Con molto piacere ospito la recensione a firma Claudio Cherin di un libro davvero speciale, intrigante, che ispira molte riflessioni, come Claudio ha ottimamente messo in luce. Buona lettura!

Paolo Mazzarello, Il mulino di Leibniz, Neri Pozza, 2022

«Un singolo neurone non vuol dire nulla. Ma l’incendio organizzato nel tempo di molti neuroni a livello di sinapsi può produrre la coscienza», questo il senso della scoperta, in un futuro non molto lontano, del ‘filologo di formazione, prestato alle neuroscienze’ Tomaso Cardini.

La scoperta rivoluzionaria consiste in un «algoritmo, frutto di una riflessione trasversale, in grado di illustrare matematicamente la soggettività», che permette di spiegare con la matematica come l’uomo impara a conoscere.  

Tomaso Cardini studia da tempo il filosofo tedesco. Una notte, mentre si sofferma a riflettere su un paragrafo della Monadologia di Gottfried Wilhelm von Leibniz, in cui il filosofo chiede al lettore di immaginare il cervello come un gigantesco mulino e di domandarsi come si possono spiegare, con un puro meccanismo, la percezione e il pensiero, Tommaso ha l’intuizione di una vita.

Così lo studioso riesce «a dimostrare e a calcolare la coscienza, la coscienza d’essere coscienti, cioè la soggettività, la capacità di esseri spettatori di sé stessi», e a intuire e dimostrare come un essere vivente che abbia «una proprietà emergente» possa non solo raggiungere «un adeguato livello di complessità, ma anche la riflessione su di sé». 

Gloria e fama per una scoperta capace di rivoluzionare la scienza e la vita umana ‒ perché sul «nucleo essenziale della conoscenza, sul fenomeno centrale della vita umana, ma anche sul vertice dell’evoluzione cosmica» si sono interrogati tutti i filosofi da Aristotele a Cartesio, dallo stesso Leibniz a Kant, da Umberto Eco a Antonio Damasio ‒ spetterebbe a Tomaso, se non gli toccasse l’acre sorte di essere ucciso da un feroce killer di nome Anima Mundi.

Lo studioso poco prima di morire ha avuto modo di mandare le sue scoperte, per condividerle con il mondo scientifico, alla rivista Nature e alla sua collaboratrice più talentuosa, Gaia Block, che, una volta venuta a conoscenza della morte violenta del suo collega e mentore, non può esimersi da indagare.

Gaia Block ‒ americana, brillante neuroscienziata, dal carattere determinato e da una spiccata capacità di comprendere e di fare ricerca ‒ si ritrova così, non solo a decifrare l’algoritmo di Tomaso, a curarne le opere criptate nel cloud, ma a mettersi sulle tracce dell’assassino. Solo alla sua mente brillante, al suo coraggio e al suo sguardo indagatore è concesso di giungere lì dove Tomaso Cardini si è fermato.

Una volta giunta in Italia, dove l’aspetta un amico di Tomaso, e un posto al prestigioso Istituto Universitario di Neuroriabilitazione ‘Camillo Golgi’, Gaia entra in contatto, tramite delle email, con Anima Mundi, che si rivela mandante dell’omicidio, e non si fa scrupolo, dietro uno schermo, di intimare a lei e a Falco, giovanissimo hacker col compito di decriptare i lavori che Tomaso Cardini ha affidato al suo personale cloud, di desistere dall’impresa. Di decifrare l’algoritmo e di scoprire la sua identità.

Tra depistaggi, false verità, nuovi incontri ‒ Mirna Losperti, ad esempio, il capo della squadra mobile che si affianca presto alla ricerca di Gaia dopo che Falco e Emma, una collaboratrice assegnata alla donna, scompaiono all’improvviso ‒ Il mulino di Leibniz percorre con destrezza le strade del thriller. 

