Giugno è ormai decollato e, oscillando tra pioggia e sole, ci sta spingendo verso l’estate vera. Le case editrici stanno portando in libreria le novità che potremo leggere in questo periodo quindi esploriamo i cataloghi e prepariamo le letture da mettere in valigia o da tenere sul comodino per i momenti di relax.

Come amante dei viaggi letterari, non potevo che cogliere l’occasione per proporvi un itinerario di lettura che ci porterà in giro per il mondo, alla scoperta di culture e atmosfere diverse. Dai paesaggi assolati della Francia alle lande desolate della Groenlandia, dai misteri dell’Albania alla frenesia del Brasile, passando per la tradizione millenaria del Giappone, la struggente bellezza della Georgia, la vulcanica natura dell’Islanda, il freddo Mare del Nord, le antiche rovine del Messico, fino ad immergerci nel paesaggio italiano e nelle atmosfere americane.

Questi sono i libri che hanno attirato la mia attenzione.

La notte mento, di Philippe Besson, Guanda 2024, traduzione di Leila Beauté, pp. 224

La mia recensione

È un normale venerdì sera, e un centinaio di passeggeri sta prendendo l’Intercity notturno 5789, un treno a cuccette, di quelli troppo lenti e vecchi per i nostri tempi, in partenza da Parigi per Briançon, sulle Alpi. Non sanno ancora che non arriveranno tutti a destinazione.
Non lo sa Alexis, medico quarantenne, fragile e romantico, che sta andando a liberare la casa della madre. Non lo sa Victor, con la bellezza dei suoi ventott’anni, che si trova su quel treno perché ha perso il TGV. E nemmeno Julia, che arriva trafelata, i due figli al seguito per portarli in montagna dai nonni.
Mentre il treno viaggia nella notte, persone che difficilmente si sarebbero incrociate si incontrano. Una coppia di pensionati gioca a carte con un gruppetto di studenti, un uomo e una donna si raccontano le proprie paure. Nella forzata intimità delle cuccette si dicono cose che altrimenti non si direbbero, nascono legami, ci si confida. Si scopre che di notte si può dire anche la verità. E dietro le apparenze appaiono esseri vulnerabili, che trovano in queste ore sospese una breccia per uscire dalla solitudine, dalla routine, dalle proprie menzogne. «Difficile credere che questa sia una notte per morire.»

Mia cara Miss Hunter, di A.J. Finn, Mondadori 2024, traduzione di Isabella Polli, pp. 504

Un romanzo travolgente, ricco di allusioni e illusioni, un’immersione entusiasmante in una storia indimenticabile, Mia cara Miss Hunter è un noir dalle atmosfere hitchcockiane.
Affetto da una grave malattia che gli lascia pochi mesi di vita, Sebastian Trapp, solitario e famosissimo autore di romanzi gialli, invita Nicky, critica letteraria con la quale ha da tempo un’intensa corrispondenza epistolare, nella sua magnifica villa di San Francisco per aiutarlo a scrivere la sua autobiografia.
Qui la ragazza fa la conoscenza di Diana, l’enigmatica seconda moglie di Trapp; di Freddy, il nipote ribelle; e di Madeleine, la figlia protettiva e premurosa. Col passare dei giorni, però, quello che sembra un normale lavoro di scrittura si trasforma in un’irresistibile “febbre da detective”, che vede Nicky coinvolta nella ricerca di verità sepolte nel passato del misterioso scrittore.
Vent’anni prima, infatti, la notte di Capodanno del 1999, la prima moglie di Sebastian e il loro figlio adolescente scomparvero improvvisamente nel nulla in due punti diversi della città, gettando un alone di sospetto su di lui. Inoltre, la decisione di uscire dall’isolamento due decenni dopo e di permettere a una sconosciuta di scavare nel suo passato contribuisce ad alimentare i dubbi sulla sua estraneità ai fatti.
Mentre tenta di unire i pezzi della vita di Trapp, Nicky è sempre più ossessionata dall’urgenza di far luce su quella famigerata notte, e anche Madeleine inizia a interrogarsi sulla sincerità del padre. Quando un cadavere emerge nello stagno di carpe koi nel giardino della villa e Madeleine comincia a ricevere messaggi enigmatici, entrambe le donne si rendono conto che il passato, apparentemente sepolto, sta solo aspettando il momento giusto per tornare a galla e rivelare i suoi terribili segreti.

