Le ultime dodici ore passarono davanti ai miei occhi confuse, senza un ordine logico, come un romanzo di Proust o di Joyce. L’avventura in auto insieme a Moco attraverso la bocca del lupo. Il volto della Pringlin contratto per la furia. La paura nascosta di Manu, travestita da autorità. Gli sforzi di Carlos per fermare tutto, per salvarci da noi stessi. In una sola notte erano successe così tante cose che risultava difficile rievocarle tutte, o persino dar loro un senso. (pag. 293)

La notte degli spilli, di Santiago Roncagliolo, Keller editore 2020, traduzione di Angela Lorenzini, pagg. 454

Prima di entrare nel merito della trama, dello stile, prima di presentarvi una recensione che descriva questo romanzo, devo darvi un’avvertenza: questo libro crea dipendenza. Cioè, se decidete di leggerlo – e io ve lo consiglio fortemente – sappiate che dovrete scegliere; ma fatelo prima di cominciare la lettura, mi raccomando, perché una volta iniziata, non sarete più in grado di farlo. Quando inizierete la lettura, tutto il resto potrà attendere. Si sale su un direttissimo, non su un locale che fa mille fermate: si sale alla partenza e si scende alla destinazione d’arrivo, cioè l’ultima pagina.

Bene, ora che mi sono tolta il peso di avvisarvi, passiamo al romanzo.

Protagonisti di questo romanzo di formazione sono quattro adolescenti, compagni di classe in una scuola religiosa maschile di Lima: una istituzione retta dai gesuiti, con disciplina e rigore quasi  militareschi, situata in un quartiere residenziale che è una specie di isola protetta dal resto dei quartieri poveri. Un mondo chiuso, con il preciso scopo di formare la classe dirigente borghese del paese, soprattutto nel momento storico – siamo negli anni Novanta – che il Paese sta vivendo. Un microcosmo che è metafora della società che lo esprime. Dal punto di vista degli adolescenti, un luogo di frustrazione e repressione, abbarbicato ai suoi principi educativi, che in realtà divengono dei moltiplicatori delle idiosincrasie classiche dell’età adolescenziale. Espressione della società che rappresenta e forma – in un loop senza soluzione di continuità.

In fin dei conti, in seconda superiore ci restava ancora molto da scoprire. Nella Lima del 1992 sapevamo poco della vita. E la vita sapeva poco di noi. (..) Nell’istituto maschile La Inmaculada, pascolati dai sacerdoti gesuiti, eravamo circa duemila aspiranti inseminatori stipati come in una gigantesca pentola a pressione piena di ormoni. (pag.19)

La narrazione è strutturata per capitoli brevi alternati, in cui ciascun protagonista diventa narratore e fornisce la sua versione dei fatti, seguendo l’ordine temporale di successione degli eventi. Il racconto però avviene a distanza di tempo, dopo vent’anni, quando ormai i protagonisti sono adulti e rievocano quel momento cruciale delle loro vite. L’assetto corale, le diverse voci, le prospettive personali degli eventi danno quindi molto dinamismo e fluidità, nonché varietà alla storia e permettono di entrare a fondo nelle vite e nelle personalità di ciascuno di loro.

Inoltre, ciò che fa la differenza e rende questo romanzo altamente godibile, è il ritmo incalzante, a tratti vertiginoso, della narrazione, con massicce dosi di suspence, capitoli brevi amministrati con un sapiente uso dei cliffhanger che spingono il lettore a divorare le pagine. La prosa è fluida, il linguaggio è quello degli adolescenti, triviale, sarcastico, difensivo – il bullismo tra gli studenti è una molla potente – specchio delle loro ossessioni giovanili, prima tra tutte quella per il sesso, che già di per sé, a questa età, costituisce la prevalente curiosità e che viene maggiormente amplificata dalla repressiva educazione cattolica.

