Ripete che le strade ribollono dell’indignazione della gente, ma che le nostre emozioni sono smarrite, e ci rendono silenziosi. (..) Nella vita, di base, agiamo tutti per paura. Scegliamo sempre quello che conosciamo meglio, anche se significa scendere a compromessi.

Cronaca di un’ultima estate, Un romanzo dell’Egitto, di Yasmine El Rashidi, Bollati Boringhieri 2018, traduzione di Costanza Prinetti

Il romanzo si presenta in forma di memoir, un lungo racconto in cui l’io narrante si mostra in tre fasi della sua vita, corrispondenti a tre momenti significativi per la storia del suo paese, l’Egitto.

La prima parte del romanzo è riferita all’estate del 1984: la protagonista è una bambina, ed è dal suo punto di vista che apprendiamo cosa accade intorno a lei, in un presente narrato con il suo linguaggio immaturo e soprattutto curioso di capire cosa accade, nella sua famiglia e fuori. In questa prima parte il focus è soprattutto sulla famiglia, sulle abitudini, sulla grande casa abitata tutti insieme, sotto lo sguardo esperto della nonna, capostipite e riferimento per tutti. Ma già in questa estate si manifestano accadimenti per cui la bambina non riesce a trovare risposte: la sparizione del padre, che, le viene fatto capire, probabilmente si trova all’estero, le critiche di alcuni parenti al fatto che lei frequenti la scuola inglese – dove non si insegna la storia dell’Egitto -, le sparizioni di alcuni venditori ambulanti. La Storia entra nella vita della bambina attraverso la televisione, e fa parte dei suoi ricordi: era il 1981 quando Sadat fu ucciso, e lei aveva tre anni. E poi c’è Zio, che le racconta di Nasser, delle sue scelte sbagliate e di dove hanno condotto l’Egitto. Ora il potere è in mano a Mubarak, ma niente sembra cambiato. In questi anni, la vita della ragazzina è piuttosto solitaria, passa molto tempo in casa a disegnare e a fantasticare, vive gli affetti familiari, e si stringe al cugino Dido, più grande di lei, una specie di fratello maggiore.

Nella seconda parte, l’estate del 1998, la ritroviamo studentessa universitaria; vuole dedicarsi al cinema e alla scrittura ma il cugino Dido, attivista politico, vuole spingerla a girare dei documentari di impegno civile, per testimoniare cosa succede, qual è il clima tra la popolazione. Sono gli anni in cui al potere resiste Mubarak. L’autrice non prende mai di petto le problematiche politiche, ne esplora, piuttosto, le ripercussioni sulle persone: un generale clima di diffidenza e di silenzi, che lei tocca con mano quando va in giro a fare delle domande per i suoi documentari; intere zone dove le vecchie case sono abbattute e al loro posto sorgono palazzoni senza identità; un monumento abbattuto.

Era l’ennesimo atto di distruzione, disse, mirato a cancellare l’identità di una città. Tutto quello che abbiamo sempre visto sparirà. Qualunque cosa rechi tracce delle storie passate. Era il lascito che la mia generazione avrebbe ereditato, un lascito di distruzione e perdita.

Per arrivare ai sit-in in università, all’appoggio alla causa palestinese, all’odio verso Israele, e alle strumentalizzazioni della lotta che sono il preludio alle repressioni. Centinaia di giovani tirati giù dal letto, a casa loro, e portati via. Riapparsi dopo un centinaio di giorni ma di quella vicenda nessuno può parlare. I timori che i fondamentalisti si approprino della lotta e con le bombe e gli attentati diano l’assalto al potere. Il continuo avanzamento dei fondamentalisti, la religione che diventa il fulcro di tutto, la musica vietata, l’obbligo di indossare il velo…

Mentre la protagonista vive freneticamente la sua vita fuori casa, all’interno invece i rapporti con la madre sono rarefatti, ciascuna chiusa nei propri silenzi, mentre la figura di Zio rimane centrale nella sua vita. E intanto la ragazza matura sempre di più il suo desiderio di testimoniare quello che sta accadendo:

Quel giorno osservai Zio e Mama e mi interrogai sul destino. Sarei riuscita a ricostruire tutto nei miei scritti, nel copione, in un eventuale film?

Nella terza parte siamo all’estate del 2014, c’è stata la rivoluzione di piazza Tahrir, Mubarak non è più al potere, e al suo posto, dopo l’arresto di Morsi – capo dei Fratelli musulmani -, con un colpo di stato, si trova al-Sisi.

La protagonista racconta come la situazione per le strade del Cairo era diventata sempre più preoccupante. Chiese copte distrutte, attentati, prezzi dei generi alimentari alle stelle, fame e rabbia, e un silenzio carico di brutti presagi che serpeggiava tra la gente. Lei, ormai una donna, continua girare con la sua telecamera, vuole documentare quello che succede, farsi testimone.

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Il Cairo, photo by Maher Najim

Il romanzo è dunque molto interessante in quanto offre una panoramica vissuta dal di dentro di ciò che è stata la storia dell’Egitto degli ultimi trent’anni, raccontata da chi l’ha vissuta e ne ha provato a capire le implicazioni e gli sviluppi. Ci sono alcuni filoni che legano le vicende pubbliche a quelle private: le sparizioni, i silenzi, la nostalgia. L’autrice coglie tre momenti temporali della storia del suo paese che hanno a che fare col cambiamento e, raccontando passato e presente, tesse un quadro composito. Ma la parte che più mi è piaciuta è quella legata agli affetti familiari, allo svolgersi dei rapporti nel lungo arco temporale. Le figure la cui presenza è stata un caposaldo nella vita della protagonista – Nonna, Mama, Zio, Dido – e quella del padre, figura assente, tanto attesa per anni e che al ritorno appare come un estraneo, con cui ormai è difficile intessere un rapporto. Un legame speciale, invece, la protagonista lo nutre con la grande casa in cui vive tutti questi anni: una casa vecchia, di quelle che ormai non esistono più, in cui la famiglia ha vissuto unita. Solo alla fine, ormai rimaste sole, Mama e la protagonista la lasceranno.

Lo stile narrativo dell’autrice è molto caldo e partecipato – l’aspetto autobiografico in questo si fa sentire – rimanendo però sempre su un piano di oggettività per quanto riguarda la storia pubblica; nel suo raccontare in parallelo le vicende dell’Egitto – del Cairo, in particolare – e della sua famiglia, rimarca quanto nessuno possa tenersi lontano da quanto accade nella società, che ne si prenda parte attiva o meno.

Yasmine El Rashidi

 

Yasmine El Rashidi vive tra gli Stati Uniti e Il Cairo. È editorialista per il «New York Review ok Books» e per il trimestrale «Bidoun», dove si occupa di arte e cultura.

 

Qui potete leggere l’incipit.