È così pura questa
gioia fatta di luce e d’aria: questa
serenità ch’è d’ogni cosa intorno
a te, d’ogni pensiero entro di te:
quest’armonia dell’anima col punto
del tempo e con l’amore che il tempo
guida. (…)

Trasparente luce
d’ottobre, al cui tepor nulla matura
perché già tutto maturò: chiarezza
che della terra fa cosa di cielo.

Ada Negri, Sole d’ottobre

A ottobre arrivano le castagne, spandendo nell’aria quel buon profumo di caldarroste; si raccolgono le olive, si potano le piante prima che sia troppo freddo. Le giornate si vanno accorciando e la sera arriva in fretta. In questi giorni stiamo vivendo una bella ottobrata, con temperature più da fine estate che autunnali e, tutto sommato, mai come quest’anno ci serve tirare avanti senza accendere il riscaldamento…

In mezzo a tutto questo trionfo bucolico, possono mancare libri da leggere? Certo che no, ecco qua!

Per primo questa novità che ho appena comprato: la prima romanziera nenec (popolazione della Siberia) ad arrivare nelle librerie italiane. Potevo non leggerlo? Ve ne parlerò presto in recensione, intanto segnatevi il titolo. Una menzione speciale alla c.e. Utopia che mi apre davvero confini insperati, come con La fiaba nucleare dell’uomo bambino di Hamid Ismailov (recensione).

AGGIORNAMENTO: RECENSIONE

In sintesi, la trama: Una tragedia si abbatte sulla vita di Seberuj, cacciatore e allevatore di renne dell’antico clan Nogo, che vive insieme alla famiglia in un accampamento, tra le nevi e i ghiacci quasi perenni della Siberia. La moglie e la figlioletta sono aggredite e sbranate da un lupo solitario che semina il terrore tra le mandrie dell’intero circondario e a cui gli uomini da mesi danno invano la caccia. Dopo aver recuperato i loro corpi martoriati e aver adempiuto a tutti i riti funebri, l’anziano Seberuj si ritrova a vivere da solo, accudito di tanto in tanto dai vicini. Da una decina d’anni, infatti, la figlia maggiore, Aniko, ha abbandonato la sua tribù per trasferirsi a studiare in città. Il suo sogno è diventare geologa. Seberuj non ha più notizie della ragazza. Scopre, tuttavia, il suo nuovo indirizzo e, non sapendo scrivere, detta una lettera per lei, informandola della morte della madre e supplicandola di tornare a casa. Turbata dai sensi di colpa e desiderosa di ritrovare il tempo della sua infanzia, Aniko torna dal padre, ma si ritrova in un mondo isolato, ormai estraneo, di cui ha quasi dimenticato la lingua; un mondo ancora scandito dai ritmi della natura, da rituali arcaici e credenze anacronistiche, dove la vita le appare desolata e piena di privazioni. Nuovi dubbi, perciò, le impongono scelte complicate.

In ottobre esce il nuovo libro del più acclamato scrittore romeno, più volte candidato al Premio Nobel. Melancolia racconta l’esperienza della separazione, e lo fa attraverso tre racconti che la indagano in altrettante fasi della vita. Tre storie – incorniciate da due evocativi racconti brevi – meravigliose e struggenti, che affrontano alcuni grandi temi come la paura del cambiamento, la solitudine, l’amore con l’immaginazione del ragazzo e lo stile del grande scrittore.

Al ritmo di una Barcellona in continua trasformazione, dalla vigilia delle Olimpiadi estive del 1992 alla primavera del 2018, passando per gli attentati sulle Ramblas, Miqui Otero ci racconta un’intera generazione attraverso questo personaggio candido, carismatico e affettuoso, che è allo stesso tempo un Piccolo Principe e un moderno giovane Chisciotte. Con questo tenero romanzo familiare che abbraccia diversi decenni, Miqui Otero ha creato uno straordinario monumento non solo al suo eroe Simón e al potere della letteratura, ma anche alla sua città natale, Barcellona.

Se avete almeno un’amica problematica, sfacciata, impassibile e scombinata dovete leggere questo romanzo ironico e divertente. Mona ha ventisei anni, fa la donna delle pulizie e ha una passione per gli aspirapolvere d’epoca e gli uomini sbagliati. Dopo Mister Laido, ora è il turno del Buio, il tenebroso marito di una cliente. Del resto, per Mona trasformare i rapporti di lavoro in confusi grovigli è la norma. La situazione in cui si caccia con Lena e Paul, artisti ungheresi amanti del nudo, ne è un’ulteriore dimostrazione. E poi c’è quella svitata di sua madre, con i fantasmi e gli orchi che le riporta alla mente. Che il suo gusto per l’orrido abbia radici antiche? In Quell’aspirapolvere nel buio torna la stessa inconsueta eroina di Facciamo che ero morta, e la sua esilarante schiettezza ci conquista ancora una volta.