Conosciamo così i quattro protagonisti: Carlos, Manu, Beto e Moco. Sono molto diversi tra loro, per personalità, interessi e storia familiare, ma sono accomunati dal fatto di appartenere alla classe media bianca, di avere – con specificità diverse – delle famiglie disfunzionali, difficoltà di socializzazione – appartengono al gruppo degli emarginati, degli invisibili, spesso vittime dei bulli – ma soprattutto condividono l’odio per la loro insegnante tutor, la famigerata signorina Pringlin, perfetta espressione dei sistemi educativi dell’istituto.

I quattro ragazzi non appartengono all’élite della società, ma godono di una vita relativamente confortevole se confrontata al paesaggio urbano e alle condizioni di vita della stragrande maggioranza dei loro concittadini. Piccole isole di relativo benessere contrapposte ad estese baraccopoli, in un Paese insicuro e instabile. E Roncagliolo è bravissimo ad amalgamare nel romanzo il quadro della società e delle tensioni viste dalla prospettiva di un gruppo di adolescenti, che subisce gli effetti devastanti di questo clima, in modo spesso inconsapevole, con poche informazioni disponibili, se non la tv di stato, che fornisce un’informazione addomesticata e asservita alla propaganda. Lontani da venire internet e telefonini, le fonti di informazione sono pressoché assenti.

Lima attentato

Il terrorismo di Sendero Luminoso semina il caos a Lima: bombe, sabotaggi, rapimenti, seguiti dalle azioni cruente di contrasto del governo. La criminalità comune che rende insicure le strade cittadine, le ronde notturne delle forze di polizia in cui non è piacevole incappare, la repressione, insomma un clima davvero pesante.

Il collegio dei gesuiti riflette, nella sua organizzazione, questo clima e la signorina Pringlin, fredda e autoritaria, è la sua icona più visibile. Carlos, Manu, Beto e Moco la odiano in modo viscerale e crescente in modo proporzionale al sadismo delle sue punizioni. Totalmente incapace di stabilire un rapporto con loro, priva della seppur minima dose di empatia necessaria ad un insegnante per entrare in contatto con i suoi allievi, incarna la tipica insegnante che esercita il potere castrante sentendosi investita di un compito quasi divino di dover raddrizzare questi debosciati ragazzacci.

Dopo una giornata tesissima, in cui gli eventi precipitano a causa di uno scontro aperto con l’insegnante che coinvolge le loro famiglie, i quattro, guidati da Manu che si è assunto il ruolo di capo, decidono di punire la donna con un’azione dimostrativa. Il loro progetto prevede di introdursi a casa sua di notte procurando qualche danno, tipo rompere mobili, imbrattare le pareti e l’auto, ma il destino non collabora. Lei li scopre, li riconosce e, a quel punto, i quattro non hanno altra alternativa se non prenderla in ostaggio, facendo così peggiorare la loro situazione, e mettendoli in una posizione rischiosissima. In questa fase della storia la tensione è altissima: la situazione che si è venuta a creare, sfuggendo al loro controllo, richiederebbe freddezza e cinismo, doti che i ragazzi ostentano ma che in realtà nascondono insicurezza e paura. Non sono dei criminali incalliti, hanno visto tanti film d’azione, ma la realtà non è mai come nei film. La pressione emotiva, il peso di ciò che stanno facendo e delle inevitabili ripercussioni sulle loro vite, generano contrasti tra di loro e le alleanze che sembravano più solide si allentano, in un continuo cambio di ruoli nella gestione della situazione, fino al climax finale.

La notte degli spilli può essere letto come un thriller – ne possiede molte caratteristiche – ma l’intrigo non è un semplice espediente narrativo per tenere alta la tensione e pungolare la curiosità del lettore, bensì un’onda magnetica, una continua scarica di elettricità che sprigiona scintille e che l’autore manovra con intelligenza, tenendo il lettore incollato alla trama e nello stesso tempo puntando l’attenzione da un lato sul quadro socio-politico in cui l’avventura dei ragazzi matura – che è uno dei tratti essenziali e dei pregi di questa opera narrativa – e dall’altro sulla crisi adolescenziale che vivono i quattro protagonisti.