Non ho tempo per andare al mare, di Mari Accardi, Nutrimenti 2024, pp. 256

Dopo il fallimento del sogno di sceneggiatrice e di ritorno da una fuga all’estero, per Matilde c’è un solo piano B: tornare in Sicilia e improvvisarsi guida turistica. Dovrà guidare per le strade e i vicoli di Palermo drappelli di settantenni per lo più stranieri e su di giri, lasciandosi contagiare dal loro entusiasmo. E se arrivasse a considerarli una famiglia alternativa? In una rappresentazione del turismo di massa disegnata sempre sul filo dell’ironia, e a tratti esilarante, Mari Accardi racconta il destino personale di una giovane donna siciliana. Bisogna allentare qualche difesa, polverizzare la diffidenza e guardare con lucidità alla famiglia d’origine. Quella vera.

Un padre impegnato in un fitto colloquio con i gatti, chiuso in una vecchia Audi come in un bunker, una madre le cui colonne d’Ercole sono la chiesa e il supermercato di quartiere. E una nonna che proietta la sua angoscia dominante – l’invadenza degli estranei – perfino nel post mortem. E se le occupassero la tomba? L’unica persona di fiducia è la badante di origini rumene, Adela. Peccato che all’improvviso faccia perdere le sue tracce, generando una turbolenza quasi ingestibile. Tutto si complica, tutto sembra andare all’aria: famiglia vera, famiglia presunta.

PER CHI HA CREDUTO NEL SOGNO DI UNITÁ EUROPEA E ORA TEME DERIVE DISTURBANTI

Siamo nei giorni delle elezioni per il Parlamento europeo quindi ecco un romanzo che si insinua in questi meandri… Dopo La capitale, romanzo vincitore del Deutscher Buchpreis, che ho recensito QUI, Robert Menasse torna a ritrarre con perfidia e realismo il faticoso progetto politico europeo.

L’allargamento, di Robert Menasse, Sellerio 2024, traduzione di Martina Pugliano e Valentina Tortelli, pp. 736

I confini d’Europa sono di nuovo sul punto di cambiare. Mancano pochi mesi alla grande Conferenza dei Balcani che dovrà sancire, dopo un’azione diplomatica che dura da dieci anni, un ulteriore allargamento. È arrivato il momento dell’inclusione dell’Albania, proprio quando a Vienna viene rubato un tesoro nazionale albanese, l’elmo di Scanderbeg. Costui è il fondatore dello Stato, condottiero e patriota, protettore dell’Occidente cristiano dalla colonizzazione dei turchi. Il veneziano Antonio Vivaldi gli ha intitolato un’opera che nel 1718 inaugura il Teatro della Pergola a Firenze; in nessuna capitale europea manca un monumento a lui dedicato. Eppure fuori dall’Albania ben pochi sanno chi è.
Tanto meno negli uffici e nelle sale riunioni di enti e commissioni, tra politici e funzionari, tra chi si interessa al destino del vecchio continente e chi vuole solo sabotarlo. Come al solito i negoziati sulla nuova inclusione sono difficili, Francia e Olanda hanno posto il veto e questo sembra compromettere molte carriere politiche, tra cui quella del carismatico primo ministro albanese, che ha vinto le elezioni con la promessa di guidare il suo paese nella UE. Il suo sogno è assumere il ruolo del grande eroe nazionale, colui che riunirà tutti gli albanesi, dal Kosovo al Montenegro, dalla Serbia all’Italia meridionale, dalla Germania alla Turchia, trasformando l’Albania in una potenza europea. Il recupero dell’elmo di Scanderbeg diviene allora una questione fondamentale e dà inizio a un furioso intrigo internazionale che coinvolge la mafia albanese, l’Europol, i potenti che agiscono nell’ombra.
Con L’allargamento Robert Menasse dà un contributo unico al racconto della realtà contemporanea: il suo ritratto romanzesco dello stato di avanzamento della politica europea nel ventunesimo secolo è una analisi lucida e provocatoria di istituzioni e individui mossi da interessi contrastanti, in cui si sovrappongono e si confondono il vantaggio personale e l’ideale politico. È un racconto coinvolgente e ironico, una commedia umana crudele e inquietante.

