«Cosa hai imparato?» È una domanda così professionale che trattengo a stento un sorriso. «Tutti vengono colti di sorpresa dalla morte, il che è un po’ ridicolo, se ci pensi. Non è propriamente una rivelazione inattesa. Ma penso che mi abbia davvero colpito constatare quanta gente non riesce a vedere la forma della vita che ha vissuto finché non è prossima alla fine. Rendo l’idea?» Wyatt annuisce. «Certo che sì. Finché non cominci a costruire la tua tomba, non ti rendi conto che sei tu quello che ci finirà dentro». «La vita e la morte sono due facce della stessa medaglia», dico, e girandomi vedo che mi sta fissando di nuovo. «Cosa c’è?» «Stavo solo pensando che forse non hai mai abbandonato i tuoi studi, dopotutto». (Pag. 91)

Il Libro delle Due Vie, di Jodi Piaoult, Fazi editore 2021, traduzione di Lucia Corradini Caspani, pagg. 486

Dieci anni fa, quando il figlio di Jodi Picoult si stava laureando in Egittologia a Yale, tradusse il “Libro delle due vie”, la prima mappa conosciuta dell’aldilà. Picoult racconta: “Gli sono passata accanto, ho guardato il titolo e ho detto: ‘Grande nome per un romanzo’“. Dopo avere approfondito il senso e il contenuto del libro, ha scoperto che il testo mistico riguardava tutte le scelte: “Il defunto poteva prendere una strada di terra o una via d’acqua per arrivare al campo delle offerte, che è l’antica versione egiziana del paradiso. Non importa quale strada hai preso, sei finito dove dovevi essere.”

Pierre Lacau pubblicò il Libro delle Due Vie come facente parte dei Testi dei Sarcofagi, al Cairo, nel 1904 e nel 1906, ma la maggior parte di quei testi non sono mai stati pubblicati come sarcofagi». Via via che prendevo confidenza con il mio argomento preferito, le parole mi venivano più veloci. «Voglio scrivere sull’iconografia. Non si può guardare la mappa del Libro delle Due Vie senza pensare al sarcofago come a un microcosmo dell’universo. Immaginate che il lato frontale del sarcofago sia l’orizzonte orientale. Il retro è l’orizzonte occidentale. Il fondo è l’oltretomba, con la sua mappa. Il coperchio è Nut, la dea del cielo, ed entrare nel sarcofago è come tornare nel suo grembo, rinascendo dal sarcofago nell’aldilà. La mummia riempie tutto lo spazio tra cielo e terra». (Pag. 25)

L’idea del Libro ha continuato a sedimentare e germogliare nel suo immaginario, costruendo a poco a poco l’impalcatura di quello che sarebbe poi diventato il romanzo che oggi leggiamo.

Il libro dei due sentieri scoperto in Egitto

Ma partiamo dall’ incipit della storia. Siamo su un aereo con Dawn Edelstein MsDowell quando il suo destino cambia in un attimo. Mentre tutto sembra procedere normalmente, l’assistente di volo fa un annuncio drammatico: prepararsi per un atterraggio di emergenza. Nei pochi momenti che precedono l’impatto, Dawn si fa forza mentre i pensieri le balenano nella mente. In queste situazioni  si dice che ti passi davanti tutta la tua vita in un attimo, che la mente si aggrappi alle persone amate, ma la cosa che le appare come scioccante è che i suoi pensieri non sono per il marito, ma per un uomo che ha visto l’ultima volta quindici anni fa: Wyatt Armstrong.

Dawn, miracolosamente, sopravvive allo schianto, ma anche tutti i dubbi che sono sorti all’improvviso in quegli attimi frenetici sopravvivono e sono lì come dei macigni ad obbligarla a porsi delle domande. Guardandosi indietro, può dire di avere condotto una buona vita; ha vissuto dei lutti da giovane che l’hanno costretta a fare delle scelte ma ora, di ritorno a Boston, l’aspettano suo marito, Brian, la loro amata figlia Meret, e il suo lavoro come doula di fine vita (sfidando le superstizioni della madre irlandese), mestiere in cui aiuta ad alleviare il passaggio tra la vita e la morte per i suoi clienti.

Dopo l’atterraggio di fortuna, la compagnia aerea si assicura che i sopravvissuti vengano visitati da un medico, quindi offre loro il trasporto verso qualsiasi destinazione desiderino andare. La destinazione ovvia sarebbe volare a casa, ma Dawn sa che potrebbe prendere un’altra strada: tornare al sito archeologico in Egitto che ha lasciato anni prima, riconnettersi con Wyatt e la loro storia irrisolta, e forse anche completare la sua ricerca su Il Libro delle Due Vie.

Da giovane Dawn è stata una promettente egittologa, determinata a scoprire i segreti del Libro delle due vie; scelta per le sue competenze e capacità, aveva collaborato ad un progetto sul sito archeologico in Egitto dove l’università di Yale stava effettuando ricerche. Ed era esattamente lì che aveva conosciuto Wyatt. Tra loro si era instaurata una relazione di odio-ammirazione, spinta da una forte competitività tra di loro. Wyatt, inglese di nobili origini, sicuro di sé, si era guadagnato la stima e la fiducia del professor Dumphries; ma le competenze e l’intuito di Dawn lo stavano mettendo in ombra. Finché la sorte non decise che i loro due destini dovevano unirsi.

