Una volta uscito da Long Kesh, l’IRA aveva deciso di farmi andare in pensione. Troppo in vista, troppo conosciuto. Lo stato maggiore mi chiese di comportarmi come un militante politico. Partecipavo alle manifestazioni pacifiche. Prendevo parte parte alle mar e, sotto i ritratti di chi stava conducendo lo sciopero della fame. Avanzavo in mezzo alla folla, con la mia corona di fiori in mano. Per la commemorazione di Pasqua non marciai in uniforme nera con i soldati ma tra le fila delle famiglie dei prigionieri. Agli occhi di tutti ero uno di quelli che aveva fatto la protesta delle coperte, lo sciopero dell’igiene. Uno che era stato un combattente. (pag. 189)

Chiederò perdono ai sogni, di Sorj Chalandon, Keller editore 2014, traduzione di Silvia Turato, pagg. 286

Sorj Chalandon mi aveva conquistato fin dal suo primo romanzo che ho letto, “La professione del padre”, riconfermato poi nella lettura de “La quarta parete”. Mi ha conquistato con le sue storie forti, a tratti scioccanti, che costringono a fare i conti con realtà che non concedono tregua. Una scrittura, la sua, diretta e coinvolgente, scevra da fronzoli, come si addice ad un giornalista reporter dalle zone infuocate.

Anche in questo romanzo che ho appena terminato, ho dovuto fare i conti con una storia dura, che punta diretta, senza sentimentalismi, a raccontare la storia di un uomo e del suo popolo. Una storia che ci porta nell’Irlanda del Nord, negli anni Settanta e Ottanta, in cui l’Ulster ha vissuto il più duro scontro tra i cittadini irlandesi e quelli britannici, scontro portato avanti dall’IRA, il braccio armato della protesta, ma sostenuto politicamente e socialmente da tutta la comunità irlandese, e contrastato dai soldati lealisti inglesi, e dai servizi segreti.

Boy and flaming car outside Divis flats.

Chalandon racconta la vita di Tyrone Meehan, dall’infanzia nella Repubblica d’Irlanda, agli anni in Ulster, fino alla vecchiaia, al ritorno a Killybegs, nella casa del padre, a fare i conti con il suo tradimento. Un personaggio scomodo, una storia controversa, con un epilogo mai del tutto chiarito. Tyrone ha ereditato dal padre – anch’egli impegnato nella lotta – lo spirito combattivo e gli ideali, il desiderio di combattere contro le persecuzioni e le ingiustizie, le vendette, le rappresaglie che è costretta a subire la popolazione irlandese nella Belfast dominata dai britannici. Non gli è risparmiato il carcere duro, in cui si entra senza nemmeno un processo, le botte, le umiliazioni; a cui i combattenti rispondono con lo sciopero dell’igiene e poi lo sciopero della fame a oltranza, che porta alla morte di tanti giovani, tra cui Bobby Sands.

Chalandon, attraverso il personaggio di Tyron Meehan, ci racconta la storia di Denis Donaldson, suo amico fraterno, negli anni in cui fu corrispondente da Belfast per Libération.  Una storia dibattuta, in cui Tyrone da eroe diventa traditore del suo popolo, e di cui Chalandon cerca di ricostruire il percorso che lo ha condotto su questa impervia strada. Insieme alla storia pubblica, emerge la storia privata, che si dipana come un lungo filo di padre in figlio: Patraig, Tyrone, Jack. Tre generazioni inghiottite dalla lotta armata, che hanno sperimentato il carcere duro e che hanno inseguito sogni. A cui hanno dovuto rinunciare o chiedere perdono.

Chiederò perdono ai sogni è un romanzo bellissimo, di quelli che ti colpiscono duro, perché oltre alla vicenda umana e personale del personaggio principale, si muove tutto un quartiere, popolato da donne, uomini e bambini, tutti coinvolti nel clima di tensione e violenza che caratterizzò quegli anni, insanguinati da attentati, esecuzioni, e torture. E ben riesce Chalandon a rendere l’atmosfera che si viveva nei quartieri di Belfast, in cui in qualsiasi momento, tutto poteva succedere.  Un periodare che guarda in faccia la realtà, senza giri di parole, ma che pure riesce a elevare le vicende fino a farle quasi epopea, innalzando i toni attraverso una resa poetica, una poetica tragedia.

Qui potete leggere l’incipit.

Per un approfondimento, vi consiglio vivamente la lettura di questo articolo, scritto da Gabriele Santoro su Minima&Moralia.

Sempre su questi anni di piombo vi consiglio di leggere il romanzo di Anna Burns, Milkman.