Quando gli occhi di Ruta Tannenbaum squadrarono Branko Mikoci, a lui venne la pelle d’oca. Erano gli occhi più grandi che avesse mai visto e davano l’impressione d’essere più intelligenti e maturi non solo di quella bimba di sei anni, ma anche di tutte le altre persone presenti in quel momento nella sala delle prove (..) In quegli occhi intelligenti di bambina Mikoci aveva trovato ciò che cercava inutilmente nelle sue attrici quando diceva loro che non dovevano sbracciarsi senza senso (..) Dovevano tenerle ferme, quelle mani, perché le mani servono per remare, è con gli occhi che si recita.

Ruta Tannenbaum, di Miljenko Jergović, Nutrimenti edizioni 2019, edizione originale 2006, traduzione di Ljiljana Avirović, pagg. 318

Miljenko Jergović, nel raccontare la vita di Ruta Tannenbaum, offre al lettore un quadro molto più ampio della sua storia familiare; ciò che incontriamo in questo poderoso romanzo è l’affresco composito della Zagabria pre Seconda Guerra Mondiale. Una città nella quale convivono tensioni politiche legate ai continui cambi di potere, l’ascesa di una borghesia che cerca di emanciparsi e l’anelito ad una indipendenza che garantisca una crescita sociale ed economica. Eppure, in questo quadro che sembra volersi lasciare alle spalle il passato, covano pregiudizi, odi e rivalità all’interno della società croata; verso i serbi, che occupano posizioni di potere amministrativo e governativo, e verso gli ebrei che detengono, agli occhi degli altri cittadini, il potere economico e che, per questo, alimentano invidie e repulsioni.

L’ascesa al potere di Hitler e la deriva nazista che contagia il partito ultranazionalista croato – guidato da Ante Pavelić -, spingono verso l’invasione dell’esercito tedesco, fiancheggiato dagli ustascia croati, che precipita la Croazia nell’antisemitismo e nella volontà di eliminare dalla propria società tutti gli elementi che ne minacciano la purezza, come i Serbi o i Bosniaci, che al pari di ebrei e zingari, verranno uccisi o deportati nel lager di Jasenovac.

L’autore punta l’obiettivo sull’umanità composita che vive a Zagabria, e compone questo grande puzzle raccontando in terza persona, con una prosa ricca e articolata, alternando realismo e humor nero, le vicende di Ruta e dei suoi genitori, Moni e Ivka, del nonno Abraham Singer, e dei vicini Amalija e Radoslav, allargando poi lo sguardo a molti altri personaggi, descrivendo le sorti di ciascuno con ricchezza di particolari e partecipazione, rendendoli così reali e vibranti, non comparse ma co-protagonisti di una narrazione corale, dove ciascun personaggio ha un ruolo e uno spessore consistente, mescolando storia reale e finzione. Un quadro dove non ci sono eroi, ma persone che vanno dove tira il vento, talvolta meschine e opportuniste, invidiose e settarie; una società composita che invece di trarre valore dalle diversità, propende per l’assolutismo che sembra garantire i migliori vantaggi, salvo poi svegliarsi – e questo ce lo dirà la Storia – nel bel mezzo di una carneficina.

