Sempre leggendo Fellowship Point di Alice Elliott Dark, tra le tante citazioni sparse qua e là, mi sono imbattuta in una poesia che non avevo mai letto. Si tratta di «Solo per dirti» di William Carlos Williams, scritta nel 1934. La poesia è citata anche in “Paterson” l’ultimo film di Jim Jarmusch (a proposito, avete mai visto Daunbailo? ve lo racconto qui, imperdibile!!).

Nel 1915 Williams entrò a far parte di un gruppo di scrittori e artisti, tra cui Man Ray e Marcel Duchamp, conosciuto con il nome “The Others” (cioè Gli altri); è considerato un esponente del modernismo letterario e di una corrente chiamata “imagismo“. Tenne delle lezioni di poesia al Reed College, dove, tra i suoi studenti, ci fu anche il poeta beat Allen Ginsberg, tanto che la prefazione alla famosa raccolta di Ginsberg Urlo è di Williams. Per tutta la vita Williams lavorò come medico e dal 1924 alla morte diresse il reparto di pediatria dell’ospedale di Passaic, nel New Jersey. Dopo la morte, nel 1963 gli fu assegnato il premio Pulitzer per la poesia per la raccolta Immagini da Bruegel e altre poesie.

Questa è la poesia:

This Is Just To Say

«I have eaten
the plums
that were in
the icebox

and which
you were probably
saving
for breakfast

Forgive me
they were delicious
so sweet
and so cold»

Traduzione:

Solo per dirti

«Ho mangiato io
le prugne
che erano
in frigorifero

e che tu
probabilmente
avevi tenuto da parte
per colazione

Scusami
ma erano deliziose
così dolci
e così fredde».

Solo per dirti è scritta come se fosse un biglietto lasciato dal poeta sul tavolo della propria cucina, indirizzato alla moglie. Non ha punteggiatura e per questo la lettera maiuscola all’inizio della terza strofa serve a dare il tono all’intero componimento. La moglie di Williams, Florence, rispose alla poesia con un messaggio che poi lui incluse nel manoscritto Detail & Parody for the poem Paterson, mai pubblicato; in questo modo è come se Williams avesse trasformato la risposta di sua moglie a sua volta in una poesia. Il messaggio di Florence Williams è un elenco delle cose che la donna ha lasciato in cucina per il marito:

Dear Bill: I’ve made a
couple of sandwiches for you.
In the ice-box you’ll find
blue-berries–a cup of grapefruit
a glass of cold coffee.

On the stove is the tea-pot
with enough tea leaves
for you to make tea if you
prefer–Just light the gas–
boil the water and put it in the tea

Plenty of bread in the bread-box
and butter and eggs–
I didn’t know just what to
make for you. Several people
called up about office hours–

See you later. Love. Floss.

Please switch off the telephone.

Traduzione:

Caro Bill: ho fatto un
un paio di panini per te.
Nella ghiacciaia troverai
mirtilli: una tazza di pompelmo
un bicchiere di caffè freddo.

Sul fornello c’è la teiera
con abbastanza foglie di tè
per te per preparare il tè se
preferisci… accendi solo il gas…
fai bollire l’acqua e mettila nel tè

Pane in abbondanza nella cassetta del pane
e burro e uova…
Non sapevo cosa
fare per te. Molte persone
hanno chiamato per l’orario d’ufficio…

Ci vediamo dopo. Ti amo. Floss.

Per favore, spegni il telefono.

Paterson è un lungo poema diviso in 5 libri pubblicato da William Carlos Williams a partire dal 1946, ovvero la biografia di una città della periferia industriale degli Stati Uniti e, in parallelo, la storia di un essere umano. Le vecchie filande in mattoni rossi, la Union Works, tra Spruce Street e Market Street, le Grandi Cascate del fiume Passaic di Paterson, il deposito degli autobus di Paterson, gli incroci delle strade: una geografia fisica ed emotiva.

Paterson, distante una decina di chilometri dal suo luogo di nascita, è il luogo scelto per descrivere le contraddizioni degli abitanti di una tipica cittadina, le gioie e i dolori della modernità tanto attesa e desiderata. La cittadina del New Jersey ha però una caratteristica che incide sul lato emotivo dei suoi abitanti: le numerose cascate (il loro rumore fa da sfondo anche nel finale del film di Jarmusch). La caduta impetuosa delle acque si accompagna a suoni confusi che dobbiamo ancora imparare a decifrare, un linguaggio che abbiamo tempo di scoprire, comprendere, prima che riprenda il suo corso a valle ritornando dunque silenzioso.

Nel finale del film Paterson, l’uomo giapponese che siede accanto all’autista di autobus interpretato da Adam Driver di fronte alle cascate del fiume Passaic porta con sé una copia del poema di Williams e dice di aver viaggiato da Osaka fino a Paterson, New Jersey, per vedere la città dell’autore e di un altro grande poeta: Allen Ginsberg. Questo turista vede nella provincia americana, e in particolare nella città della seta (silk city, com’era chiamata nel XIX secolo, quando aveva un ruolo molto rilevante nella rivoluzione industriale statunitense e vi si produceva una seta rinomata) ciò che di essa scrivono i suoi poeti. Mentre l’autista autoctono ne ha esperienza diretta, guida il bus tra le sue strade sonnecchiose, vi porta a spasso il cane, frequenta regolarmente il suo bar. E solo poi, ne scrive in versi. Tant’è che alla domanda posta dall’uomo orientale, che gli chiede se sia o meno un poeta di Paterson, New Jersey, lui risponde di essere soltanto un autista di autobus.