Continuo la lettura dei sonetti di Lorca, di cui trovate la presentazione in questo post; sul blog sono presenti gli altri sonetti esaminati.
El poeta dice la verdad
Quiero llorar mi pena y te lo digo
para que tú me quieras y me llores
en un anochecer de ruiseñores
con un puñal, con besos y contigo.
Quiero matar al único testigo
para el asesinato de mis flores
y convertir mi llanto y mis sudores
en eterno montón de duro trigo.
Que no se acabe nunca la madeja
del te quiero me quieres, siempre ardida
con decrépito sol y luna vieja;
Que lo que no me des y no te pida
será para la muerte, que no deja
ni sombra por la carne estremecida.
Il poeta dice la verità
Voglio dirti che la mia pena io piango
perché ad amarmi e a piangermi tu provi
su un imbrunire tardo d’usignoli
con un pugnale, e i baci, fianco a fianco.
Voglio uccidere l’unico e già certo
teste per l’assassinio dei miei fiori
e cambiare il mio pianto e i miei sudori
nel duro grano d’un perenne acervo.
E che mai la matassa si consumi
del ti amo mi ami, che non langue
per decrepito sole o vecchia luna;
ché quanto non mi dài senza ch’io chieda
tutto alla morte andrà, lei che neanche
l’ombra lascia alla carne lì protesa.
(traduzione di Mario Socrate)
La struttura anaforica del sonetto ha una duplice funzione: essa non solo differenzia – anche visivamente – i due blocchi, fronte e sirma, ma espleta un ruolo ben preciso nella semantizzazione del testo. Da un lato le quartine che, introdotte da “quiero” e nelle quali il poeta vuole eseguire un’azione tale da provocare il verificarsi di certe – e volute – conseguenze, costituiscono la parte enunciativa. Dall’altro le terzine, con il “que” reiterato, che contengono la svolta finale espressa attraverso la richiesta, peraltro disillusa, da parte del poeta.
Questo espediente retorico conferisce al testo una certa specularità: la simmetria di Q1 e Q2, e di T1 e T2, e, a sua volta, la simmetria tra fronte e sirma. In Q1 il poeta anela ad una sensibilizzazione dell’amato affinché i suoi sentimenti, le sue azioni, siano all’unisono con quelle dell’io parlante. In Q2 c’è il rifiuto di accettare la fine dell’amore e la speranza di convertirlo in qualcosa di perenne e solido. Anche T1 ribadisce questo anelito, questo desiderio affinché “no se acabe nunca la madeja / del te quiero me quieres”; ma in T2 predomina la disillusione, la consapevolezza che niente è eterno, che tutto “será para la muerte” e che non ci sarà nemmeno un rifugio, un sollievo al dolore dell’uomo.
Nel sonetto compare molta della simbologia lorchiana: anzitutto sintagmi che contengono allusione a “lo oscuro”: “anochecer de ruiseñores”, “puñal”, “asesinato de mis flores”, “mi llanto y mis sudores”, “decrépito sol y luna vieja”; inoltre l’impiego di verbi evocatori del dolore, come “llorar”, o chiaramente allusivi ad esso, come “matar”, “acabar”.
Il sonetto presenta una struttura omogenea nei versi: è l’unico esempio della serie. Tutti gli endecasillabi sono a maiore. Nel sonetto si produce un solo “enlace versal” – al v.13 – e cinque “encabalgamientos sirremáticos mediales”.
Segnalo questo articolo apparso su “El Mundo” nel 2016
https://www.elmundo.es/cultura/2016/05/08/572e191ee5fdea9c1a8b45e1.html
lorca immaginifico dalle sontuose immagini la sua è verità assoluta, un Grande!!! ciaoo Pina ❤
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vero!!! ciao cara
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L’ha ribloggato su Alessandria today @ Pier Carlo Lava.
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