In vista del Salone internazionale del libro di Torino che si terrà dal 9 al 13 maggio al Lingotto, pubblicherò alcuni post per segnalare le novità editoriali più interessanti secondo il mio personale, e naturalmente opinabile, gusto.
Lo farò con la formula 3X3: tre case editrici e tre loro pubblicazioni recenti per ciascun post.

Partiamo con tre case editrici di cui apprezzo molto la varietà dell’offerta, le scelte artistiche, la cura nella confezione del libro, dalla copertina, alla carta e ai caratteri usati, al prezzo.
Queste tre case editrici mi hanno fatto scoprire molti autori e autrici centro ed est europei. Grazie a loro ho potuto leggere bellissimi romanzi e reportage (se siete curiosi, potete cercare le recensioni con tag della CE); oggi, però, guardiamo alle pubblicazioni più recenti.

Una piccola precisazione: questi post non hanno nulla a che fare con sponsorizzazioni, influenze di qualsiasi genere. Lo dico per rispondere ad alcuni commenti poco informati su come sono solita agire.

Partiamo da Keller, casa editrice situata a Rovereto, in Trentino. Fin dall’inizio, ha pescato da quell’ampio bacino di letterature e culture che sono la Mitteleuropa e l’Europa orientale e ponendo particolare attenzione anche alle tematiche dei confini. Col tempo ha ampliato le sue pubblicazioni ad altre aree geografiche, mantenendo però sempre un particolare sguardo rivolto ad Est. Nelle sue varie collane, propone libri di narrativa, saggistica e reportage.

Le tre pubblicazioni che troviamo in libreria e allo stand in Salone (Padiglione 3 Stand P78) e che vi propongo sono:

La donna senza tomba, di Martin Pollack, traduzione dal tedesco di Elisa Leonzio, pp. 192

È quasi l’estate del 1945, i partigiani jugoslavi stanno avanzando nella Bassa Stiria e arrestano vari abitanti di origine tedesca. Tra questi anche la settantenne Pauline Drolc, nata Bast, che dalla cittadina di Tüffer – in sloveno Laško – viene portata al campo di internamento provvisorio del castello di Hrastovec. Poche settimane dopo il suo arrivo muore a causa delle condizioni disumane del campo, della fame e dello sfinimento, o forse a seguito di una delle malattie che vi proliferavano. La sua tomba non viene mai trovata. Pauline, che è la prozia di Martin Pollack, segue il destino di molti prima e dopo di lei, e non ne sapremmo nulla se non fosse per questo ennesimo gioiello di ricerca e reportage che l’autore austriaco ha scritto. Il suo libro dedicato al padre, l’SS Gerhard Bast, è diventato una delle pietre miliari della “letteratura documentaria” in lingua tedesca. Ora questo nuovo lavoro di Pollack si pone al fianco di quell’opera e ci conduce, con l’andamento di un poliziesco, alla scoperta della biografia di Pauline e del complesso intreccio di Storia, confini, nazionalismo e ideologie letali che fa da sfondo a questa vicenda emblematica.

Cane e contrabbasso, di Saša Ilić, traduzione dal serbo di Estera Miočić, pp. 384

C’è stato forse un momento, agli inizi degli anni Novanta, in cui il giovane marinaio Filip Isaković ha guardato incantato il mare e la terraferma. Un momento dopo il quale l’oscurità della guerra ha divorato sia lui sia il suo Paese, la Jugoslavia. Due decenni più tardi, ex veterano di guerra e contrabbassista jazz ormai incapace di suonare, Isaković viene scortato fino all’ospedale psichiatrico di Kovin dove dovrà sottoporsi a un percorso di riabilitazione. In quel luogo fuori dal tempo nel quale vivono persone che lo Stato ha prima mandato in guerra e poi abbandonato, il contrabbassista incrocia la sua esistenza con quella dei compagni di cura, recupera ricordi, suoni e nostalgie di un lontano amore, e soprattutto incontra il dottor Marko Julius che ha vissuto i tempi turbolenti del Novecento, ha aderito alle posizioni di Franco Basaglia e ha fatto di Kovin un personale baluardo di resistenza e ribellione in cui propone teorie antipsichiatriche. Luogo simbolico, mondo nel mondo, l’ospedale di Kovin diventa ben presto affresco di una società smemorata che ha deciso di dimenticare le sue guerre e, come è stato con altre grandi opere del Novecento ambientate in sanatori e luoghi di cura, è l’epicentro di una raffinata narrazione letteraria che trasforma il microcosmo sociale dei malati nello specchio del declino e dei mutamenti di un’intera civiltà. «Cane e contrabbasso» ha vinto il prestigioso Premio NIN.

