Dopo anni e anni di pressioni del governo, di apatia e inazione, dopo le sparizioni e gli arresti. Centomila persone bloccavano il viale più lungo del Continente. Neanche sembrava possibile. Non ci si sveglia da un coma così lungo. I miracoli non esistono

Ex figlio, pag. 164

Ex figlio, di Saša Filipenko, E/O edizioni 2022, traduzione dal russo di Claudia Zonghetti, pp.192

Dopo Croci rosse, Saša Filipenko torna in libreria con u n nuovo romanzo che ancora una volta ci racconta la Bielorussia, un paese di cui sentiamo parlare in questi mesi di guerra ma di cui forse non si sa molto. Il romanzo di Filipenko è un romanzo politico, un’opera che attraverso la vicenda che narra in realtà racconta un Paese e la sua storia recente.

Come dice l’autore nella prefazione:

Questo libro è un tentativo di capire perché la Bielorussia fosse piombata in un sonno letargico da cui non pareva avere alcuna intenzione di svegliarsi. (..) Questo libro è, di fatto, il mio modo di capire perché si diventa ex figli, figli interrotti del proprio paese e delle proprie famiglie.

Protagonista è Francysk che conosciamo sedicenne e studente di un liceo musicale; la sua passione però è giocare a calcio con gli amici, quando la nonna, severa ma affettuosa, lo lascia uscire, dopo essersi assicurata che si sia allenato a sufficienza col violoncello. Cysk vive con lei e a lei è molto più affezionato che alla madre; del padre non si sa nulla. Cysk ha il suo gruppetto di amici, una ragazza e vive la normale routine degli adolescenti. Tutto però cambia drasticamente quando un giorno, andando ad un concerto, si ritrova in trappola in un sottopassaggio chiuso durante una grandinata; insieme a lui centinaia di ragazzi che cercavano solo un riparo dalla pioggia e che invece si ritrovano schiacciati dalla calca in preda al panico. Fatto realmente accaduto, in cui persero la vita decine di ragazzi; del resto, a parte i nomi di fantasia dei protagonisti, tutto quello che compone la trama è vero, è proprio questo il fulcro e lo scopo del romanzo, raccontare la vita vera di chi nasce in Bielorussia.

A causa delle lesioni riportate durante l’incidente, Cysk cade in coma. E ci rimarrà per ben dieci anni. La maggior parte delle persone lo abbandona: sua madre, la sua ragazza, il medico che dovrebbe curarlo, che tra l’altro diventa il secondo marito di sua madre. Tutti credono impossibile che possa riprendersi ma la nonna, cocciuta e determinata, non perde le speranze. Trascorre con lui le giornate, parlandogli, facendogli ascoltare la musica, ma anche i radiogiornali, tappezzando la sua camera di foto, di ritagli di giornale.

Intanto, intorno a lui, la vita va avanti. Sua madre si sposa col medico, ha un figlio, costringe sua madre a vendere l’appartamento in cui viveva per lucrare; Cysk riceve le visite dell’amico Stas e anche della visita della famiglia tedesca che lo ospitava durante le vacanze estive, come migliaia di bambini bielorussi (e ucraini) dopo l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl.

Il giorno della morte improvvisa della nonna Cysk, a dispetto dell’opinione di tutti e in modo sorprendentemente veloce, si risveglia dal coma e torna a vivere. Nel frattempo sono successe molte cose e dato che la nonna non può più raccontare, tocca all’amico Stas aiutarlo a recuperare il passato, che presto comincia ad affiorare anche attraverso i ricordi che sembravano sopiti.

Cysk scopre che il suo paese è persino più in coma di lui: il presidente è lo stesso, lo stesso il grigiore, le stesse le repressioni e la mancanza di libertà. Anzi, sembra addirittura che il Paese abbia fatto passi indietro, scivolando verso l’era sovietica, quando l’URSS era il centro del sistema solare attorno a cui ruotavano i Paesi-pianeti satelliti.

Filipenko, senza mai nominare direttamente la Bielorussia o la Russia, parla di Grande fratello a oriente e di Continente a occidente e così racconta al lettore gli abusi e i soprusi che il governo di Lukašėnko ha perpetrato in circa trent’anni al potere – con elezioni pilotate -, anni di repressione delle libertà civili, di controllo dei mezzi di comunicazione, di censura e di repressione del dissenso. Anni di totale asservimento al Fratello maggiore (la Russia), esattamente come oggi, nonostante la posizione formalmente neutrale della Bielorussia rispetto al conflitto russo-ucraino.

Il romanzo dunque racconta una vicenda privata che diviene paradigma di un intero popolo: ragazzo caduto in coma come in coma è il Paese, ex figlio di una famiglia e di un Paese in cui non si riconosce, Cysk dopo avere provato a ribellarsi, consapevole delle difficoltà e della palude che tutto trattiene, decide di andarsene.

So che non dovrei andarmene mentre qualcun altro lotta, mentre un sacco di gente è in prigione perché non si rassegna a quello che accade nel paese, ma davvero non ce la faccio più, ba, non ce la faccio proprio. Nessuno ha bisogno di me, qui. E io non ho bisogno di nessuno. Mi sento un ex. Ovunque. Ex coinquilino, ex conoscente, ex figlio…

Ex figlio, pag.176

Narrato con uno stile fresco, diretto e ironico, il racconto si dipana con una nota di sincera amarezza. Impossibile separare la storia di Cysk da quella della società bielorussa e dell’autore stesso: tantissimi sono i riferimenti politici e storici, puntualmente spiegati nelle note che corredano il testo.

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Saša Filipenko, nato a Minsk nel 1984 (ma dal 2020 ha lasciato Russia e Bielorussia e vive in Europa), è un autore bielorusso che scrive in russo. Dopo una formazione musicale classica, ha studiato letteratura a San Pietroburgo per poi lavorare come giornalista, sceneggiatore, autore di programmi di satira e presentatore tv. Nel 2021 le Edizioni E/O hanno pubblicato Croci rosse e nel 2022 Ex figlio.