebbia mai vista in paese. Si era nascosto nel grano alto, perché i cuccioli di capriolo non fuggono dai nemici. Si fanno piccoli piccoli e restano acquattati fino a quando il pericolo è passato.

Dörte Hansen

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