Che nel rassegnarsi alla violenza maschile, nel subirla con costanza e passività ci sia, da parte delle donne, un sentimento che assomiglia alla connivenza allora non lo sospettavo e fu stupefacente la rivelazione di Clara che la violenza si possa collegare all’amore o almeno al sesso; e la sua indulgenza, addirittura il compiacimento per la brutalità («Ti piace quando gli uomini ti strattonano e ti sbattono giù?»), che in uno dei nostri primi incontri in via Domenico Bucalossi mi lasciò senza parole. (Pag. 25)

Le rovinose, di Concetta D’Angeli, Il ramo e la foglia edizioni 2021, pagg. 272

Il romanzo Le rovinose di Concetta D’Angeli è un racconto privato e insieme pubblico. Privato in quanto la trama rappresenta le vite intrecciate di due donne, da quando, allora ventenni, si conobbero, ai successivi decenni in cui le loro vite entrarono in contatto; pubblico in quanto il contesto di avvenimenti storici e sociali che si sviluppò in quell’arco temporale non fa qui solo da cornice ma assume un ruolo determinante nelle loro stesse vite. L’autrice fornisce tutti i riferimenti, sia sviluppandoli nella trama, sia elencandoli alla fine, declinati minuziosamente in una cronologia che è già di per sé un grande valore aggiunto documentale.

Le due protagoniste, Silvana Guerrini e Clara Bellami, a cui si aggiungono l’amica Dorina e la tata Cesira, rispecchiano i tipi femminili e sono il fulcro della narrazione: in quanto donne mostrano, attraverso le loro vite vissute, tutti i cambiamenti che si concretizzarono in quegli anni, dal 1976 in cui inizia il racconto, alla fine degli anni Ottanta. Anni in cui la società italiana fu attraversata da due processi di cambiamento che potremmo senza ombra di dubbio definire epocali. Da un lato le nuove leggi che permisero alle donne passi verso l’emancipazione (la legge sul divorzio, la legalizzazione dell’aborto, l’abrogazione del divieto di propagandare e usare i contraccettivi, la riforma del diritto di famiglia), dall’altro l’avvio di un processo di affermazione anche nel mondo del lavoro, percorso non certo concluso nemmeno ai giorni nostri, ma fu in quegli anni che si iniziò a ragionare sulla parità di diritti e opportunità. E tutto questo lo ritroviamo calato nelle vite delle donne che animano il racconto, nel loro modo di affrontare la quotidianità e di gestire i rapporti con le persone, che siano amici/che, mariti, genitori, datori di lavoro. Anni che però furono anche contrassegnati dall’esplosione di una violenza come mai prima era accaduto.

Il racconto prende avvio quando nella scialba vita di una delle due protagoniste riemerge senza preavviso il passato. Un passato che si è volutamente cercato di arginare dietro una muraglia difensiva, ma che è soltanto apparentemente sopito. L’arrivo di una ingombrante – in tutti i sensi – busta contenente degli scritti, rievoca vite, persone, dolori e amori attenuati, ma mai dimenticati. Il mittente è l’altra protagonista e la busta arriva dopo anni di inquietante silenzio. Il passato si riaffaccia in tutta la sua mastodontica imponenza, come un vento di tramontana che sferza impietoso.

Silvana, senese, una famiglia problematica alle spalle, è una studentessa di architettura quando per caso conosce Clara, scappata da un paesino della maremma livornese, madre russa, iscritta all’Università per stranieri a Siena. La loro sarà un’amicizia che, a fasi alterne, le terrà legate per molti anni, anche quando la vita e le scelte compiute le allontaneranno. Tra loro c’è un rapporto di dipendenza: Clara, la “bell’e grulla”, porta in giro la sua bellezza come se da sola bastasse a farsi strada nella vita, è irresoluta, non si appassiona a nulla, ha lasciato l’università dopo pochi esami, legge romanzetti rosa, sopravvive con qualche lavoretto mentre si caccia in relazioni fugaci con uomini di cui non ricorda i nomi; Silvana, meno appariscente, è ambiziosa e determinata a laurearsi per ottenere un riscatto socio-economico che la affranchi dalla triste e tribolata vita familiare. Hanno in comune il fatto di non avere un’amica confidente, una persona su cui contare in ogni momento: Clara perché oggetto di invidia per la sua sfacciata bellezza, Silvana per il carattere chiuso. Non solo: se le difficoltà economiche e la malattia del padre hanno segnato la vita di Silvana, ben altre vicende familiari hanno inciso sul modo in cui Clara costruisce le relazioni, soprattutto con gli uomini.

La loro è un’amicizia che, sebbene siano così diverse, sfocia in un rapporto profondo dal quale però, per motivi diversi, vengono strappate.

La loro amicizia sembrerebbe essere il classico legame che due donne costruiscono quasi come una scialuppa di salvataggio, per affrontare il mare burrascoso della vita, ma in realtà la burrasca la portano dentro di sé: Clara aspira a trovare un uomo che la guidi nella vita, un Padrone – come lo definisce – a cui sottomettersi. Lo ha cercato negli uomini che l’hanno prima inseguita per la sua sfacciata bellezza e poi subito abbandonata. Silvana aspira invece a costruirsi un futuro da sola, è un’arrivista decisa a rompere con l’immagine della donna sottomessa, vuole fare carriera come è possibile per gli uomini, ma nella vita sentimentale è sola e turbata, almeno finché non avrà accettato il suo orientamento sessuale, prepotentemente determinante nella sua relazione con l’amica, nell’impossibilità di un amore che non può concretizzarsi. La frattura si concretizza quando Silvana conosce Lorenzo Annibaldi, giovane rampollo di una nobile famiglia senese, impegnato nella lotta proletaria.

