Continuo a sfogliare con voi le pagine del dizionario alla ricerca di quelle parole che capita sempre meno di vedere o sentire utilizzate. Oggi vi propongo un sostantivo e un verbo.

Pletora, /plè·to·ra/: [dal gr. πληϑώρα «pienezza, sovrabbondanza», der. di πλήϑω «esser pieno»].

1. In medicina: a. Nella terminologia medica del passato, condizione di marcata floridezza dell’organismo attribuita a generica sovrabbondanza della massa di sangue circolante (oggi detta ipervolemia) o ad aumento del numero dei globuli rossi (attualmente policitemia). 
b. Per estensione, presenza nel sangue di eccessiva quantità di metaboliti (colesterolo, lipidi, acido urico, ecc.). 

2. In patologia vegetale, abbondanza anormale di succhi in una pianta. 

3. Nell’uso comune, in senso figurato: sovrabbondanza, quantità eccessiva rispetto alle reali necessità, che provoca in genere conseguenze negative.

Mi soffermo sul punto 3, cioè sull’uso comune nel linguaggio di questa parola. Indica un’abbondanza eccessiva e la si vede spesso utilizzata in contesti negativi, per esempio per indicare l’eccessivo numero di laureati nelle discipline umanistiche, per i quali si allude a scarsità di reali sbocchi lavorativi, o all’eccessivo numero di lavoratori da ridurre perché troppo costosi. Oppure all’inspiegabile numero di scartoffie necessarie per ottenere un permesso, un certificato.

Obnubilare, /ob·nu·bi·là·re/: verbo transitivo, [dal lat. tardo obnubilare, comp. di ob– e nubilare «essere nuvoloso; coprire di nubi», der. di nubes «nube»] (io obnùbilo, ecc.). – annuvolare.

Nel linguaggio letterario e medico, annebbiare, offuscare, ottenebrare (la vista, la coscienza, i sensi); come intr. pron., annebbiarsi, offuscarsi: la coscienza del malato si era già obnubilata. Dunque in senso traslato, indebolire la capacità di vedere o di comprendere.

Il participio passato obnubilato, è usato anche come aggettivo: avere la mente obnubilatail cervello obnubilato.

Che mi dite di questi due? Li usate? Vi capita di vederli scritti o di sentirli?