PER CHI CREDE NELLE AMICIZIE CHE NASCONO DA RAGAZZI E ACCOMPAGNANO LUNGO LA VITA, E AMA LA MUSICA E I CONCERTI

Ancora amici, di Roberto Gerilli, Mondadori 2024, pp. 276. QUI la mia recensione

Claudio ha quarant’anni e vive a Falconara Marittima, una cittadina di provincia dove l’unica attrazione turistica è la raffineria di petrolio sul mare, ma non si lamenta. Anzi, non riesce proprio ad andarsene. Qui ha trascorso estati indimenticabili insieme ai suoi amici storici, quelli a cui affidi l’adolescenza sapendo che ne faranno il periodo migliore della tua vita.
Sembra l’unico afflitto da questo problema, comunque: Martina si è fermata a Bologna dopo l’università, Riccardo si è trasferito a Siena per amore, mentre Veronica ha preferito una frenetica carriera milanese a quello che, forse, stava nascendo tra loro. Le giornate in spiaggia, le gite improvvisate e i concerti rock sotto al palco sono solo un ricordo lontano, e ora l’amicizia è confinata in una chat su WhatsApp con un nome, “Sul pontile“, che onora il vecchio rifugio del gruppo. Sono destinati a perdersi, a diventare semplici nomi nell’interminabile lista di messaggi da mandare a Natale, a meno che Claudio non decida di compiere un gesto “rivoluzionario”: lasciare a casa il cellulare e partire per una reunion di cui gli altri sono ancora all’oscuro.
Un romanzo divertente e nostalgico sulla generazione a metà del guado. Quella degli zaini Invicta, dei Soundgarden alla radio, delle cartine stradali che non garantiscono di giungere a destinazione e delle “immense compagnie” che, con l’età adulta, hanno traslocato online. Un romanzo sull’amicizia che a volte finisce, ma a volte resiste, nonostante tutto.

La pazienza delle tracce, di Jeanne Benameur, E/O edizioni 2024, traduzione di Silvia Manfredo, pp. 176

La storia che leggiamo in questo romanzo è la riparazione di Simon, uno psicoanalista molto attento ai suoi pazienti, ma troppo poco a se stesso. Un romanzo di fuga e di ricostruzione, una storia di amicizie e di amori fulminanti, un punto d’accesso alla complessità del desiderio, un’ode al nuoto, all’acqua, ai silenzi e agli incontri di rara giustezza.

Simon Lhumain è un uomo metodico, amante delle lunghe nuotate, delle corse, degli scacchi e del buon whisky ma è soprattutto uno psicanalista: uno che ascolta gli altri per professione, a rischio di far tacere la propria storia personale. Una crepa nel quotidiano fa scattare l’ora dell’appuntamento con sé stesso. Dovrà lasciare la sua città a bordo oceano e l’isola delle intense emozioni della sua giovinezza, allontanarsi dal trio tragicamente dissolto che perseguita il suo orizzonte da tempo lunghissimo. E anche lasciare dietro di sé le vite, le derive intime così pazientemente ascoltate nel segreto del suo studio. Arriverà in un Giappone sconosciuto – un’altra riva. E sulle isole subtropicali di Yaeyama, dove la vita si svolge al ritmo della natura lussureggiante e di antichissime tradizioni indigene, stringerà una nuova geometria amicale con i saggissimi, e vivissimi, coniugi Itô. Fiducia. All’altro capo del mondo e oltre la lingua, Simon sperimenta con tutti i sensi che l’incontro con il sé passa attraverso l’incontro con l’altro. Jeanne Benameur accompagna un decollo, osserva il paziente lavoro di un essere umano che cammina in direzione della sua libertà in un libro divino, ricco di dettagli e sfumature.

Vicino a una grande foresta, di Leo Vardiashvili, Bompiani 2024, traduzione di Patrizia Managò, pp. 400

Un romanzo attraversato dalla potenza narrativa e la complessità dei temi trattati, che spaziano dalla storia individuale alla memoria collettiva, dalla guerra all’identità. Seguiamo Saba e il suo viaggio di scoperta, che lo porterà a confrontarsi con il suo passato e con le ferite ancora aperte del conflitto in Georgia. La foresta, come luogo concreto e simbolico, rappresenta un elemento chiave del romanzo, un microcosmo che racchiude in sé la memoria, la vita e la morte.

