Era stato il grisù ad ammazzare i minatori, con un colpo di polvere che aveva fatto propagare il fuoco per centinaia di metri di gallerie. Il giudice aveva ordinato l’autopsia di due vittime. Morte asfissiate. Sì, il pozzo 3-bis era pericoloso. (..) Otto giorni prima della catastrofe era stato tolto un ventilatore. Il pozzo non era stato irrigato, o troppo poco. La polvere di carbone ricopriva tutto. Il suolo, le pareti, la pancia delle macchine. Sarebbe bastata una scintilla per trasformare la galleria in un lanciafiamme. (pag. 91)
Il giorno prima, di Sorj Chalandon, Keller editore 2021, traduzione di Silvia Turato, pagg. 314
Sorj Chalandon è uno dei miei autori preferiti, come forse già sapete, visto che di lui ho parlato a proposito dei suoi romanzi magistrali, La professione del padre, Chiederò perdono ai sogni, e La quarta parete, quest’ultimo vincitore anche del Premio Terzani 2017.
Nel suo nuovo romanzo, l’autore si ispira a un fatto reale, un disastro avvenuto nel nord della Francia nel 1974: il 27 dicembre, nelle prime ore del mattino, un incendio sotterraneo uccise 42 minatori nella miniera di Lens-Liévin . Un disastro che avrebbe potuto essere evitato se non ci fossero state gravi violazioni della sicurezza.
Sorj Chalandon ci racconta la storia di Michel, sedicenne all’epoca dei fatti. Un adolescente che vive all’ombra di suo fratello maggiore Joseph, Jojo per gli amici, a cui Michel guarda con ammirazione e una sorta di soggezione, mitizzando ogni suo gesto, ogni sua frase che rimarranno scolpiti nella sua memoria e lo accompagneranno nella vita adulta. Il fratello rappresenta per lui il mondo dei grandi pieno di sfide ma anche di paure, che solo mediate attraverso la forza emanata dalla figura del fratello sa di potere superare.
Il famoso giorno prima che dà il titolo al romanzo – il cui significato si comprenderà appieno nella seconda parte del libro -, Michel e Joseph trascorrono insieme i loro ultimi momenti di fraterna gioia, in sella al motorino, in una corsa notturna per scacciare i cattivi pensieri e l’ansia di iniziare il nuovo lavoro che, dal giorno successivo, porterà Jojo a scendere nelle gallerie della miniera. Il giorno dopo, il dramma sconvolge le loro vite: 42 cadaveri saranno riportati in superficie dalla miniera; Joseph muore pochi giorni in ospedale dopo per le ferite riportate. Un anno dopo, il padre di Michel e Joseph si suicida, lasciando una lettera a Michel: “vendicaci della miniera”.
Mi fermai vicino alla nostra fattoria, sul terrapieno, davanti al sentiero che portava ai pozzi. Non ritrovai più niente. Il bel tetto di tegole era una copertura di zinco. La stalla era stata abbattuta, i pollai anche. Della nostra casa avevano fatto un capannone di stoccaggio. (..) La terra di mio padre non era sopravvissuta alla sua morte. (pag. 98)
Ritroviamo Michel quarant’anni dopo a Parigi. Sua moglie Cécile è appena morta, lasciandolo solo con i suoi vecchi demoni. Per quattro decenni ha rimuginato sulla morte di suo fratello, ha persino trasformato il suo garage in un mausoleo, con gli abiti da minatore di Joseph, ma anche un’intera documentazione sul dramma e sul processo che ne è seguito. La persona che Michel considera direttamente colpevole della morte del fratello non ha mai espiato un solo giorno di punizione, non ha mostrato alcun segno di pentimento per quanto accaduto. Lucien Dravelle, è secondo Michel doppiamente colpevole perché era uno degli addetti alla sicurezza della miniera, ma anche colui che aveva convinto Joseph, davanti a una birra al bar, a rinunciare al lavoro di meccanico per entrare a far parte dei ranghi dei minatori.
