Oltre la soglia del dolore, di Katerina Gordeeva, 21 lettere editore 2024, traduzione di Mario Caramitti, pp. 412, copertina di Jacopo Starace

Sa quando si dice che ti viene a mancare la terra sotto i piedi? Era proprio così. Hai come l’impressione che ti stai guardando dall’esterno, ma non riesci a credere che quella sei tu. Sei in preda al terrore, ma non senti nulla, fai tutto velocemente, ma ti sembra di essere in una ripresa al rallentatore.

Parla Marina, in 1. Gli scarafaggi

Leggo questo prezioso libro nei giorni in cui in Italia festeggiamo il 25 aprile, ricorrenza che celebra l’anniversario della Liberazione per ricordare appunto la liberazione del Paese dal regime fascista e dall’occupazione nazista durante la seconda guerra mondiale. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, ma il 25 aprile è considerato una data simbolo perché nel 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della Repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere il controllo delle città. La decisione di scegliere il 25 aprile come “festa della Liberazione” (o come “anniversario della Liberazione d’Italia”) fu presa il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio – il primo guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia – stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale”.

Naturalmente sentimenti di gioia e sollievo accompagnano giustamente questa ricorrenza, certo è che quest’anno – ma non solo, perché basta guardarsi indietro e recuperare un po’ di memoria – quello che accade nel mondo non lascia molto spazio alla speranza che la guerra possa un giorno essere bandita dal mondo. Tra i molti conflitti in atto, possiamo ora leggere un libro che, raccontando la guerra in Ucraina, ci spinge a riflettere più in generale sugli effetti devastanti della guerra.

La giornalista indipendente Katerina Gordeeva, nata in Russia e legata all’Ucraina da strette parentele, ha raccolto in questo doloroso volume ventiquattro testimonianze da ambo le parti, parlando con chi gli effetti della guerra li ha vissuti sulla propria pelle. Veri e propri pugni nello stomaco per chi come noi la guerra la vede solo in televisione, seguendo le informazioni sui media incentrate più che altro a mettere in risalto i proclami dei leader e i fiumi di denaro spesi in armamenti per contrastare l’avversario. “Il re del mondo” come scriveva Franco Battiato, “ci tiene prigioniero il cuore”.

Gordeeva rifugge la narrativa dei proclami, degli scoop e invece viaggia nei centri di assistenza ai profughi, per indagare e vedere con i propri occhi e documentare le sofferenze, le atrocità commesse su entrambi i territori. Di fronte all’immane tragedia della guerra, nulla conta più della voce dolente di un essere umano sofferente e in fuga, a qualunque nazionalità appartenga. Nel suo racconto, le voci degli ucraini, dei russi, degli abitanti russofoni dei territori contesi del Donbass ritrovano una unità data dal tormento dell’esperienza diretta della guerra e dall’evidenza della sua tragica insensatezza.

I racconti parlano attraverso le voci di Marina e Julia di Mariupol, Tanja e Ljuda che vengono da un paesino vicino a Kiev, Liza di Kiev; la fidanzata di un soldato russo tornato a casa dopo soli tre giorni gravemente menomato, che si impicca in garage, Irma di Cherson, le donne violentate, figli uccisi; Ol’ga nata in Russia, emigrata per lavoro in Ucraina dove ha sposato un ucraino e che ora non sa più da che parte stare, Ljudmila, Svetlana… tanti nomi diversi, tanti luoghi diversi, la stessa atroce sofferenza.

Un viaggio nei centri accoglienza al di là delle frontiere polacche e russe; il percorso che porta dall’Ucraina alla Russia, poi verso l’Estonia per approdare, infine, in Germania, e da lì in altri paesi europei; i programmi di reinserimento nella società per i rifugiati che offre la Russia e che promettono una sistemazione a settemila chilometri di distanza, all’estremo confine orientale del paese. L’impossibilità di rimanere connessi alla rete mobile, le persone di cui si perdono le tracce, calvario dopo calvario.
Katerina raccoglie racconti intrisi di violenza, di morte, di dolore; un altalena di voci tra rassegnazione, odio, necessità di lasciarsi alle spalle le terribili esperienze, la necessità di ricominciare a vivere, nonostante tutto.

La guerra segna e cambia le vite delle persone, per sempre. Se anche si sopravvive alla guerra, non si è più le stesse persone, perché il dolore, le perdite, la violenza, segnano un prima e un dopo. La guerra lascia ferite nel corpo e nell’anima. Lascia un’eredità di rancore, di odio che spesso genera altra violenza. Le conseguenze della guerra sono un peso e una eredità che grava sia sulle vittime che sui carnefici, su chi ha subito un’aggressione e su chi l’ha messa in atto. È un’eredità mortale che unisce vittima e carnefice, innocente e colpevole, aggressore e aggredito.

Diventa dunque importante parlare della guerra, così come fa Katerina Gordeeva, attraverso testimonianze in presa diretta, che raccontano un’umanità travolta dalla guerra. Nel suo libro troviamo le voci di donne e uomini provenienti dall’Ucraina e dalla Russia, ventiquattro resoconti umani, sconvolgenti.

Katerina Gordeeva, credits Olga Pavolga

Katerina Gordeva è una premiata giornalista indipendente. Fino al 2012 ha lavorato come reporter televisiva, corrispondente di guerra dalla Cecenia, dall’Afghanistan e dall’Iraq.
Nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea e di parte dei territori orientali dell’Ucraina, in disaccordo con la linea televisiva, si è dimessa e ha lasciato Mosca in segno di protesta.
Nel 2020 ha creato il suo canale YouTube, che oggi conta più di un milione di iscritti. Nel 2022 ha ricevuto il Premio Anna Politkovskaja.

Come testimonia lei stessa nella Premessa al libro, si è trovata in una situazione di grave disagio personale, oltre che nazionale. Nata a Rostov sul Don, in Russia, metà della sua famiglia viveva in Ucraina allo scoppio della guerra. Vi consiglio di leggere l’intrevista che Gordeeva ha fatto al Premio Nobel per la Pace Dmitrij Muratov.

Ecco cosa dice di lei il Premio Nobel:

“Quest’anno, Katerina Gordeeva ha ricevuto il Premio Anna Politkovskaja.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina, Katerina Gordeeva è diventata un’alternativa unipersonale a una colossale macchina di propaganda. I racconti e le persone raccolti in questo libro sono sconvolgenti.
Tragedie, il passaggio del popolo ucraino dall’incomprensione alla furia, attraverso la rabbia… Una ferita che ora è permanente.Fassbinder una volta ha osservato che, anche se non puoi cambiare niente, ciò non toglie il tuo dovere di documentare tutto.
Quello che Gordeeva documenta cambia il mondo, anche. Ora stai per farne esperienza tu stesso.”

Dmitrij Muratov