Saba era un bambino quando con il fratello Sandro e il padre Irakli ha lasciato la Georgia devastata dalla guerra civile per cominciare una nuova vita a Londra. Eka, la madre, non è mai riuscita a raggiungerli. Vent’anni dopo Irakli torna a Tbilisi e scompare. Sandro va a cercarlo e scompare. Saba arriva nella città della sua infanzia, invasa dagli animali fuggiti dallo zoo, per ritrovare il padre che ha seminato indizi e messaggi elusivi: “Devo andarmene prima che quella gente mi prenda. Forse in montagna sarò al sicuro. Ho lasciato una traccia che non posso cancellare. Non seguitela.”
A guidarlo nella sua ricerca è un tassista, Nodar, confuso, alcolico Virgilio a sua volta ossessionato da una persona scomparsa: Natia, la sua bambina. Braccato dalla polizia, inseguito dai suoi fantasmi che si riaccendono uno a uno, Saba scoprirà che tutte le strade portano indietro, al cuore di un conflitto ancora in corso, verso i segreti custoditi dalle foreste della Georgia. Luogo concreto e simbolico, teatro di una guerra senza fine combattuta da un popolo che come tutti i popoli vuole sopravvivere, anzi, vivere, e insieme tenere con sé la memoria di persone e cose che non ci sono più. Un romanzo potente, drammatico, grottesco, che ha il passo senza tempo dell’epica ed è insieme di bruciante attualità.

I ricordi dell’avvenire, di Elena Garro, Sur 2024, traduzione di Francesca Lazzarato, pp. 348

Sur porta in libreria un romanzo che risale a diversi decenni fa ma che mantiene intatto tutto il suo fascino. Elena Garro ritrae con sapienza e ironia una famiglia, un momento storico e al tempo stesso un intero paese, senza rinunciare alla dose perfetta di pensiero magico latinoamericano.
Nella Tierra Caliente che è il cuore stesso del Messico giace il paesino di Ixtepec, narratore di questa storia e testimone di vicende che mescolano fede e crudeltà, odio e passione, menzogna e perfidia. Siamo negli anni post rivoluzionari, il paese è sull’orlo della guerra civile e Ixtepec si ritrova in balia degli umori del crudele generale Francisco Rosas, consumato dall’amore per Julia. L’arrivo di uno straniero misterioso metterà a soqquadro l’apparente monotonia della cittadina, segnando il destino della famiglia Moncada, della bella Isabel e di una serie di personaggi davvero memorabili, dal militare sanguinario al matto del paese.

I ricordi dell’avvenire (1963) è insieme una grande storia di amore folle e impossibile, un romanzo storico godibilissimo e una maestosa saga familiare, capace di tenere il lettore incollato alle pagine come solo i classici sanno fare.

Al mare, di Dörte Hansen, 2024, traduzione di Teresa Ciuffoletti, pp. 228

Da una delle più importanti scrittrici tedesche di oggi, un romanzo luminoso, intelligente e intriso di umanità, che racconta di una famiglia alla deriva, di un’isola intrappolata nella morsa del cambiamento e di antiche leggi che hanno perso il loro significato.
Un’ora di traghetto – a volte di più, a seconda di quanto è mosso il mare: questa la distanza che separa la piccola isola del Mare del Nord dalla terraferma. Eppure l’isola è un mondo a sé, governato da leggi proprie; su questo pezzetto di terra semisommerso non ci sono segreti, non ci si può nascondere. Lo sanno bene i membri della famiglia Sander, che ci abitano da sempre. Hanne, sposata con un uomo che alla vita familiare ha preferito un capanno solitario sulla spiaggia, ha cresciuto tre figli da sola mentre tentava di colmare il vuoto offrendo ospitalità ai turisti. Il figlio maggiore, Ryckmer, incapace di gestire il suo problema con l’alcol, ha perso il grado di capitano e sta aspettando la tempesta perfetta che metterà fine a ogni cosa. La figlia, Eske, si prende cura dei vecchi marinai nella casa di riposo dell’isola; un mese all’anno, però, corre a Berlino da Freya, la tatuatrice che ha ricoperto il suo corpo di opere d’arte. Soltanto Henrik, il più giovane, è in pace con se stesso: è il primo uomo della famiglia a non aver mai sognato di andare per mare e passa le giornate raccogliendo relitti sulla spiaggia. Il mare dà e il mare toglie: nel corso di un anno, la vita dei Sander verrà irrevocabilmente stravolta da quella che da brezza quasi impercettibile si trasformerà in una vera e propria burrasca.

