Le piogge di aprile hanno reso le giornate piuttosto complicate, soprattutto per gli spostamenti; chi vive in una grande città sa bene quanto il traffico, e dunque le tempistiche, si complichino con il maltempo. Speriamo che il mese di maggio ci regali giornate soleggiate e temperature più miti, visto che negli ultimi dieci giorni si è dovuto fare ricorso al riscaldamento per non gelare in casa.

Grazie alle piogge, si sono ridotte anche le uscite di piacere e quindi sono aumentate le ore dedicate alla lettura. Come si suol dire, non tutto il male vien per nuocere…
Ecco le mie letture di aprile:

Sacha Naspini, Nives

Veronica Raimo, Niente di vero

Silvia Avallone, Cuore nero

Chiara Valerio, Chi dice e chi tace

Virginie Grimaldi, Una vita bella

Katerina Gordeeva, Oltre la soglia del dolore

Alessandra Jatta, L’apolide

Tra di esse merita una menzione il reportage di Katerina Gordeeva, un documento unico e prezioso per comprendere la tragedia umana della guerra russo-ucraina.
Tra i romanzi letti, il mio preferito è stato:

Cuore nero, di Silvia Avallone, Rizzoli 2024

Un romanzo travolgente, che racconta una storia dura, dolorosa, autenticamente umana. Protagoniste sono delle vite interrotte, vite che hanno sperimentato il male, che lo hanno fatto o subìto, che lo portano addosso come un abito che non si riesce a togliere ma dal quale provano ad affrancarsi; “un’umanità ferita, ma che ha ancora tanto da riscattare”.

Con coraggio e bravura, Silvia Avallone scrive un romanzo che sonda la colpa, esplorando i suoi abissi, la difficoltà di superarla senza negarla, né giustificarla, guardandola in faccia senza reticenze. Giustapponendola al riscatto, alla possibilità di trasformare l’energia negativa in un flusso positivo capace di risanare e incanalare verso il bene. Per intraprendere questa strada così difficoltosa è necessario riuscire ad assolvere se stessi, sia che il male lo si sia compiuto o subìto, perché prima che lo facciano gli altri, lo deve fare chi ne è stato protagonista.

Avallone, in una intervista al Corriere, ragiona sulla facilità del male e sulla bellezza del bene, perché il male è banale, come ha raccontato Hannah Arendt a proposito del criminale nazista Eichmann. A compiere il male ci spingono i peggiori sentimenti umani, a cui si cede, si dà sfogo in un momento di debolezza, di frustrazione, di perdita del controllo. Più difficile e faticoso tramutarli in qualcosa di costruttivo. Attraverso questo incrocio di vite rotte che desiderano una riparazione, Avallone ci addita una possibilità, una su tante, forse troppe, di trovare quella tortuosa e insidiosa via verso l’emancipazione dal male.

Qual è stato il vostro libro preferito di aprile?