Michel, che non ha più nessuno nella sua vita ora che anche sua moglie è morta, decide di tornare al Nord per trovare Lucien Dravelle e vendicarsi.
Il giorno prima è un romanzo potente, sostenuto dalla forza della trama che ha la tensione del thriller, la complessità del dramma familiare e psicologico, il grido del romanzo sociale; una trama che all’inizio sembra lineare ma in realtà, andando avanti, ci si accorge che l’autore sta conducendo il lettore su false piste. Gran parte della forza viene dalla denuncia relativa alle condizioni di lavoro dei minatori, che hanno portato al dramma di Lens-Liévin, il più grande incidente minerario del dopoguerra ma purtroppo non l’unico – in quell’anno nella regione morivano di silicosi due minatori al giorno e si contava un incidente fatale ogni due giorni -, scatenato dalla sete di profitto e disprezzo per la sicurezza e la vita dei minatori. Si tratta di minatori la cui professione è stata glorificata – hanno contribuito a ricostruire la Francia del dopoguerra – ma che sono stati costretti a lavorare in condizioni che hanno lasciato segni anche in chi è sopravvissuto, con malattie professionali molto gravi, in particolare la silicosi. L’autore non si concentra solo sulle vittime, ma mette in luce i “danni collaterali”: queste quarantadue famiglie spezzate dalla tragedia (tipo 140 orfani…) scegliendo come protagonista il fratello di una vittima, che ancora quarant’anni dopo non può dimenticare quanto accaduto.
Il romanzo, nella seconda parte, riserva un “turning point” sorprendente, che naturalmente lascio a voi scoprire; posso dirvi che ha molto a che fare con il gusto per la psicologia dei personaggi (come accade in La professione del padre), e che aggiunge una ulteriore chiave di lettura alla tragedia e all’ossessione di Michel.
Sorj Chalandon ci accompagna dall’inizio in una storia costruita con abilità, che sembra scorrere in maniera prevedibile, ma che invece riserva molte sorprese, ampliando la suspense fino all’ultima pagina.
Due personaggi femminili luminosi spiccano in questo universo oscuro: Cécile, la moglie di Michel, e Aude, l’avvocata. Condividono la stessa pallida bellezza; intelligenti e sensibili, affrontano le prove della vita con eleganza e coraggio.
Il mondo delle miniere viene ricostruito meticolosamente, dal rumore dei castelletti, attraverso gli spogliatoi dei minatori, lungo le strade grigie, le case di mattoni, i cumuli di scorie, il bar ritrovo dei minatori, per non parlare dell’umile vita quotidiana delle famiglie .
Una tragica notizia di cronaca, vista in tutta l’ipocrisia della passerella di autorità per un cordoglio di circostanza, e nella dolorosa concretezza delle sue ripercussioni sulle persone che l’hanno subita, viene trasformata in un romanzo sull’umanità in questo libro forte e profondo. Sorj Chalandon in queste pagine persegue la sua ricerca della verità; nulla è deciso per lui, bene e male convivono in ognuno di noi, vittime e colpevoli si fondono. Analizza in profondità le complesse personalità di personaggi torturati dal rimorso, che non esitano a salvarsi a costo dell’impostura. Il tradimento sembra ancora essere uno dei suoi temi preferiti. E, come Michel, è dotato di una sensibilità profonda e pieno di rabbia di fronte alla sofferenza e all’ingiustizia.
Le foto utilizzate nel post provengono dal sito Unesco dedicato al Bacino Minerario della regione Nord-Pas de Calais.
Qui potete leggere l’incipit del romanzo.
Bellissima recensione, sostenuta dal tuo amore per uno scrittore che merita di essere letto e conosciuto. Chalandon scrive opere profonde, capaci di farci riflettere. Aggiungo che, purtroppo, il tema trattato è quanto mai attuale.
Va sicuramente in wishlist.
Buone letture.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie, Benny. Sí, confermo il libro merita sotto molti punti di vista. A me piace proprio il suo stile, la sua scrittura così precisa e coinvolgente.
"Mi piace"Piace a 1 persona