Biografia di X, di Catherine Lacey, Sur 2024, traduzione di Teresa Ciuffoletti, pp. 503

Avervo molto apprezzato uno dei suoi romanzi, Nessuno scompare davvero, letto qualche anno fa, dunque sono molto curiosa di leggere anche questo.
Costruito come una vera biografia, sulla base di interviste, lettere, citazioni e fotografie, ma raccontato con il calore di chi ricorda la persona amata e al tempo stesso ne scopre i segreti, Biografia di X è un romanzo avvincente e fuori dal comune, un omaggio alla controcultura del secondo Novecento, una riflessione brillante sul rapporto fra arte e vita e sulla creazione della propria identità.
Alla morte dell’amatissima moglie – un’artista famosa ed elusiva che si nascondeva sotto lo pseudonimo di «X» – la vedova decide di ricostruirne il misterioso passato e scriverne la biografia definitiva: è questo il libro che leggiamo, in cui si delinea via via il ritratto di una provocatrice geniale e camaleontica. Nata nei Territori del Sud, una parte degli Stati Uniti che dopo la seconda guerra mondiale si è scissa dal resto del paese, X è riuscita rocambolescamente a fuggirne per intraprendere, cambiando più volte nome, una carriera da musicista, scrittrice e visual artist, che si è intrecciata con quelle di David Bowie e Tom Waits, di Susan Sontag e Carla Lonzi…

L’amore è un fiume, di Carla Madeira, Fazi 2024, traduzione di Daniele Petruccioli, pp. 180

l romanzo che in Brasile è sulla bocca di tutti e che ha trasformato la sua autrice nel nuovo fenomeno della letteratura brasiliana: un libro dalla forza travolgente, in grado di rapire il lettore, spiazzarlo e commuoverlo.
Venâncio e Dalva, marito e moglie, si amano di un amore totale. La loro è un’unione inestricabile di anima e corpo; amano parlarsi, toccarsi, guardarsi, abbandonarsi completamente l’uno all’altra. Lui e lei, lei e lui. Fino al giorno in cui la tragedia irrompe nella loro vita incrinando questa simbiosi perfetta. Nelle crepe di un amore che all’improvviso sembra svanito si insinua Lucy, prostituta orgogliosa che invade le loro esistenze a testa alta. È la più desiderata della città, desiderata da tutti ma non da Venâncio, che inizialmente non la degna di uno sguardo. E si sa, non esiste miccia più potente dell’indifferenza: il disinteresse di Venâncio accende Lucy di una passione irrefrenabile. La giovane farà di tutto per averlo, ma solo il giorno in cui, per puro caso, compierà un gesto che gli ricorda la moglie, riuscirà a farlo suo. E ogni cosa cambierà per sempre. Perché l’amore, come un fiume, è inarrestabile, e il suo flusso ininterrotto plasma le vicende dei protagonisti assumendo le forme più inaspettate.
Amore, odio, perdono: L’amore è un fiume è un romanzo esplosivo, traboccante di vita e sensualità, un inno all’amore vissuto liberamente e una condanna esplicita della doppia morale patriarcale.

Papiro, di Sante Bandirali, Marcos y Marcos 2024, pp. 150

Cultura scoppiettante, ironia tagliente, sarcasmo a volontà: dalla pandemia delle tisane alla stele di Rosetta, Sofia Savi e Brando Cerberoni sanno sempre tutto e anche di più. Ospiti onnipresenti di convegni e talk show, passano il resto del tempo rintanati nei loro studi.
Una coppia simile deve assolutamente riprodursi; i loro geni non possono andare sprecati. Scatta il programma figlio perfetto: fogli di calcolo, musica, arti propiziatorie, nulla viene trascurato. Pochi secondi di concepimento mandano il quartiere in black-out.
Dopo nove mesi esatti nasce Papiro. È bello, profumato, sorride… non gli manca proprio niente. O forse sì?

