Quando dovevo dirti qualcosa non riuscivo mai a sostenere i tuoi occhi, mi fermavo all’altezza della bocca. Con il passare degli anni il tuo sguardo mi pesava addosso e lo sentivo crescere e montare di sentimenti che non esplodevano mai. Avrei voluto chiederti perché sembravi sempre triste, ma non ne ero capace. Nella mia testa avevo sviluppato l’idea che parlassi poco perché avessi poco da dire, ma questa spiegazione non bastava a tranquillizzarmi. Mi pareva che non fossimo mai nello stesso luogo allo stesso momento. La mamma ti incastrava in lunghi discorsi ma parlava da sola, il babbo invece continuava a fare finta che non esistessi.
Parlami, pag. 49
Parlami, di Francesco Zani, Fazi editore 2023, pp. 174
Come suggerisce Zani attraverso la citazione in esergo del Cerutti Gino di Giorgio Gaber, questo romanzo racconta una storia come tante, di una famiglia come tante e di una provincia costiera che vive due vite: una estiva di spiagge affollate di ombrelloni e bagnanti, di ritmi di lavoro serrati, e una invernale di stabilimenti chiusi, lavori di restauro e ritmi lenti. Sempre per via dell’altra citazione in esergo, a firma di Pier Paolo Pasolini, abbiamo un altro indizio: la voce narrante è spinta da un’urgenza interiore, da un sentimento di nostalgia per ciò che era, che avrebbe potuto continuare ad essere e che invece non è più. La forma di un vuoto, di un’assenza. Una narrazione intimistica, che si esprime attraverso una forma di scrittura quasi epistolare: una lunga lettera o le pagine di un diario rivolte al fratello assente.

Gabriel García Márquez diceva che “Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai.” e così accade nella famiglia protagonista, e quel qualcuno è il secondo figlio, Alessandro detto Gullit, soprannome scelto per lui dal fratello tifoso sfegatato del giocatore del Milan. Alessandro nasce in una famiglia che vive a Cesenatico e gestisce uno stabilimento balneare, il Beatles. Il padre burbero e interessato solo a fare soldi, a cui piace stare in mezzo ai villeggianti, un po’ pavoneggiandosi, la madre insoddisfatta del lavoro faticoso che la costringe a ritmi serrati e a concedersi qualche bicchiere di troppo per stare dietro a tutto, e un fratello maggiore sensibile. Fin da piccolo Alessandro appare chiuso in se stesso, un bambino trincerato dietro un muro di silenzio, che pronuncia solo qualche parola col fratello, che sembra non interessarsi a niente; un mutismo selettivo che lo accompagnerà per tutta la breve esistenza.
Il trascorrere del tempo scandito dalle date a inizio capitolo fluisce attraverso episodi e ricordi: Gullit che cresce e esplora a suo modo ciò che è altro da sé, che guarda tutto con gli occhi di un bambino, anche quando non lo sarà più, che si attiene alla sua logica, al suo modo di vedere il mondo. Un bambino di cui il padre sembra quasi vergognarsi e per il quale la madre è in costante ansia; un fratello protettivo che ne rispetta tempi e modi e cerca di avvicinarlo agli altri, una tata che lo coccola. Nonostante i tentativi delle maestre di evidenziare le difficoltà di Alessandro a legare con i compagni, con i quali non parla, i genitori, forse troppo assorbiti da un lavoro che non lascia spazio a niente, trascurano il problema, pensando che crescendo si risolverà, o forse credendo che se un problema lo si ignora, esso smette di esistere.
Provavi dolore per tutto quello che ti succedeva intorno, era come se non avessi la pelle ma sentissi ogni cosa direttamente nei nervi, nelle vene e nelle ossa. Soffrivi perché le persone parlavano così di quei due ragazzi, soffrivi per la mamma che non riusciva a comunicare con il babbo e per lui che faceva finta che tu non esistessi. Soffrivi per il dolore piccolo, quello minuto che si infilava nella vita delle persone e le scuoteva un poco alla volta, soffrivi per l’infelicità di tutti i giorni. Sapevi di non poterla sconfiggere e nemmeno combattere, per questo ti stendeva. Una notte il babbo ti aveva trovato in salotto che fissavi il vuoto ed era rimasto lì accanto, senza dire nulla. Per la prima volta aveva riconosciuto in te qualcosa di lui.
Parlami, pag.52
Seguiamo la parabola della famiglia di Alessandro che, come molti imprenditori romagnoli, si industria per allargare il giro d’affari, comprando un altro bagno, poi un ristorante, un albergo, anche a costo di mettersi in qualche giro strano. Anche a costo di litigare fra loro, di allontanarsi sempre di più in una spirale di incomunicabilità, un circolo vizioso di ripicche, incomprensioni, male parole. Intanto Alessandro alias Gullit cresce e decide che non vuole più andare a scuola ma lavorare al bagno Beatles, dove gli piace rastrellare la sabbia, spostare ombrelloni e sdraio, dove si sente parte di qualcosa. Ma è proprio al bagno che Alessandro tocca con mano un aspetto torbido del lavoro di suo padre, l’impiego di manovalanza edile straniera quasi schiavizzata dal classico caporale. Una realtà che colpisce la sensibilità e l’innocenza di Alessandro, il suo metro di giudizio basato sulla giustizia, a tal punto da farsi coinvolgere in una fuga dall’esito fatale.
Se Alessandro era stato fino ad allora l’elemento aggregante delle dinamiche familiari, il perno attorno a cui si sviluppava il ménage domestico, la sua scomparsa manda tutto in frantumi, come uno specchio colpito da un sasso che si sbriciola e può solo rimandare un’immagine fratta, impossibile da ricomporre. Ognuno proverà a riavviare la propria vita in solitaria, ciascuno solo con i proprio ricordi e rimpianti, con la nostalgia e il senso di perdita irrimediabile, quello che si patisce quando si hanno rimorsi più che ricordi felici. Quando si è rincorso un appagamento illusorio trascurando gli affetti.
Cesenatico manteneva salda la tradizione del legame con Giuseppe Garibaldi e la prima domenica di agosto festeggiava l’anniversario della sua partenza dal Porto Canale verso Venezia. Il sindaco e le autorità si spingevano al largo a bordo di motonavi e barche antiche con le vele al terzo, lanciando corone di fiori tra le onde. Resistevano le celebrazioni con anziani in camicia rossa a marciare davanti alla vecchia casa sul porto dove riposò Anita Garibaldi. L’antico eroe della città regalava un’occasione in più per fare festa e rimanere in spiaggia da mattina a sera in attesa dello spettacolo dei fuochi d’artificio sull’acqua.
Parlami, pag.75
Intorno a loro le atmosfere tipiche delle località vacanziere romagnole: le spiagge affollate di ombrelloni e villeggianti, le feste, le piadine, gli episodi iconici – come i versi recitati da Dario Fo, o la morte di Marco Pantani -, ma anche il lavoro in nero e lo sfruttamento degli immigrati. Un racconto che si sviluppa a partire dal 1990 per arrivare fino ai giorni nostri.
Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Francesco Zani è nato a Cesena nel 1991. Dopo la laurea in Filosofia, ha studiato Editoria presso l’università La Sapienza di Roma. Ha lavorato e scritto per la televisione e adesso si occupa di comunicazione. Parlami è il suo primo romanzo.

Sfondo usato nella composizione di copertina: credits Edgar Chaparro