Siamo nel pieno degli anni di piombo, ogni giorno le cronache raccontano un’Italia in preda alla violenza terroristica; fatti di cui Silvana sente parlare ai telegiornali ma quando conosce Lorenzo, quella realtà si riversa nella sua vita. Lorenzo ha un passato alle spalle, un vissuto di ribellione che lo ha portato ad aderire alla causa brigatista. La sua influente famiglia è riuscita ad allontanarlo dai guai giudiziari, lui stesso ha preso le distanze quando la violenza cieca è diventata il fine e non più il mezzo per portare avanti le proprie idee, ma il seme della violenza ha attecchito in lui e troverà ben altre strade per manifestarsi.

Quando Silvana presenta Lorenzo a Clara, tra loro inizia una relazione che, in brevissimo tempo, diventa un progetto per il futuro. E se poteva sembrare che la storia prendesse la rassicurante via della favola d’amore, ecco che la violenza entra nel privato, la sopraffazione assume le sembianze dell’uomo che doveva cambiare la propria vita. Per vie diverse, sotto forma di vessazioni sul lavoro, anche nella vita di Silvana la lotta per l’affermazione passa attraverso forme meno appariscenti, ma altrettanto infauste, di violenza.

Il passato di Clara è un bagaglio pesante da portarsi appresso; è a volte consolatorio, a volte un modo per giustificare se stessa, altre un dolore sordo che ha piantato radici profonde. Il ricordo della madre è uno dei tasselli del passato a riemergere con nostalgia:

«Lei aveva studiato, in Russia, anche se a Sassetta tutti pensavano che facesse la puttana; aveva quasi finito le scuole superiori, mi raccontò; poi scoppiò la guerra e dovette interrompersi, forse le scuole non funzionavano più. Quando seguì babbo in Italia si portò dietro certi libretti scritti in cirillico, me li leggeva a voce alta fin da quand’ero piccola. Quelle pagine, quei suoni che a Sassetta nessuno capiva, erano il suo passato di ragazza, il suo mondo perduto, ci si commuoveva a rappresentarmelo usando la lingua che amava. In quel modo me l’ha insegnata. M’ha insegnato anche che i romanzi sono buoni compagni, alleggeriscono la solitudine, lei lo sapeva, che l’avevano tanto consolata. Hanno consolato anche me finché ho vissuto a Sassetta; e pure adesso, lo vedi, mi fanno sognare». Pag 18

Silvana, guardandosi indietro con la stanchezza che il tempo ha caricato sulle sue spalle, è preda di una disillusione che non lascia spazio alla speranza, una stanchezza generazionale:

Micragnosi, sì, i miei sogni, piccoloborghesi avrebbe detto Lorenzo, i suoi erano stati ed erano, quando lo conobbi, assai più grandiosi. Comunque, che fossero angusti, indefiniti o megalomani, pochi di noi sono riusciti a realizzarli, moltissimi hanno fallito e se li sono dimenticati, parecchi, anche se hanno fallito, ci sono rimasti prigionieri, per troppa indeterminazione o per troppa avidità. Io stessa, che mi consideravo dotata di buon senso, concreta, capace di lavorare sodo e anche di sapermi muovere con abilità nei meccanismi dei rapporti umani, s’è visto, poi, quanto ne fossi davvero capace! Pag 20

Lorenzo è un personaggio controverso, manipolatore, orfano di affetti familiari in un clan che da lui si aspettava la continuità del blasone; riversa su Clara il suo ego atrofizzato dalle rinunce che è stato costretto a fare ed esercita su di lei un potere assoluto, attirandola a sé con un miraggio che presto si dissolve, diventandone il Padrone che lei cercava.

«Clara rischia di scomparire nell’inesistenza se io non persevero ad amarla e non ne plasmo l’interiorità. Il mio compito d’innamorato è rivoluzionare la vita sbiadita che adesso è in lei, della sua splendida apparenza fare il ricettacolo d’idee che tocca a me elaborare, renderla espressione tangibile d’un sogno che tocca a me realizzare; e la sua bellezza troppo carnale renderla spirituale, visibile solo allo sguardo degli eletti. Sarò per lei il portatore di luce, il risvegliatore della sua anima dormiente!». Pag 124

Con uno stile marcatamente cinematografico, l’autrice mette in scena un dramma privato che, in un gioco di specchi, si polarizza intorno alle due protagoniste, “le rovinose”, ma che racconta anche il clima di uno dei periodi più bui del nostro recente passato. Il romanzo, suddiviso in tre parti, ha un andamento vivace e vario, dato dall’alternarsi di generi narrativi (tutti stilisticamente coerenti; più “estraneo” appare il capitolo metanarrativo in cui l’autore si affaccia in prima persona), di modi (dalla prima alla terza persona) e narratori (sotto forma di lettere e diario), il tutto compreso in una splendida cornice linguistica toscana.

Fotografia di Chiara Tarfano

Concetta D’Angeli Biografia

Vi consiglio di leggere la bellissima recensione di Benny, autrice del blog Il verbo leggere.