Papiro non parla; o meglio, parla solo se nutrito di libri. Letteralmente: il piccolo mordicchia, mastica, digerisce volumi e ne declama il contenuto a volontà. Spiazzati, i geni le provano tutte: logopedisti, astrologi, rapper, maghi… nessun risultato. Sarà un bibliotecario a salvare Papiro. Ripartendo dall’alfabeto e da un seme di mela, lo aiuterà a rimettere le cose in fila, a imboccare in modi e tempi giusti la via della conoscenza e della vita. Papiro, come tutti i figli, manda in tilt le aspettative dei genitori. E, come si augura a tutti i figli, fa buoni incontri e trova la sua strada verso la vita vera.

La valle dei fiori, di Niviaq Korneliussen, Iperborea 2024, traduzione di Francesca Turri, pp. 320

Iperborea porta in libreria il romanzo di Niviaq Korneliussen, nata a Nanortalik, in Groenlandia, nel 1990; una storia dura, coinvolgente, che racconta una realtà a noi lontana geograficamente, che pone in primo piano temi come le difficoltà che la società crea rispetto all’orientamento sessuale, la piaga dei suicidi in giovane età. Come lesbica, Korneliussen ha detto che era estremamente importante per lei scrivere della vita dei gay in Groenlandia perché non aveva mai letto niente sull’omosessualità nella letteratura del suo Paese. Un romanzo che riesce a unire la denuncia forte e chiara a un’altissima qualità letteraria e poetica.

Vive a Nuuk, la capitale della Groenlandia, è giovane e ribelle, ha una ragazza che la ama e un futuro che l’attende in Danimarca, dove sta per iniziare l’università. Eppure si sente troppo grossa, troppo scura, troppo diversa dai compagni di studio, e mentre tutti a casa credono che stia spiccando il volo verso la desiderata libertà, lei sprofonda in un disagio che in realtà ha sempre avvertito, un senso di inadeguatezza e vertiginosa solitudine, un bisogno bruciante di amore unito a una paura di deludere e di donarsi con cui finisce per far male agli altri quanto a se stessa.
Un malessere che da bambina la portava a nascondersi sul Monte Corvo, nella tana di uno «spirito della montagna», e che prende il sopravvento quando un lutto la conduce nella natura maestosa della Groenlandia orientale, fino a una valle di fiori di plastica, piena di croci anonime e dimenticate. Così finiscono i tanti giovani inuit che ogni anno si tolgono la vita, nel silenzio del sistema e delle loro stesse famiglie – un tabù di cui nessuno vuole parlare.
Inesorabile come una bomba a orologeria, La Valle dei Fiori racconta in presa diretta, attraverso la voce cruda, fresca, ironica, ma sempre più concitata e furente della protagonista, il tracollo psicofisico di una ragazza che sente il mondo chiudersi su di lei finché non riesce più a stare nel proprio corpo. Un racconto di una schiettezza feroce che si fa potente poesia, urgente e autentico quanto difficile da dimenticare, un romanzo che va dritto al cuore dell’odierno dibattito sull’identità dando voce ai groenlandesi del XXI secolo, cresciuti in una società di matrice coloniale e smarriti ai margini dell’Occidente globalizzato.

Il giovane caimano, di Domenico Varipapa, NNEditore 2024, pp. 240

Rino ha quindici anni e non esce più di casa: dopo un umiliante scherzo in piscina, diventa un hikikomori. Di notte si rifugia nei giochi online e nelle video­chat, con il nickname “Caimano” e la maschera di Berlusconi, il grande nemico del nonno. Il vecchio pensa che Rino abbia il malocchio, e in punto di morte si fa promettere che tornerà in Calabria per farselo togliere. Il ragazzo decide di partire per porgere al nonno l’ultimo omaggio: seppellire la sua gamba finta nel mare che tanto amava. Inizia così un viaggio verso sud, in cui Rino si ritrova in compagnia di Gaetano, che si fa chiamare Richie Rich e sogna di fare soldi a palate; poi di Massimo, un ragazzo con la sindrome di Asperger; e infine di Margherita, cosplayer di manga giapponesi e suo grande amore. Le loro picaresche avventure attirano l’attenzione dei media e diventano virali, trasformando un gruppo di ragazzini allo sbando, mascherati da Berlusconi, in una piccola famiglia che reclama: “Potere ai giovani”. Il giovane caimano è un’esuberante storia di crescita, che racconta il senso di inadeguatezza, la paura del fallimento e il desiderio di ribellione dell’adolescenza. Con umorismo ed empatia, Domenico Varipapa svela come l’amicizia più pura abbia il potere di liberare e di infondere il coraggio di vivere nel mondo.

