Di quell’inverno Zlatan ricorderà poco. Ricorderà il ghiaccio, e la brina che ricopre tutto. Persino i pensieri se li ricorderà così: pensieri freddolosi, pensieri brinati. Ecco cosa gli tornerà in mente. Era uscito ad accompagnare Ajkuna: aveva fatto male, ma avrebbe fatto la stessa cosa anche in mille altre vite. (pag. 69)
L’amore e gli stracci del tempo, di Anilda Ibrahimi, Einaudi editore 2009
Ho letto questo romanzo nell’ambito del progetto di esplorazione della letteratura espressa da autori appartenenti all’area della ex Jugoslavia. Un romanzo che racconta una storia privata che assurge ad emblema di tante altre che si sono dispiegate tra le macerie lasciate dalle guerre balcaniche degli anni Novanta. La disgregazione della Jugoslavia alla morte di Tito, le rivendicazioni degli uni contro gli altri, l’orrore dell’eliminazione reciproca, Serbi contro Albanesi, Albanesi contro Serbi: un odio circolare, che tutto abbraccia e inghiotte, vittime e carnefici.
Non finirà mai Besor. Mai. Voi cercherete di fare a noi quello che noi abbiamo fatto a voi, e così all’infinito. Com’è sempre stato. (pag.53)
E, su tutta questa miseria umana, il passaggio circolare del tempo che, alleato con la guerra, ridurrà in stracci le storie che non hanno potuto sbocciare. Un tempo che viene evocato nella ballata riportata nel prologo e che rimane come un’eredità alla bambina Ajkuna, quando sarà donna: una specie di formula magica che continua a ripetersi, quando non le resterà che l’attesa. Una storia triste che non vorrà raccontare a sua figlia.
All’inizio del romanzo conosciamo due famiglie, una serba e l’altra kossovara albanese. Miloš Petrović è un giovane docente universitario di medicina che stringe un’amicizia profonda, che durerà tutta la vita, con Besor Amanti, uno studente albanese kossovaro con cui ha in comune l’amore per la poesia. Si conoscono negli anni Settanta nell’università di Belgrado e i loro destini rimarranno saldamente uniti. In quegli anni universitari Besor viene arrestato e condannato a dieci anni di prigione per avere partecipato ad una pacifica manifestazione studentesca. Miloš si fa carico di sua moglie e della figlioletta Ajkuna, portandole con la sua famiglia a Priština, la capitale della provincia autonoma del Kosovo, dove inizia ad esercitare la professione di medico. È lì che Besor è in carcere, e in questo modo sarà più facile mantenere i contatti con la famiglia.
Miloš ha un figlio, Zlatan, di pochi anni più grande di Ajkuna; i due ragazzini crescono insieme, condividendo i giochi e l’amore delle due madri, Slavica e Donika, che divengono amiche, perché a loro il fatto di essere l’una serba e l’altra albanese non importa. Tra il piccolo Zlatan e Ajkuna nasce un legame profondo che, col passare degli anni, si trasforma in amore. Un sentimento che si scontra con l’inizio dei combattimenti, con l’arruolamento forzato di Zlatan e il travagliato destino di entrambi. Un amore che in una lunga notte dell’ultimo dell’anno esprime la promessa dei due giovani di aspettarsi sempre.
La guerra divide i due giovani che, con percorsi diversi, giungono nei campi profughi e poi da lì vengono avviati verso altri paesi per richiedere asilo politico. Mentre Zlatan, portato in salvo dalle vittime di un assalto dopo essersi ribellato all’ennesimo stupro etnico di gruppo, alla fine giunge in Italia, Ajkuna, separata dai genitori e dai fratelli, termina il suo percorso in Svizzera. Nei primi mesi del travagliato passaggio nei centri di accoglienza hanno un grande rilievo le persone che, sia in Italia che in Svizzera, li aiutano materialmente ma anche nel loro percorso di consapevolezza emotiva: le due volontarie Ines e Jacqueline.
Ma se Jacqueline è guidata quasi da un istinto materno di protezione nei confronti di Ajkuna, tra Ines e Zlatan i sentimenti assumono una natura diversa perché, nonostante Zlatan continui a cercare Ajkuna tramite la Croce Rossa, si lega sempre più a Ines.
Gli anni trascorrono e le ricerche di Zlatan continuano a dare esito negativo, anche perché le organizzazioni cercano di proteggere i rifugiati: in fondo, lui è serbo e lei kosovara….
Ajkuna ha avuto una figlia, al suo arrivo in Svizzera, ma ci vorranno dieci anni prima che Zlatan possa trovarle; nel frattempo, anche Ines aspetta un figlio da Zlatan. Come sempre, la vita non è mai una strada dritta e ad ogni curva, si prospetta una scelta. Ma il tempo che trascorre e tutto quello che accade in esso, non lasciano le persone uguali a come le abbiamo conosciute prime. La guerra ha dato un altro significato alle promesse. Quale sarà la scelta di Zlatan di fronte a questa doppia paternità? E quali dei due amori potranno continuare a riempire la sua vita?
Il tema della paternità ha un ruolo centrale in tutto il romanzo; lo vediamo sviluppato attraverso le figure di Miloš e Besor e diventa ancora più complesso con Zlatan.
La cifra stilistica di Ibrahimi è una scrittura diretta, che evita toni epici e sentimentalismi, ma che possiede una grande forza espressiva (va ricordato che per Ibrahimi l’italiano è lingua di adozione, anche perché non lo si percepisce per niente, non sapendolo). Non vi è mai retorica nella narrazione; anche negli episodi più crudi non c’è compiacimento, né rancore o sarcasmo, ma una asciuttezza di linguaggio che mantiene il distacco.
L’amore e gli stracci del tempo è un bel romanzo che offre numerosi spunti di riflessione; affronta senza retorica e senza prendere posizioni il tema della guerra che ha insanguinato i Balcani ma, ancor più, mette in luce quali conseguenze essa porti nelle vite delle persone. Perché se il conflitto, alla fine, si è concluso, lo stesso non si può dire per le ferite che ha lasciato.

Anilda Ibrahimi è nata a Valona, Albania, nel 1972. Ha studiato letteratura a Tirana. Nel 1994 ha lasciato l’Albania, trasferendosi prima in Svizzera e poi, dal 1997, in Italia. Il suo primo romanzo Rosso come una sposa è uscito presso Einaudi nel 2008 e ha vinto i premi Edoardo Kihlgren – Città di Milano, Corrado Alvaro, Città di Penne, Giuseppe Antonio Arena. Per Einaudi ha pubblicato anche il suo secondo romanzo L’amore e gli stracci del tempo (2009 e 2011, di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici, premio Paralup della Fondazione Nuto Revelli). Nel 2012 ha pubblicato, sempre per Einaudi, Non c’è dolcezza.
Trovo molto interessanti le tue riflessioni sullo stile di Ibrahimi e sul passaggio circolare del tempo: hai colto appieno l’essenza di questo romanzo che non si lascia facilmente dimenticare. Chapeau!
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Grazie Benny; si, è l’aspetto che più mi ha colpito, dal punto di vista stilistico. Rende il romanzo più unico, perché la storia potrebbe essere come tante altre, ma la differenza la fa la scrittura.
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concordo col il verbo leggere! ma le tue recensioni sono se,pre speciali!!
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Grazie Matilde!
p.s. che bella la nuova foto del profilo!!
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Ma grazie fresca di giornata!!
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