Guadalupe Nettel è nata a Città del Messico nel 1973; laureata in Lingua e Letteratura spagnola e in Scienze del linguaggio, vive e lavora come traduttrice e insegnante a Barcellona. È autrice di quattro raccolte di racconti tra cui “Pétalos y otras historias incómodas” (2008) e “El matrimonio de los peces rojos” (2013); e di un romanzo: “El huésped” (2006). Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra i quali il premio franco-messicano Antonin Artaud (2008), il premio tedesco Anna Seghers (2009) e il Premio de narrativa breve Ribera del Duero (2013). Il corpo in cui sono nata (Einaudi 2014) è il suo primo libro tradotto in italiano, a cui sono seguiti Quando finisce l’inverno (Einaudi 2016), Bestiario sentimentale (La Nuova Frontiera 2018) e Petali (La Nuova Frontiera 2019).

Da poco in libreria, il nuovo romanzo di Guadalupe Nettel descrive gli infiniti modi in cui si può vivere la maternità e fornisce molti spunti di riflessione: La figlia unica, che La Nuova Frontiera propone nella collana Liberamente, nella traduzione di Federica Niola. Qui trovate la mia recensione.

Nettel la figlia unica

Laura e Alina si sono conosciute a Parigi quando avevano vent’anni. Ora sono tornate in Messico. Laura ha affittato un piccolo appartamento e sta finendo la tesi di dottorato mentre Alina ha incontrato Aurelio ed è rimasta incinta. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando un’ecografia rivela che la bambina ha una malformazione e probabilmente non sopravvivrà al parto. Inizia così per Alina e Aurelio un doloroso e inatteso processo di accettazione. Non sanno ancora che quella bambina riserva loro delle sorprese. È Laura a narrarci i dilemmi della coppia, mentre anche lei riflette sulle incomprensibili logiche dell’amore e sulle strategie che inventiamo per superare le delusioni. E infine c’è Doris, vicina di casa di Laura, madre sola di un figlio adorabile ma impossibile da gestire.

Nettel petali

Una raccolta di racconti dove i protagonisti a volte sembrano opporsi alla loro alterità, altre volte si abbandonano al loro amaro desiderio, portando però sempre su di loro l’oscuro fascino dell’anomalia. Qui trovate la mia recensione.

In «Petali e altri racconti scomodi» cogliamo l’attimo, che spesso riassume una vita, in cui i protagonisti scoprono ciò che potrebbero essere, o forse, ciò che non oseranno essere mai. Davanti ai nostri occhi, scorrono storie che ci appaiono nella loro più sconcertante intimità, come immagini proiettate con nettezza su una lastra radiografica. Un giovane fotografo parigino ritrae solo le palpebre di donne che stanno per sottomettersi a una chirurgia plastica; un impiegato giapponese scopre la sua strana affinità con i cactus, una modella lotta contro un tic che si porta dentro dall’infanzia, un’adolescente cerca in un’isola tropicale la Vera Solitudine, un collezionista di odori insegue la sua margherita nei bagni per signore. Maniacali, eccentrici o semplicemente troppo umani, i protagonisti di questi racconti a volte sembrano opporsi alla loro alterità, altre volte si abbandonano al loro amaro desiderio, portando però sempre su di loro l’oscuro fascino dell’anomalia. Perché, come sembra suggerirci l’autrice, è proprio in questa zona grigia, al confine tra l’armonia e la deformità, che risiede la vera bellezza.

Nettel bestiario sentimentale

Attraverso le storie dei loro animali, Guadalupe Nettel, racconta in maniera magistrale la vita di uomini e donne fragili, consumati da amori non corrisposti, colti nei momenti più importanti e delicati della vita in cui decisioni irrevocabili possono cambiare il corso di un’esistenza. Qui trovate la mia recensione.

Nei cinque racconti di “Bestiario sentimentale” la vita degli animali, governata dagli istinti e dalle leggi implacabili della natura, si fa specchio delle relazioni tra esseri umani. Così, osservando la silenziosa esistenza dei pesci combattenti, una donna si trova a fare i conti con la crudeltà che nasce in un rapporto di coppia agli sgoccioli. Una casa invasa dagli scarafaggi diventa teatro di una guerra tra specie in cui si rispecchiano i conflitti familiari. Una gatta e la sua cucciolata offrono l’occasione per riflettere sulla maternità, quando è desiderata e quando non lo è. Un fungo e una vipera svelano rispettivamente il misterioso legame che unisce due amanti e il dolore di una passione impossibile. Attraverso le storie dei loro animali, Guadalupe Nettel, racconta in maniera magistrale la vita di uomini e donne fragili, consumati da amori non corrisposti, colti nei momenti più importanti e delicati della vita in cui decisioni irrevocabili possono cambiare il corso di un’esistenza: mancarsi per un soffio, ritrovarsi o perdersi per sempre.

Nettel quando finisce inverno

Claudio è cubano, ha quarant’anni, vive nell’Upper West Side a New York e lavora in una casa editrice. Ogni giorno combatte per salvaguardare un ordine preciso contro il terrore di perdersi nel caos, segue un rituale complicato di pulizia e abitudini, è appassionato di musica, orgogliosamente misogino e geloso della propria privacy. Cecilia invece è messicana, a venticinque anni ha deciso di trasferirsi a Parigi per sfuggire al ricordo della madre che l’ha abbandonata, a un padre inadeguato, a una malinconia che si manifesta in una precoce passione per le tombe e i cimiteri. Entrambi hanno una relazione, anche se precaria e instabile, ma quando Cecilia incontra Claudio, in viaggio a Parigi, è un colpo di fulmine, la rivelazione di un senso nascosto delle cose, che cambia per sempre la loro vita, anche se non nella direzione in cui i due amanti avrebbero voluto. 

Nettel il corpo in cui sono nata

Guadalupe Nettel racconta la bambina che è diventata nascendo con un neo bianco sulla cornea. Nella Città del Messico degli anni Settanta subisce il disagio delle cure e assiste impotente alla disgregazione della famiglia, al crollo delle poche certezze che pensava di avere. Mentre aspetta l’operazione all’occhio, gioca a calcio e sale sugli alberi, guarda di nascosto e si costruisce il suo mondo, costretta ad arrendersi alle necessità di un corpo che cresce e sabota ogni conquista. Fino a quando deve lasciare anche l’ambiente progressista messicano di cui ha faticosamente preso le misure per trasferirsi nella periferia francese. Allora, per consolarsi con altre anomalie, ripensa a Gregor Samsa, ai trilobiti dell’era paleozoica, scrive racconti raccapriccianti e clamorosi, si ribella appena può, e sopravvive agli echi del Messico lontano, all’occhio di sempre e alle scoperte che ingoiano ingenuità e innocenza. Tutto prima che finisca l’attesa, prima di arrivare a raccontare in un romanzo, senza leziosità e senza lezioni, come in una seduta psicanalitica in cui le domande fluttuano senza risposte e spazzano la necessità della decenza, il percorso che l’ha portata ad abitare il corpo in cui è nata. Come un dovere che corona la battaglia, con uno sguardo che illumina di tragedia e di ironia i momenti lievi e le rivelazioni inconfessabili. Dando loro una forma.

Vi segnalo alcuni articoli apparsi sul nuovo romanzo:

su Doppiozero

su Minima et Moralia

su Fanpage