Poi la vita – o meglio la morte – l’aveva messa di fronte ad una scelta obbligata, costringendola a rinunciare alle sue aspirazioni. Ora svolge la professione di doula di fine vita, colei che sostiene le persone durante il passaggio dalla vita alla morte. Tra i due periodi della sua vita si scatena l’imprevedibilità della vita, a cui ognuno è soggetto, quella forza che trasforma un percorso apparentemente già scritto in una storia completamente nuova.

Con la sua ultima paziente, Winifred, vive uno stretto legame mentre condividono i racconti del loro passato. Win la prega di andare in Inghilterra per consegnare una lettera a un uomo che un tempo amava, un uomo che aveva perso molti anni prima. Dawn obbedisce, ma dopo aver visto quest’uomo con la sua famiglia, questa è una richiesta che trova impossibile da esaudire. Decide di non tornare a casa e invece vola in Egitto. Dawn è molto confusa su quale sia il suo posto – specialmente dopo aver creduto che Brian le sia stato infedele -; si chiede come vuole vivere il resto della sua vita. Il destino le offre un’altra possibilità per continuare il suo sogno di tanto tempo fa? L’Egitto, gli scavi e la ricerca e la sua storia la attirano a tornare, così come Wyatt, il ragazzo che è stato il suo primo amore; ma a casa ci sono molti quesiti aperti, sia con il marito Brian che con sua figlia Meret. Il suo cuore la convince a finire ciò che lei e Wyatt hanno iniziato. Con i suoi dubbi su Brian, deciderà che è destinata a stare con Wyatt o tornerà da Brian?

Il romanzo si sviluppa alternando capitoli nel presente ad altri che ripercorrono gli eventi di quindici anni prima, spostandosi geograficamente tra i due soggiorni in Egitto – passato e presente – e la vita a Boston – passato e presente, permettendo al lettore di ricostruire le tessere della vita di Dawn fino a formare un quadro chiaro. All’inizio ci si può sentire confusi, ma le indicazioni fornite dai titoli dei capitoli aiutano a districarsi: “Acqua/Boston” e “Terra/Egitto”, laddove, oltre all’indicazione geografica, forniscono un indizio legato al Libro delle Due Vie, Acqua e Terra, percorsi alternativi verso l’aldilà nella mitologia egizia.

Prende forma dunque una struttura binaria in cui i due possibili futuri di Dawn si snodano fianco a fianco, come una specie di sliding doors, tra due possibili vite se certe scelte non fossero state prese. E non tutto è realmente come sembra; uno sfasamento della realtà, come un piano parallelo, basta a fare cambiare direzione ad una vita? E se le cose fossero andate in un altro modo? Dawn deve affrontare i segreti e i dubbi della sua esistenza e le domande che non si è mai posta veramente: che aspetto ha una vita ben vissuta? Cosa ci aspettiamo dalle persone intorno a noi? Quando lasciamo questa terra, cosa ci lasciamo alle spalle? Facciamo delle scelte. . . o le subiamo? E chi saresti se non fossi diventato la persona che sei adesso? Il nocciolo del romanzo ruota attorno alle scelte, alla nostra mortalità, alle cose che ci lasciamo alle spalle e ai rimpianti che ci rimangono.

La pesatura del cuore: il momento del Giudizio Divino

Picoult lavora su molte informazioni provenienti da una varietà di discipline – dall’arte alla scienza alla storia – con un focus sull’egittologia. C’è una forte inclinazione accademica in questo libro, che mescola insieme quesiti di scienze umane e filosofia, ad altri di egittologia e di fisica; l’autrice entra nei dettagli riguardanti la fisica quantistica, la materia di Brian, la storia dell’Egitto e i geroglifici, inserendo nel testo anche le immagini e le spiegazioni della scrittura. Anche sul lavoro di doula troviamo ampi capitoli di spiegazioni riguardanti i doveri e le preoccupazioni di chi ha questo ruolo.

Ma a volte le lunghe lezioni sembrano abbastanza separate dalla storia. Risulta evidente lo sforzo di Picoult per legare queste lunghe discussioni alla sua narrativa, ma a volte la connessione con la trama diventa piuttosto tenue e non è chiaro quale valore dovrebbe derivare separatamente dalla lezione di storia o di fisica che viene esposta. A volte queste parti fanno sembrare che il libro rallenti e fanno un po’ desiderare di tornare al focus della storia che lega i protagonisti: le strazianti scelte morali, le complicate dinamiche familiari, il profondo tuffo nelle questioni etiche, le domande sulle seconde possibilità, sull’aver preso le decisioni giuste e sull’implacabile finitezza della vita.

Qui potete leggere l’incipit.

Dopo gli studi di scrittura creativa a Princeton, Jodi Picoult ha lavorato come copywriter, editor ed insegnante di inglese. Nel 2003 ha vinto il New England Bookseller Award for Fiction e nel 2005 il Premio Alex con My Sister’s Keeper. È sposata con Tim Van Leer, conosciuto a Princeton, dal quale ha avuto tre figli, Samantha, Kyle e Jake. Vivono ad Hanover (New Hampshire), assieme a tre cani ed altri animali. Il romanzo La custode di mia sorella del 2004, da cui è stato tratto omonimo adattamento cinematografico, le ha dato molta notorietà. Ha scritto diversi romanzi, divenuti best sellers.