Il Danubio. Un viaggio controcorrente dal Mar Nero alla Foresta nera, di Nick Thorpe, traduzione dall’inglese di Roberta Cattano, Giulia Marich, Ivan Pagliaro, pp. 392

Il Danubio percorre e collega l’Europa centrale attraversando e lambendo dieci Paesi: Romania, Ucraina, Moldavia, Bulgaria, Serbia, Croazia, Ungheria, Slovacchia, Austria e Germania. Nick Thorpe lo ha percorso per tutta la sua lunghezza, risalendo la corrente come fa lo storione, il pesce più antico e imponente del mitico fiume. Lo ha percorso a ritroso, al contrario di quanto hanno fatto i grandi viaggiatori danubiani, per guardarlo con occhi nuovi, quelli di chi proviene da Oriente. E quella che Thorpe – giornalista che ha passato metà della sua vita nell’Europa centrale – ci regala è un’opera che travalica i confini di genere ponendosi a metà tra libro di viaggio, saggio, reportage giornalistico. Il fiume e i suoi abitanti. La natura, la storia millenaria, le memorie archeologiche e i miti convivono con persone ordinarie e straordinarie: traghettatori, pescatori, lavoratori dei campi, commercianti, apicoltori, contrabbandieri e poliziotti di confine, immigrati legali e illegali… Un intreccio di storie e incontri che Thorpe ci regala in un libro che lo pone giustamente nel solco della migliore tradizione del reportage di viaggio assieme a Patrick Leigh Fermor e Neal Ascherson.

Bottega Errante Edizioni è una casa editrice indipendente nata nel 2015 a Udine. Lavorando al nordest dell’Italia, ai margini dei grandi centri, ma in mezzo all’Europa, confinando con l’Austria e la Slovenia, è venuto naturale guardare a Est, varcare il confine e fare ricerca in quelle culture e letterature. E a fianco a questa vocazione, costruire un catalogo di autori italiani di qualità, che raccontassero luoghi, città, viaggi. 
Pubblicano al massimo venti titoli all’anno, facendolo con grande cura e scegliendo libri che rimangano, che non si esauriscano in breve tempo. Lavorano molto sul territorio, organizzando festival, eventi, presentazioni.
Hanno un catalogo declinato in diverse collane, nelle quali potete trovare nomi significativi.
Al Salone li trovate al Padiglione 3 Stand P64.

La rotta per Lepanto, di Paolo Rumiz, pp. 145

Il cuore di questo viaggio è l’incontro con uomini e donne di mare, seguendo le tracce della Serenissima sparse ovunque e con la malinconia che solo l’orizzonte ti può regalare. Ci sono baie solitarie, soste in osterie, marinai di poche parole. E poi ci sono i luoghi: Venezia, gli Arsenali, Parenzo, Pola, il Quarnaro, Lussino, Ragusa, le Bocche di Cattaro, Corfù, posti carichi di storia, di bellezza, di colori e sapori forti. E ancora, i popoli, quelli che evocano immaginari mai sopiti come i morlacchi, i turchi, gli slavi e una terra, quella dei Balcani, appena uscita da una delle grandi tragedie del Novecento. Un reportage da un mare che guarda a Est, ma che a specchio racconta chi siamo stati, la nostra origine, il senso profondo di un’Europa fatta di genti diverse.