 Minimun fax riporta in libreria uno dei miei autori preferiti. In questo romanzo Richard Yates torna a dissezionare l’apparente normalità della middle class americana sullo sfondo dell’ottimismo e della prospettiva dell’era Kennedy, con lo sguardo penetrante e implacabile che già permeava Revolutionary Road, ma con toni se possibile ancora più drammatici.

Quando questo romanzo comincia, il Clan è invecchiato: non vive più nel convitto universitario, ma si è sposato e ha avuto figli. Due dei figli del Clan si sono innamorati e stanno per sposarsi in un bel ristorante sul lago. Il Clan, dopo i beati anni del pensionato, non si è mai perso. Lupo racconta la tenerezza, l’avventura e la goliardia di un gruppo di uomini che si sono affacciati all’età adulta quando il Novecento stava per morire, schiacciati tra i loro padri che hanno costruito il miracolo economico e i loro figli che vivono il tempo dell’incertezza e dell’instabilità.

Questa è la storia di chi parte e di chi resta. Di una madre che va a prendersi cura degli altri, dei suoi figli che rimangono a casa ad aspettarla covando ambizioni, rabbie, attese. E un’incontenibile voglia di andarsene lontano. Dopo il grande successo di Resto qui , Marco Balzano torna con un racconto profondo e tesissimo di destini che ci riguardano da vicino, ma che spesso preferiamo non vedere. Un romanzo che va dritto al cuore, mostrando senza mai giudicare la forza dei legami e le conseguenze delle nostre scelte.

Vincitore del Prix des Cinq Continents de la Francophonie, il romanzo racconta esilio, colpa, lutto, perdono, colonizzazione, e il rapporto tra Francia e Ruanda prima e dopo il genocidio. Attraverso magnifiche riflessioni femministe, restituisce alle donne il posto nella storia che si meritano.

Nell’inverno successivo al loro primo incontro, Bell e Sigh si trasferiscono nella campagna irlandese più remota. Sono giovani, innamorati, stufi della città e delle rispettive famiglie, pronti a cominciare una nuova vita. La loro casa è ai piedi di un monte dalla sommità appiattita, corrosa dai venti e da una luce millenaria: Bell e Sigh lo guardano, certi che un giorno ci saliranno. Una stagione dopo l’altra, il loro quotidiano si riempie di cose piccole e importantissime, di gesti e riti ricchi di intimità, mentre le vecchie abitudini, il passato e perfino le parole perdono di consistenza. Il mondo di Bell e Sigh si restringe e perde i confini, indistinguibile da ciò che li circonda: gli occhi degli animali e i colori dei fiori, i suoni della pioggia sul terreno e i respiri del vento tra le rocce. Fino al giorno in cui il sentiero verso la cima del monte appare facile e accogliente, come l’invito di un vicino gentile. L’occhio della montagna è una profonda meditazione sull’amore, sulla natura, su come allontanarsi dal mondo per poterlo scoprire davvero. Sara Baume torna con la prosa poetica e visionaria di “fiore frutto foglia fango” a esplorare l’intensità dei sentimenti, quelli che ci legano come esseri umani, e quelli, più nascosti e inafferrabili, che ci uniscono a tutte le creature viventi.

Un romanzo che esplora le relazioni familiari, l’amore, il sesso, il desiderio, la redenzione. Un romanzo crossover che colpisce profondamente in termini di stile e temi. Il centro del mondo, per il diciassettenne Phil, è la biblioteca della sua grande casa, dove le storie cominciano e finiscono, o forse è la sua famiglia, con l’eccentrica mamma Glass e la sua frenetica vita sentimentale e la sorella gemella Dianne, inseparabile compagna di giochi che a un certo punto diventa per lui un’estranea, o forse è Nicholas, il Maratoneta, con cui sperimenta tutto il desiderio, la passione e la sofferenza del primo amore. Ma in fondo, ciò a cui davvero aspira Phil è uno sguardo più ampio sul mondo, aperto sull’infinito. Il centro del mondo racconta l’amore e l’incomunicabilità come due facce della stessa medaglia. È un romanzo che trascina il lettore in un perfetto meccanismo narrativo in cui i segreti e le bugie si rivelano a poco a poco, lasciando spazio alla sorpresa e all’emozione.

Appassionati di gialli, non potete perdere questo! Giocando con il Decalogo del giallo perfetto scritto da Ronald Knox nel 1929, Benjamin Stevenson rivisita i classici à la Conan Doyle e Agatha Christie con un twist: l’ironia di Cena con delitto (Knives Out). E costruisce un giallo teso e fulminante, che trascina il lettore in un intrigo micidiale.