Zagabria Ilica by Tomislav SKlopan
Zagabria, Ilica. Photo by Tomislav Sklopan

Ivka è la figlia di un commerciante ebreo benestante, che ha cercato di accasarla, senza peraltro riuscirci, con un buon partito. Si è invece sposata con Salamon Tannenbaum, Moni, un “ebreuccio” pronto a rinnegare le sue origini, o, quantomeno a non sbandierarle. Alla nascita della loro bambina, Ruta, abitano in via Gundulić, dove fanno la conoscenza dei vicini Amalija e Radoslav, cattolici croati, a cui è da poco morto il figlioletto. Il dolore per la perdita del figlio ha quasi condotto Amalija all’esaurimento e, per alleviarne le pene, il marito Radoslav offre ai vicini la possibilità di affidare la bambina un paio di giorni alla settimana alle cure della moglie. Mentre Ivka è terrorizzata all’idea che la donna possa farle del male, Moni, per paura di inimicarsi il vicino, acconsente. Tra Amalija e Ruta nasce un sentimento di reciproca dipendenza: per la donna è la possibilità di soddisfare il suo anelito alla maternità e per la bambina la possibilità di esprimere il suo estro e le sue peculiarità. Infatti, mentre Ivka è una donna insicura e iper protettiva, Amalija offre alla bambina tutti quegli stimoli di cui ha bisogno: esprimersi liberamente, saltare e arrampicarsi sui mobili, andare al circo. Ma, soprattutto, la donna è l’artefice della grande svolta nella vita della bambina. “Senza chiedere il permesso a Ivka o a Salamon, senza nemmeno dir loro nulla, Amalija aveva portato Ruta a un’audizione al Teatro nazionale croato”: il primo passo dell’ascesa al successo di Ruta, “la Shirley Temple jugoslava” come recita l’annuncio con cui il regista avvia la sua ricerca. Da quel momento inizia per Ruta l’ascesa al successo; diviene famosa in tutta la Croazia, grazie alle sue innate doti interpretative e soprattutto al suo sguardo intenso e magnetico. Come spesso accade, il successo non migliora le persone, anzi spesso ne mette in luce le piccolezze. Il precipitare degli eventi che porta alla presa del potere degli ustascia e l’affiliazione alla Germania nazista, concludono tragicamente la vita di Ruta e della sua famiglia, così come quelle di centinaia di migliaia di persone.

Nella nota finale, l’autore svela che voleva scrivere la biografia di Lea Deutsch, attrice famosa, assassinata prima di compiere i sedici anni. Ma nonostante le ricerche, a Zagabria di lei non rimane alcuna traccia. Ecco che allora ha creato il personaggio di Ruta che, seppur con molte differenze, si ispira a Lea, divenendo un omaggio a questa stella dal tragico destino. Omaggio che potremmo estendere a tutte quelle persone a cui la guerra ha tolto il futuro.

Il romanzo ha suscitato molto clamore, soprattutto in Croazia, e aspre critiche per il quadro piuttosto negativo della società zagabrese. In effetti, l’autore descrive con crudo realismo gli anni a ridosso del conflitto mondiale nella città croata, ma, a mio modesto avviso, il suo orizzonte è più vasto. Ciò che risalta è un meccanismo che si è verificato in molti paesi europei in quegli anni, dove la gente comune non si è accorta del baratro verso cui si stava indirizzando; dove etnie, religioni e ceti sociali diversi convivevano fin tanto che le derive nazionaliste e settarie, le ideologie e gli interessi economici hanno cominciato ad alimentare odio e violenza. E che si sono tragicamente ripresentati negli anni Novanta durante le guerre balcaniche. Leggere oggi questo romanzo che ci parla del passato dovrebbe farci riflettere su cosa sta di nuovo prendendo piede in Europa, perché se certi errori sono stati fatti, sarebbe perlomeno auspicabile che se ne traesse un qualche insegnamento.

Miljenko_Jergovic_Graz_2012Miljenko Jergović è nato a Sarajevo nel 1966, ma risiede da molti anni a Zagabria. È autore di una trentina di opere tra romanzi, raccolte di racconti e antologie poetiche, ed è considerato uno dei maggiori scrittori di area slava, tradotto e premiato in numerosi paesi. Molti suoi libri sono stati pubblicati in Italia, tra cui Le Marlboro di SarajevoI KarivanBuick RivieraFreelander e Volga, Volga; ha anche ricevuto il premio Grinzane Cavour per Mama Leone. Da Buick Riviera è stata tratta nel 2008 la pellicola omonima, premiata come miglior film al Festival del cinema di Sarajevo e come miglior sceneggiatura al Festival del cinema di Pola. Con Ruta Tannenbaum ha vinto il premio Meša Selimović per il miglior romanzo scritto in lingua bosniaca, croata, serba e montenegrina.

Qui potete leggere l’incipit.