Figlio di papà, di Dino Pešut, traduzione dal croato di Sara Latorre, pp. 208

Dopo il tentativo fallito di stabilirsi a Berlino, un trentenne originario di una cittadina di provincia trascorre le sue giornate lavorando come receptionist in un hotel di Zagabria, in bilico tra la propria disperazione, un ricco amante e la malattia del padre. È il rapporto tra padre e figlio, da sempre ambivalente e minato dal passato che incombe su di loro, a rappresentare la chiave di volta dell’esistenza del giovane. Senza compromessi, con capitoli brevi e potenti, pieni di emozioni profonde alternate a sesso e morte, paura e gioia, Pešut dimostra di essere una voce originale che interpreta perfettamente il tempo in cui vive e la generazione di chi è nato negli anni Novanta.

Balkan footbal club, di Gianni Galleri, pp.368

Dieci anni di viaggi tra Bulgaria, Romania, Albania ed ex Jugoslavia sulle tracce di vicende e di episodi poco conosciuti che hanno fatto la storia – non solo calcistica – di queste terre. Dal Marakana di Belgrado alle utopie di cemento degli spomenik jugoslavi, dal Maksimir di Zagabria alle sponde del lago di Ocrida, senza generalizzazioni né stereotipi, calandosi fra la gente, entrando nei bar, lungo le strade, sui gradoni di tanti stadi in giro per i Balcani. Un viaggio dall’Adriatico al Mar Nero, lungo il Danubio e la Drina, tra vecchi amici e burberi tifosi, birre e cori, ćevapi e rakija, per provare a decifrare i Balcani attraverso la lente d’ingrandimento del calcio.

Quando si dice Voland, si pensa subito ad Amélie Nothombe, ma i primi autori pubblicati da Voland (nata a dicembre del 1994) sono gli autori Tolstoj, Gogol’ ed Emilijan Stanev. Il marcato interesse per le letterature slave è da subito evidente, come dimostra anche il nome scelto, tratto dal romanzo Il maestro e Margherita, capolavoro del ’900 russo di Michail Bulgakov. Ad oggi l’offerta editoriale è più estesa e comprende anche autori italiani.
Al Salone li trovate al Padiglione 3 Stand N102.

Il funerale di zia Stana, di Slađana Nina Perković, traduzione dal bosniaco di Marijana Puljić, pp. 224

Una giovane donna sulla trentina, rassegnata ai propri fallimenti e con la sola passione per le serie poliziesche, viene costretta dalla madre a raggiungere un remoto villaggio per partecipare al funerale di zia Stana, morta soffocata da un pezzo di pollo. L’improvvisa dipartita della zia rischia di mandare a monte la vendita della casa e del terreno di famiglia e catapulta la ragazza in una serie di situazioni folli e grottesche, tra strade di campagna melmose, tentativi di suicidio, infermiere furiose, poliziotti indolenti e scorte segrete di alcol… Una rocambolesca cronaca familiare che è anche il ritratto tagliente e critico della società bosniaca del dopoguerra.

L’apolide, di Alessandra Jatta, pp. 240

1917: la Russia è sconvolta dalla rivoluzione d’ottobre, che cambierà con violenza l’assetto del mondo. Dopo la terribile sorte dello zar e della famiglia imperiale, gli Olsufiev fuggono da Mosca per cercare riparo in Italia, a Firenze, dove hanno la fortuna di possedere una casa… Basato su documenti storici, diari, lettere e foto in possesso dell’autrice, discendente di quella nobile famiglia, L’apolide è l’appassionante storia di una fuga e di un approdo. E della vita che i protagonisti, sostenuti dalla forza d’animo della matriarca Olga, devono affrontare nella nuova patria, dove il destino riserverà loro molte sorprese.

Psicopompo, di Amélie Nothomb, traduzione di Federica Di Lella, pp. 128

In questo trentaduesimo romanzo Amélie Nothomb ci parla del suo amore per gli uccelli e per il loro volo, della sua infanzia errabonda al seguito del padre diplomatico, della violenza subita appena dodicenne sulla spiaggia di Cox’s Bazar in Bangladesh. A cui fanno seguito il trauma, l’anoressia come crudele possibilità di resurrezione e infine il potere salvifico della scrittura con la severa disciplina necessaria… Pagine intrise di intimità per il romanzo più personale e autobiografico della pluripremiata e amatissima autrice belga. Un libro diverso dai precedenti ma che allo stesso tempo li illumina tutti.

Bene, per ora è tutto. Alla prossima esplorazione!