Dispone con cura i nuovi pensieri insieme ai precedenti secondo uno schema intrinseco. Non ha bisogno di farli combaciare l’uno con l’altro, trovano da soli la loro via, come i piccoli di tartarughe marine trovano il mare dopo la schiusa. In qualche caso generano un cortocircuito. Quando un nuovo pensiero entra in contatto con vecchi incastri di pensieri che hanno dato luogo a significati e storie. Allora la storia cambia, forse anche il significato, e lei torna in sé come rigenerata. Sta ancora maturando. (pag 19)

Doppio vetro, di Halldóra Thoroddsen, Iperborea 2019, traduzione di Silvia Cosimini, pagg. 106,  copertina di Stephan Schmitz. Vincitore del Premio della Letteratura Europea 2017

Con una prosa delicata ed estremamente poetica, l’autrice ci accompagna in questo viaggio tra i pensieri della protagonista, una donna anziana, che vive da sola e che osserva il mondo dalla finestra del suo appartamento di Reykjavík. Una donna che ha avuto una vita piena: ha studiato a Parigi in anni in cui non era così consueto che le ragazze islandesi si recassero all’estero per studiare, ha avuto un matrimonio felice, dei figli, nipoti e varie amicizie. È stata e rimane un’intellettuale, si è impegnata politicamente ed ha ancora tanta voglia di farsi coinvolgere, al fianco dei giovani. Come infatti accade quando la crisi economico-finanziaria mette in ginocchio l’Islanda e lei scende in strada a manifestare, perché “a lei importa di come va il mondo, ha a cuore che i giovani se la cavino e possano godersela un po’.” Nelle pagine emergono le sue riflessioni, personali e sociali, pensieri che sondano l’attualità di una città che ha dato spazio ad uno sviluppo fatto di centri commerciali, anziché di veri luoghi d’incontro per le persone, per il dialogo. E la protagonista è decisa a dare ancora il suo contributo a mantenere vivo quel dialogo tra le generazioni, ad essere un ponte tra il passato e il futuro.

Nonostante sia consapevole che i giorni migliori sono alle spalle, ha ancora tanta fame di vita. Esce di casa per andare alle serate del bingo, va in caffetteria a bere un bicchierino di gin e ascolta le conversazioni dei giovani. Il marito ormai defunto, i figli con le loro vite e i nipoti con cui è difficile comunicare, gli amici che pian piano se ne vanno, tutto questo non scalfisce la sua lucidità e, nella sua abitudinaria routine di vita, c’è ancora spazio per lasciarsi sorprendere da un’avventura amorosa.

Nessuno si aspetta mai che costruiamo un nido sull’orlo della fossa. Essere innamorati alla sua età è un penoso canto del cigno. (pag. 38)

All’inizio è restia ad accettare la corte di un anziano chirurgo in pensione, che probabilmente aveva già conosciuto in gioventù; le sembra un po’ ridicolo, fuori luogo, chissà cosa direbbero i figli… Ma poi si lascia  andare alla gentilezza di un corteggiamento che le fa venire le guance rosse e vive un nuovo capitolo della sua esistenza. Con complicità e passione, anche con tanta ironia, i due anziani vivono un rapporto che li fa stare bene; fanno progetti, vorrebbero andare a convivere in un appartamento all’interno di una residenza per anziani. Ma il destino complica le cose.

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Reykjavik, photo credit siviaggia.it

In un certo senso, questo amore tardivo e contrastato dai figli, mi ha ricordato “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf, un altro romanzo che affronta – anch’esso con profondità ed ironia – lo stesso tema.

Il romanzo di Thoroddsen si apre con una metafora: la finestra, che è un portale, lo spazio attraverso cui la protagonista osserva l’esterno, e, allo stesso tempo, lo spazio attraverso cui il lettore osserva i pensieri della protagonista. Affiorano ricordi della vita a Parigi, i volti delle persone che hanno avuto un ruolo importante nella sua vita. Il dialogo col marito che non c’è più ma che aleggia in casa. E poi tante considerazioni sulla politica di sviluppo dei governi islandesi, incapace di produrre un vero progresso intellettuale.

Si immerge nel mare dei pensieri, ecosistema dell’essere pensante. Ciascuno emana flussi sottilissimi, quasi invisibili. È raro che la gente tiri fuori la testa dall’acqua. A lei è capitato, si è svuotata la mente, è emersa in superficie. Il pensiero non può scindersi dalla corrente, non può che seguirla. Il mare dei pensieri sottostà a leggi proprie. E i suoi flussi sottilissimi vi appartengono, hanno anche loro qualcosa da dire. (pag. 88)

Questo delicato romanzo ci spinge a riflettere sulla considerazione che viene riservata nella nostra società agli anziani: spesso restano isolati, ritenuti ormai incapaci di partecipare attivamente alla vita sociale, di vivere passioni e sentimenti, di coltivare interessi. La protagonista di questo romanzo ci insegna invece che anche se il corpo invecchia, ciò che si è stati, le esperienze vissute, i sentimenti sperimentati, restano a formare un groviglio di pensieri che alimentano il volere restare attaccati alla vita, esserne parte attiva, a fianco dei giovani quando si condividono ideali.

Il racconto procede mescolando il presente al passato, attraverso il flusso dei ricordi e l’incedere dell’attuale, con un ritmo cadenzato da brevi epigrafi ai paragrafi, che riportano i gesti quotidiani, o ciò che vede la protagonista dalla finestra, o particolari della vita domestica, tutte al presente. La lingua è poetica e musicale, una lingua “delle vocali lunghe“, e riesce a catturare il lettore, a coinvolgerlo sul filo dei pensieri e, chissà, a misurarli con i propri.

Thoroddsen fotoHalldóra Thoroddsen è nata nel 1950 e vive a Reykjavík. Scrittrice e poetessa, ha lavorato come insegnante, grafica e direttore dei programmi della radio islandese. Scrive poesie, racconti, sceneggiature e romanzi. In corso di pubblicazione in dieci paesi europei, Doppio vetro è il suo primo romanzo a essere tradotto in Italia e ha ricevuto il Premio della Letteratura Europea e il Premio della letteratura femminile islandese.

 

 

 

Qui potete leggere l’incipit.

Per approfondire vi consiglio questa intervista:

Intervista ad Halldóra Thoroddsen | SalTo19