Una storia di ascese e cadute, affetti e musica, tanta musica, una musica che si intreccia con il passato e con le sue perdite. Una melodia che diventa il titolo del libro, Blue Summer. Quanto è possibile tornare indietro? Quanto le circostanze fortuite riescono a deviare il corso delle nostre vite? In uno stile dolcissimo, denso, accattivante, Jim Nichols ci guida in un viaggio di redenzione, partendo ancora una volta dal suo Maine per arrivare fino in Florida. Un viaggio umano e una storia comune che potrebbe essere la storia di chiunque.

Amate il romanzo storico? Coltivate una venerazione per i grandi romanzieri russi? Allora questo è il romanzo per voi, se 720 pagine non vi fanno paura…  Le notti della peste è un’opera-mondo grandiosa, universale, attraversata da echi di Tolstoj, di Manzoni, del Conrad di Nostromo, di Camus. Romanzo storico e allegorico (tra le righe si legge la deriva di ogni nazionalismo verso l’autocrazia dell’uomo forte), brulicante di personaggi e di storie, di guerre, amori e immortali tensioni etiche. In cui il particolare – le esistenze dei singoli individui travolti dalla Storia – si apre all’universale – il rapporto tra paura e potere, tra vita e destini generali, tra fede e ragione, tra modernità e tradizione.

Il ritorno di Wu Ming in 520 pagine. Il tramonto degli anni Settanta, la musica e la politica, la repressione e la lotta armata, le controculture e le «sostanze», il femminismo e le lotte per l’aborto, il punk e le avvisaglie del «riflusso», sotto un cielo pieno di stelle. E di astronavi. 1978. Aldo Moro è rapito e ucciso. Sulle città piomba lo stato d’emergenza. «La droga» sfonda ogni argine. Tre papi in Vaticano. Le ultime grandi riforme sociali. Mentre accade tutto questo, di notte e di giorno sempre piú italiani vedono dischi volanti. È un fenomeno di massa, la «Grande ondata». Duemila avvistamenti nei cieli del Belpaese, decine di «incontri ravvicinati» con viaggiatori intergalattici. Alieni e velivoli spaziali imperversano nella cultura pop. Milena Cravero, giovane antropologa, studia gli appassionati di Ufo in una Torino cupa e militarizzata. Martin Zanka, scrittore di successo, ha raccontato storie di antichi cosmonauti, ma è stanco del proprio personaggio, ed è stanco di Roma. Suo figlio Vincenzo, ex eroinomane, vive a Thanur, una comune in Lunigiana, alle pendici di un monte misterioso. Il Quarzerone, con le sue tre cime. Luogo di miti e leggende, fenomeni inspiegabili, casi di cronaca mai risolti. L’ultimo, quello di Jacopo e Margherita, due scout svaniti nei boschi e mai ritrovati. Intorno alla loro scomparsa, un vortice di storie e personaggi. Un romanzo vasto, corale, psichedelico. (la mia recensione)

Visti i tanti giudizi positivi, questo libro diventerà un cult… mi incuriosisce molto.

«La grande forza del libro sta nella risolutezza con la quale Polzin tiene sul palcoscenico, quasi costantemente, le sue galline, come per farsene schermo, per evitare cedimenti sentimentali, cadute retoriche, per conservare pudore alla sua scrittura.» – Michele Serra «Nell’occhio della gallina è custodita la verità del mondo. La gallina non pensa, sa. Doveva arrivare il romanzo sulla migliore e piú derisa amica dell’uomo» Niccolò Ammaniti. «Le colombe di Mercè Rodoreda, i pavoni di Flannery O’ Connor e le galline di Jackie Polzin, tutti volatili letterari che sanno raccontare le donne, i loro pensieri intimi e le loro assurdità. Un romanzo che sotto l’ironia e la lingua ben misurata cova speranze e perdite, un universo umano sodo e compatto» Giulia Caminito. «Quattro galline di Jackie Polzin è un romanzo commovente e spiritoso, lieve e struggente, un libro sull’assenza, sulla nostra continua lotta contro la solitudine, sulla difficoltà di comunicare – ma sulla bellezza di riuscire a volte a farlo – sulla maternità agli inizi del XXI secolo, sulla necessità di prendersi cura degli altri. C’è un mondo intero e pieno di emozioni, nel piccolo pollaio immaginato da Jackie Polzin» Nicola Lagioia. «Quattro Galline racconta di una casa, dei suoi proprietari e di un pollaio. Le galline si rivelano l’unico punto di vista dal quale capire qualcosa di sé stessi. In questa spassosa meditazione su cosa diventa ricordo o memoria e cosa no, Jackie Polzin risponde insomma alla domanda se sia nato prima l’uovo o la gallina. La gallina. Animale sintesi delle nostre nostalgie e dei nostri perché» Chiara Valerio.

Per ora è tutto, buone letture!

Photo by Pixabay on Pexels.com