Quando tornammo a Belgrado, ridemmo ancora per un po’ del nervosismo che ci aveva presi e io credetti fermamente che lì, nel nostro appartamentino da dove l’odore degli inquilini precedenti era infine evaporato, sarebbe sorto un nuovo tipo di magia, perché mi sembrava di ricominciare davvero dall’inizio, di diventare una persona nuova – il passato si staccava da me come l’albume dal tuorlo nelle mani di un’abile cuoca – ma qualcosa con persistenza, giorno dopo giorno, cambiava in peggio. Tra noi si stava aprendo un fossato simile a quello che mi aveva già impedito di tornare dai miei genitori – simile a quello che, evidentemente, si era aperto anche tra loro. Era un cappio senza principio né fine; era proprio di questa frattura che si doveva parlare, condividerla con l’altro, ma noi rimanemmo in silenzio fino a quando la voragine non riempì l’intero appartamento. (pag. 174)

La frattura, di Darko Tuševljaković, Voland editore 2019, traduzione di Anita Vuco, vincitore del Premio dell’Unione europea per la letteratura

Il romanzo di Tuševljaković affronta la rottura che matura all’interno di un nucleo familiare; una frattura, appunto, che trae origine dalla non accettazione di una verità che turba, anzi mina le sicurezze di una vita, andando ad infrangersi su un tabù che per le generazioni dei padri è intoccabile. Dal privato, la lacerazione si espande al pubblico ed ha le sembianze di una cicatrice mai guarita, derivante dagli eventi legati al passato storico e politico di ciò che è stata la Jugoslavia e alla sua disgregazione.

Il romanzo, diviso in due parti, è tenuto insieme dal legame familiare tra i protagonisti: i genitori, Bogdan e Radica, e il figlio Damir. Il padre, un ex ufficiale dell’esercito, sciovinista e autoritario, e il figlio, un giovane studente universitario omosessuale. In mezzo a loro, la madre Radica, divisa tra l’amore per il figlio, di cui accetta le scelte, e quello per il marito, da cui però è inevitabile l’allontanamento a fronte dello scontro col figlio.

La prima parte è ambientata in Grecia, a Corfù, dove Bogdan e la moglie Radica vanno i vacanza. In realtà l’idea è stata della moglie e il marito, riluttante, si è limitato ad accettare, salvo poi passare il tempo a lamentarsi di tutto e ad assumere un atteggiamento quasi aggressivo. Partiti in autobus con un gruppo da Belgrado, Bogdan e Radica fanno amicizia con una coppia, Zoran, un medico militare, e la sua bella e giovane moglie Tanja.

I quattro si trovano alloggiati in un villaggio turistico un po’ sciatto, infestato dalle zanzare, che acuisce ancora di più i malumori di Bogdan. Le due coppie trascorrono insieme il tempo, tra gite e cene, e, tra confidenze e confessioni, si viene a creare uno scambio di coppia, più reale tra Tanja e Bogdan, più vago tra Radica e Zoran.

Una sera, durante una cena, il medico propone, per gioco, che ciascuno racconti la sua esperienza più tragica; ripescare dal passato eventi traumatici cessa però di essere un passatempo e assume i contorni di un malessere che, anche se coperto dal tempo trascorso, riprende vigore e forza, riportando a galla i motivi della frattura maturata all’interno della famiglia di Bogdan. Il precipitare della situazione all’interno del ristorante – si scatena una rissa con altri turisti e Bogdan e Zoran finiscono in ospedale – e le reciproche accuse, mettono duramente alla prova la tenuta del rapporto matrimoniale di Bogdan e Radica.

Nella seconda parte il racconto è affidato a Damir, il figlio, e inizia dopo la separazione dei genitori, mentre frequenta l’università a Kragujevac, nella regione serba della Šumadia. Damir frequenta David, uno studente locale con una personalità tormentata che esercita una forte influenza su di lui. I due trascorrono insieme tutto il tempo e, tra risse e provocazioni, sbornie e citazioni letterarie, emerge l’ambizione di Damir di diventare scrittore. Il rapporto tra i due giovani diviene sempre più stretto e fatto di complicità e reciproca attrazione.

Anche in questa seconda parte emerge il tema della disgregazione della Jugoslavia; sia Damir che David hanno genitori provenienti dalle diverse parti che un tempo la componevano: David di madre slovena e Damir di madre croata, hanno padri serbi, ma queste differenze prima non costituivano né un problema, né un motivo di frattura.

Frattura che invece si consuma a livello familiare quando Damir fa outing in casa e per questo motivo viene cacciato dal padre, incapace di accettarne l’omosessualità. Frattura che si completa quando la madre non è più disposta a tenere in piedi il rapporto col marito incapace di amare suo figlio per quello che è, e non per come lui lo vorrebbe.

Per approfondire le molteplici tematiche che si sviluppano nel romanzo, vi segnalo questa illuminante intervista alla bravissima traduttrice Anita Vuco:

http://www.sulromanzo.it/blog/letteratura-serba-in-mano-croata-intervista-alla-traduttrice-anita-vuco

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Photo credits: Andrej Bjelakovic

 

Darko Tuševljaković, nato nel 1978 a Zenica (Bosnia ed Erzegovina), attualmente vive e lavora a Belgrado. I suoi primi racconti sono usciti su riviste, quotidiani e antologie a partire dal 2002, e ad oggi ha pubblicato tre romanzi e due raccolte di racconti. La frattura – titolo originale Jaz – scritto nel 2016, gli è valso il Premio dell’Unione europea per la letteratura, ed è in corso di pubblicazione in diversi paesi, tra cui Spagna e Stati Uniti.

Qui potete leggere l’incipit.