Sono venuto qui, uccello migratore che canta ormai con voce flebile, pronto ad accettare la sterminata desolazione della mia terra e a posarmi sul primo albero con la corteccia screpolata dalle stagioni secche. (..) Molti sono i personaggi rimasti sepolti nell’oscurità, ma dal canto suo il sole, approfittando della mia assenza, ha riarso le fondamenta di un’infanzia che ormai si è smarrita nel groviglio dei ricordi. (..) L’ostinazione mi suggerisce che, al di là dei mutamenti della città di Pointe-Noire, dalle ceneri del passato riemergerà qualcosa. (..) Perché Pointe-Noire dorme sempre con un occhio solo, mentre dall’altro sgorga una lacrima inesauribile, che scorre verso la Costa selvaggia …
Le luci di Pointe-Noire, di Alain Mabanckou, 66THA2ND 2014, ed. originale 2013, traduzione di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, disegno in copertina di Julia Binfield, la mia recensione
Grazie a papà Roger il ricordo della mia infanzia è avvolto in una dolce fragranza di mela verde. Un frutto che lui mi portava ogni settimana dal Victory Palace. Nella nostra città mangiare una mela era un privilegio. Tra i frutti che venivano dai climi freddi ci sembrava il più esotico. Appena la mordevo, mi sentivo spuntare le ali e volavo lontano.

INCIPIT
Per molto tempo ho fatto finta che mia madre fosse ancora viva. E adesso mi sforzo di ristabilire la verità nella speranza di liberarmi di una bugia che finora non è servita ad altro che a ritardare il lutto. Ho ancora sulla faccia la cicatrice della sua scomparsa e, anche se di solito cerco di coprirla con uno strato di allegria artificiale, quella riaffiora ogniqualvolta la mia fragorosa risata si interrompe, e in mezzo ai miei pensieri si leva la sagoma di questa donna che non ho visto invecchiare, che non ho visto morire e che, nei miei sogni più tormentati, mi volta le spalle per nascondermi le lacrime. In qualsiasi parte del mondo mi trovi, non appena sento un gatto miagolare nella notte o un concerto di cani in calore, alzo la testa al cielo e ripenso a una leggenda della mia infanzia, la leggenda della vecchia che ci sembrava di intravedere dentro la luna e che portava sempre una pesante gerla sulla testa.