Anche se il romanzo scorre via veloce sostenuto da una buona dose di umorismo e ironia, è fondamentalmente un episodio drammatico che cambierà per sempre le loro vite, un’avventura malsana, un rito di iniziazione dopo il quale non saranno più gli stessi e che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Questi giorni cruciali delle loro vite si iscrivono in un preciso momento storico del Perù, segnato dalla violenta contrapposizione tra il governo e la guerriglia di Sendero Luminoso, in un clima teso funestato da attentati, coprifuoco, sparizioni, con la paura di essere dilaniati da un’esplosione o considerati terroristi, imprigionati e torturati, con la sensazione generale che il Paese possa crollare da un momento all’altro nel caos, con le autorità che altro non fanno se non aggiungere più violenza alla violenza.

Perù Sendero-Luminoso

La notte degli spilli è un titolo bellissimo e inquietante che rievoca la tristemente famosa “Notte delle matite”, uno degli episodi più tragici della dittatura militare argentina, responsabile della scomparsa di 30.000 presunti “sovversivi”. La “Notte delle matite” era il nome in codice di un’operazione clandestina pensata per identificare e rapire i leader del ramo studentesco del “peronismo rivoluzionario”. Era il 1976. Santiago Roncagliolo (Lima, 1975) costruisce la trama del suo romanzo in Perù nel 1991, poco prima della cattura di Abimael Guzmán, leader della guerriglia maoista Sendero Luminoso. Tra il 1980 e il 1992, il Perù ha subito una guerra non dichiarata che ha ucciso quasi 50.000 persone.

Il governo Fujimori ha gareggiato crudelmente con i guerriglieri, impiegando i metodi della “guerra sporca”, mentre saccheggiava le casse pubbliche. Il conflitto riecheggia continuamente nel romanzo di Roncagliolo – coinvolgendo la famiglia di Manu in modo diretto – ed è facile intuire che le avventure di Manu, Carlos, Moco e Beto sono una metafora della storia recente del Perù, straordinariamente simile a quella di altri paesi di una regione segnata da corruzione e disuguaglianza. Roncagliolo ha trattato questi temi anche nei romanzi La cuarta espada e Abril rojo, vincitore del Premio Alfagura del 2006. Santiago Roncagliolo racconta il passato del Perù, senza moralismi o prese di posizione.

La notte degli spilli è un ottimo romanzo, con una prosa fluida, un ritmo vertiginoso e personaggi molto umani. Avere quindici anni non è mai facile, e nelle pagine del romanzo emergono le debolezze, le aspirazioni, le difficoltà di accettarsi per quello che si è , senza temere i giudizi della famiglia, degli amici e dei nemici, che ammorbano questa difficile età di passaggio. A volte è meglio non ricordare cosa si è fatto a quell’età, ma in realtà quello è proprio il momento in cui ci si proietta verso il futuro e difficilmente non se ne sarà cambiati. I personaggi sono assolutamente a fuoco, rappresentativi delle diverse caratteristiche che definiscono gli adolescenti, ma non in modo stereotipato, anzi con grande credibilità, a volte crudezza, ma anche con tanta tenerezza. Difficile dimenticare questi quattro ragazzi, e sono sicura che molti lettori ritroveranno parte di sé e delle proprie inquietudini giovanili.

Qui potete leggere l’incipit.

Santiago Roncagliolo (Lima, 1975) è uno dei romanzieri di lingua spagnola più noti a livello internazionale. Con la sua produzione ha toccato vari generi dal giallo al romanzo psicologico, utilizzandoli sempre per sondare in profondità l’essere umano e il suo rapporto con la società. La rivista «Granta» lo ha indicato come uno dei migliori scrittori della sua generazione, il «Wall Street Journal» lo ha indicato come uno degli eredi di García Márquez mentre il «The Guardian» ha selezionato il suo I delitti della settimana santa – uscito in Italia per Garzanti – come uno dei grandi romanzi sul Perù. Tra i suoi libri editi in italiano anche Crescere è un mestiere triste (Keller).