Con una lenta, ma inesorabile tenacia Paolo Mazzarello dosa scene drammatiche, inseguimenti, ritrovamenti di cadaveri a momenti di riflessione in cui si comprende il vero scopo del romanzo: dare forma a qualcosa che non può averne, se non nei testi di filosofia, di gnoseologia, di anatomia, di neuroscienze

A Paolo Mazzarello, docente di Storia della Medicina, il merito di aver saputo rendere materia narrativa (e divulgativa) concetti non sempre facili da spiegare a un pubblico di non addetti ai lavori, e quello di aver saputo tenere insieme la trama e il ritmo e i dialoghi (sempre serrati).

Il mulino di Leibniz per questo attrae il lettore, lo cattura fin dall’inizio e lo tiene in sospeso fino all’ultima pagina. Ci si immerge nella lettura con una notevole facilità. E si rimane avvinghiati nelle maglie del racconto, ben congegnato e costruito in modo tale da appassionare, fino alla risoluzione finale. Come a suo tempo ha fatto Il pendolo di Foucault di Umberto Eco o L’occhio del male di Björn Larsson. 

Lo stile asciutto, le scene raccontate nella loro essenzialità, un linguaggio preciso e puntuale, oltre ai momenti canonici del thriller, permettono di leggere e fare supposizioni, come accade in qualsiasi storia che inizi con un delitto. 

Non si può fare a meno di pensare che dietro a tutti gli omicidi ci sia una qualche meschina élite, un ordine esoterico, fanatici di qualche religione sconosciuta, terroristi di una qualche specie, un gruppo di studiosi o eruditissimi filosofi-scienziati come solo nell’Umanesimo sono esistiti.  Niente di più sbagliato, si deve ammettere. Perché lo scrittore sa come eludere ogni aspettativa del lettore. Per questo motivo il finale sorprende e abbaglia, per la sua imprevedibilità.

C’è da chiedersi quanto Paolo Mazzarello debba ad autori come James Ballard, o Dürrermatt, che aveva reso il genere giallo una riflessione morale sui recenti fatti della storia (l’Olocausto). Ma anche al Calvino di Palomar e delle Lezioni americane, non solo per la tematica, ma anche per il modo apparentemente ‘leggero’, ma non per questo meno rigoroso, e nel contempo avvincente di raccontare. Così come a Gadda, che con le suo opere, ha cercato di mettere un (apparente) ordine al mondo, quel mondo caotico che i due studiosi vorrebbero racchiudere e possedere in un algido algoritmo.

Il mulino di Leibniz di Paolo Mazzarello è tra le ottanta proposte degli Amici della Domenica, e tra le voci più interessanti, in corsa per la Dozzina del Premio Strega 2023.
Il libro è stato proposto da Gian Arturo Ferrari con la seguente motivazione: Il mulino di Leibniz è una singolare commistione tra un romanzo giallo – inizia con un misterioso delitto –, un’immersione nella scienza contemporanea e nella storia della filosofia, una stupefacente riflessione sulla natura della cosiddetta rete che qui acquista una propria, e nefasta, personalità. Un’opera singolarissima e per questo meritevole di partecipare alla gara dello Strega.

Qui potete leggere l’incipit.

Paolo Mazzarello è docente di Storia della Medicina all’Università di Pavia. È autore di molti saggi e biografie scientifiche. Tra questi Il genio e l’alienista. La strana visita di Lombroso a Tolstoj (2005), Ombre nella mente. Lombroso e lo scapigliato (scritto con Maria Antonietta Grignani, 2020), L’intrigo Spallanzani (2021).

Claudio Cherin.
Mi definiscono un lettore onnivoro. Forse lo sono.
Sono nato nel 1991, vivo tra Trieste e Roma. Mi sono laureato in Lettere, a ventitré anni, con una tesi sul petrarchismo in Andrea Zanzotto. Dopo, ho studiato per due anni filosofia, a Padova. Solo con Fleur, la mia compagna, ho compreso la bellezza spietata delle valli alpine di lingua tedesca. E come lì i fiori nascono con furia, per dissolversi con indomita indolenza. Scrivo di cinema su un blog e sulla rivista “I Diari del cineclub”. 
Guardo con passione i film scandinavi. Alcune mie recensioni sono comparse su ‘Noi donne’. Mi piacerebbe entrare a far parte di un comitato di lettura di una casa editrice ed essere nella rubrica dell’ufficio stampa di una delle case editrici che leggo.