Questo libro è per chi con un joystick tra le mani si trasforma in un cecchino infallibile, per chi considera Tre uomini e una gamba un film di culto, per chi ha ereditato le buffe manie dei nonni, e per chi sa che una semplice carezza sulle spalle ha il potere magico di curare ogni dolore.

Il groviglio verde, di Danilo Zagaria, ADD editore 2024, pp. 264

Le foreste ricoprono una buona parte delle terre emerse in un grande groviglio di radici, rami, alberi, foglie ed esseri viventi. Per raccontarlo, Danilo Zagaria, biologo e divulgatore appassionato, arricchisce le scienze forestali, ecologiche e geologiche con ficcanti incursioni in letteratura, filosofia, antropologia, architettura, economia.
Passando dai mangrovieti sulle coste oceaniche alla taiga siberiana, dalle canopie tropicali ai querco-carpineti nel cuore d’Europa, Zagaria compone sotto i nostri occhi un mondo complesso e stratificatodalle profondità della terra ai fiumi volanti, dalla preistoria al futuro.
Il groviglio verde intreccia storie che si muovono nello spazio e nel tempo e «storie multispecie», come le chiama Donna Haraway, i cui fili vengono ripresi da altre mani creando legami imprevedibili e sorprendenti.

Eden, di Auður Ava Ólafsdóttir, Einaudi 2024, traduzione di Stefano Rosatti, pp.192

Linguista, docente universitaria, correttrice di bozze, Alba è un’esperta – e un’amante – delle parole, e il tema delle lingue in pericolo di estinzione le sta a cuore, dal momento che l’islandese ne fa parte. Per questo interviene in conferenze in tutto il mondo, il che per lei, abitante di un’isola a nord del Circolo polare artico, significa per forza salire su un aereo. Di ritorno dal convegno, Alba fa una riflessione: per compensare la sua impronta di carbonio di quell’anno, dovrebbe piantare cinquemilaseicento alberi. Questo è l’importo, inevitabilmente parziale, del debito che ha nei confronti del pianeta. Perciò, quando legge l’annuncio di una proprietà in vendita fuori città, Alba non ci pensa due volte. L’appezzamento, che comprende un casolare da ristrutturare, è il posto giusto per realizzare un progetto di riforestazione. Nonostante sia un terreno di rocce, lava e sabbia, sferzato dal vento, tutt’altro che fertile… Ma Alba non si lascia scoraggiare dai presupposti avversi. Né tantomeno dai sospetti del vicino, il ruspante allevatore di pecore Álfur, o dalle critiche della sorella Betty, che la assilla con le sue telefonate. Su consiglio di Hlynur, comandante di marina in pensione e appassionato di selvicoltura, amico del padre, Alba comincerà dalle betulle, che resistono a quelle latitudini. La linguista trascorre così il tempo libero tra vanghe e zappe, alle prese con un muretto che impara a costruire dai video in rete, apprezzando il contatto con la natura e affezionandosi alla piccola realtà locale – qui la panetteria ha un reparto bricolage e l’alimentari ospita la filiale della banca. Stringe amicizia con Håkon, del negozio della Croce Rossa, e incontra Danyel, un giovane rifugiato in fuga dalla guerra che ha un grande talento per l’islandese.
A poco a poco Alba si impegna sempre di più in quel suo originalissimo Eden privato, tanto da decidere di vendere l’appartamento di Reykjavík e trasferirsi nel casolare. Anche grazie a Danyel, quella che sembrava solo un’idea stravagante per Alba prende la forma di una possibilità: di un nuovo inizio, di una vita più ricca, della libertà di scegliere finalmente le parole per riscrivere la sua vita con i versi di una luminosa poesia.