La sensazione di non potersi aggrappare a niente e a nessuno é qualcosa che sente anche quando traduce. (..) Tutta la sua vita é scivolata via combattuta tra due Paesi. Un uomo che lei aveva rifiutato le disse: Tu desideri costantemente una famiglia, una famiglia normale, tutto il tuo essere e agire é finalizzato alla ricerca di fratelli e sorelle. Questo é fastidioso. I tuoi uomini sono la traduzione sbagliata dei tuoi fratelli.
Una famiglia come tante, pag. 169
Una famiglia come tante, di Sylvie Schenk, Keller editore 2022, traduzione dal tedesco di Franco Filice, pagg. 200
Sylvie Schenk, dopo Veloce la vita (qui la mia recensione) torna con un nuovo romanzo e con il suo stile distintivo: una scrittura pulita, essenziale, capace di scandagliare a fondo sentimenti e comportamenti umani. I suoi personaggi e le vicende ad essi legati rientrano nella cosiddetta normalità: persone e famiglie ordinarie “come tante”, dove però ciascuno porta con sé la sua singolarità, le sue aspirazioni, le sofferenze e le gioie. Ciascun personaggio ci viene presentato con profondità ed empatia, anche quando di lui/lei emergono i lati più meschini e vigliacchi: è il loro percorso verso una personale affermazione, un modo per dire io ci sono, con i miei difetti e mancanze ma sono qui e ho bisogno di trovare un posto nel mondo, che dia un senso alla mia vita.
Non a caso l’autrice usa come espediente narrativo un evento con il massimo potenziale di conflitto: una disputa sull’eredità, una situazione in cui facilmente si può scivolare in bassezze e recriminazioni, innescando un ordigno a orologeria in grado di produrre una deflagrazione distruttiva.
A narrare l’intreccio di relazioni, ferite, affetti e acredini è una delle sorelle, Céline, che tra farsa e dramma dipana i segreti e i dissidi della famiglia così come le biografie e le aspirazioni di ciascun protagonista. Céline è una donna sulla sessantina, vive a Francoforte e sale su un treno per tornare verso la sua vecchia casa per il funerale di zia Tamara e zio Simon, una coppia benestante di Lione. Céline è un’interprete simultanea, un po’ stufa del suo lavoro, ed è l’intellettuale dei quattro fratelli Cardin; ha lasciato molto giovane il suo villaggio natale nelle Alpi francesi per sposare un tedesco. Al servizio funebre rivedrà la famiglia dopo anni. Gli zii sono sempre stati il punto di riferimento per tutta la famiglia Cardin e in particolare per i loro amati nipoti. La zia Tamara e lo zio Simon sono morti anziani e senza figli a tre ore di distanza l’uno dall’altro. Hanno lasciato una fortuna enorme e due testamenti. Avevano nominato i nipoti come eredi in parti uguali, ma poiché uno degli originali è scomparso, l’intera eredità ricadrebbe ora legalmente sul parente più prossimo di Tamara: Bernard e la madre anziana.
L’impasse che si viene a creare a causa della controversia testamentaria ravviva i vecchi dissapori non appena i fratelli si riuniscono; attraverso dei flashback la voce narrante ricostruisce la storia familiare.
Ecco che conosciamo Aline, la sorella maggiore che stava sempre un po’ in disparte; la sorella minore Pauline, di cui Céline è ancora oggi responsabile; il fratello Philippe. Infine, Céline, la secondogenita, intelligente, divorziata, senza figli ed emotivamente inibita. In famiglia la chiamano “la tedesca” mentre quando è a Francoforte la chiamano “la francese”; fa l’interprete e questo la dice lunga sulla sua personalità “a forma di ponte” e sul suo latente disagio nel non sentirsi mai a casa. Il fatto che il romanzo sia raccontato dal suo punto di vista è anch’esso un espediente narrativo: come interprete, è già professionalmente impegnata nell’accuratezza e nella neutralità della traduzione di parole pensate da altri, è di fatto una creatrice di ponti del linguaggio. Con questa forma mentis, Céline riesce a entrare in empatia con gli altri membri della famiglia e anche ad affermare la sua prospettiva.
Quando si parla della famiglia, si parla necessariamente di quei rapporti che ci plasmano fin dalla nascita: all’interno dei nuclei ciascuno va assumendosi un ruolo fin dalla tenera età, ed è come se ci fosse una distribuzione di ruoli al fine di bilanciare le interazioni e le frizioni.
Aline. Céline. Pauline. Philippe. La bella, l’intellettuale, la divertente, lo sportivo.
A volte tutto ciò ciò si risolve in un cortocircuito capace di mettere alcuni dei membri in fuga, come succede ad esempio alla narratrice, Céline.
Il ritratto che l’autrice dipinge di questo nucleo familiare alle prese con i dissidi e i fantasmi del passato oltre ad essere emblematico di una situazione che molte famiglie vivono, esce dall’ambito intimo e familiare assumendo i tratti della critica sociale. Una famiglia come tante portata ad emblema di comportamenti comuni e diffusi. Ad esempio dal racconto emerge la distanza quasi incolmabile tra la modesta famiglia della cittadina alpina e i parenti borghesi di Lione, due rami della famiglia separati da condizione sociale, ambiente e istruzione.
Sylvie Schenk è nata nel 1944 a Chambéry, in Francia. Ha studiato a Lione e si è trasferita in Germania nel 1966. Ha pubblicato poesie in francese e, dal 1992, ha iniziato a scrivere in tedesco. Vive vicino a Aachen (Aquisgrana) e a La Roche-de-Rame, nelle Alte Alpi francesi.
Quando Veloce la vita è stato pubblicato in Germania nel 2016, i librai lo hanno scelto come uno dei cinque libri più belli dell’anno.