Non l’ho mai più visto. In autunno sono entrato ancora qualche volta nella casetta vuota. Lì ero stato qualcuno. L’odore di tabacco è rimasto ancora a lungo. Sette mesi più tardi Henk era morto e qualche giorno dopo avevo cacciato la testa sotto le vacche. Non sono mai più uscito da lì.

C’è silenzio lassù, di Gerbrand Bakker, Iperborea edizioni 2009, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo

Se decidete di leggere questo romanzo, prendetevi un po’ di tempo. Non è una di quelle letture da macinare in fretta per sapere cosa è successo nel passato del protagonista e cosa succederà nel suo futuro. È un testo che va assaporato con calma, per potere apprezzare il minimalismo esistenzialista che caratterizza la scrittura – una scrittura lenta ed essenziale – per potere vedere con la mente i paesaggi descritti con le parole, sempre parche, e con i silenzi, con i dialoghi snelli, botta e risposta.

La voce narrante è Helmer, il gemello di Henk. Ma Henk è morto, in un incidente stradale mentre alla guida c’era  la sua fidanzata Riet. Helmer ed Henk: gemelli diversi.  Henk amava la vita di campagna: nella sperduta fattoria che è la loro casa, amava lavorare nei campi e accudire il bestiame, e per questo era il favorito del padre. Helmer amava la letteratura e voleva frequentare l’università ad Amsterdam, e per questo era biasimato dal padre. Henk era spavaldo, Helmer introverso. E tra loro, Riet aveva scelto Henk. Dopo l’incidente e la morte di Henk, niente era tornato come prima. Riet era stata cacciata dal padre di Henk, Helmer costretto ad abbandonare i suoi studi e a seppellirsi nella fattoria.

Ma questo è il passato, e lo si scopre andando avanti nella lettura, seguendo il filo dei ricordi di Helmer che, un tassello alla volta, porta alla luce il suo passato, visto dalla prospettiva dei suoi ormai cinquant’anni.

Il romanzo inizia con il gesto di rottura da parte di Helmer: dopo anni di vessazioni subite da suo padre, decide di esiliarlo in una stanza della casa; lo isola, fa in modo che non abbia contatti con l’esterno, quasi a negarne l’esistenza; lo nutre e lo cura il minimo indispensabile per tenerlo in vita; gli parla raramente. Quanto deve averlo fatto soffrire, questo padre. Quante umiliazioni deve avergli inflitto, per portarlo ad un comportamento di questo tipo.

Lo si scopre man mano, in una narrazione che alterna il presente al passato, e man mano che la storia evolve. Riet, la fidanzata di Henk, si fa viva dopo tanti anni; è rimasta vedova e ha un figlio, che non a caso ha chiamato Henk, e che ora vorrebbe affidare ad Helmer perché lo raddrizzi. E la storia si complica. Perché quello con il figlio di Riet, non sarà un rapporto facile.

Dal passato riemerge una figura che aveva avuto un ruolo importante per Helmer: il loro garzone, che molti anni prima, era stato cacciato dal padre, e che forse era stato l’unico a comprendere il carattere di Helmer.

Intorno ad Helmer si muovono la vicina di casa Ada e i suoi due figli.

L’atmosfera del romanzo è come il paesaggio dell’Olanda del nord: un orizzonte piatto a perdita d’occhio, che lascia correre la mente, senza intralci. Un paesaggio “vuoto”, caratterizzato dall’elemento acqua, specchio di un cielo infinito nel quale corrono le nuvole. Un paesaggio fisico e dell’anima, popolato da assenze. Così come vuote di affetti sembrano le vite dei protagonisti; le parole non dette, il silenzio, quello che regna fuori e quello che regna dentro la casa, amplificano la sensazione di solitudine.

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Molti sono i temi che sottendono la scrittura minimalista e a tratti ironica di questo autore. Quello che più balza in evidenza è il tema del doppio, sviluppato nei due protagonisti gemelli, ma anche nei due canoisti che compaiono sul canale, due sono i figli della vicina Ada, e due sono gli autisti del latte, così come due sono gli amati asini di Helmer. Due sono gli Henk: uno è il gemello di Helmer e l’altro il figlio di Riet. E anche il paesaggio ha in sé il tema del doppio: nelle acque tutto si riflette come in uno specchio, come nello specchio in casa Helmer si vede riflesso. Così come è doppio il binario su cui corre la storia: il passato e il futuro.

E poi il tema dei rapporti familiari difficili, il tema delle rinunce, che dominano nella vita di Helmer. Un altro tema che emerge è l’amore per la natura, vista nei cambiamenti legati alle stagioni, nella cura per gli animali, presenze forti e positive, raccontati nella loro aderenza alle leggi naturali anche quando possono apparire crude. Un amore a cui Helmer sembrava dovere essere piegato dal volere del padre, ma che in realtà è un istinto forte, è ciò che lo lega alla vita.

Un altro tema che sottende alla narrazione della vita di Helmer è la sua latente omosessualità: la si intuisce dagli accenni che fanno capolino quando parla di alcune situazioni, ma non viene mai esplicitamente affermata; sembra essere relegata a un malinconico senso di rinuncia, una delle tante rinunce alla vita di Helmer.

Gerbrand Bakker, nato a Wieringerwaard in Olanda, è uno dei più promettenti scrittori emergenti olandesi. Ha studiato Letteratura Nederlandese prima di diventare doppiatore di documentari, autista e giardiniere. I suoi primi lavori sono stati un dizionario etimologico per bambini e il racconto per ragazzi Perenbomen bloeien wit (1999). Il romanzo C’è silenzio lassù, premiato con il Golden Dog-Ear per autori emergenti, è stato un bestseller in Olanda. Iperborea ha pubblicato nel 2012 anche il romanzo Giugno. Einaudi ha pubblicato La deviazione.

Qui potete leggere l’incipit.