Se c’è una cosa che il pubblico ama sono proprio i cantanti che risorgono quando hanno già un piede nella fossa. Basta che i vecchi artisti affrontino la morte con lo stesso sguardo di sfida con cui hanno affrontato la vita: la gente lo trova rassicurante. Ed è esattamente questo che secondo me il trio Thorsen saprebbe fare. (pag. 75)

Norwegian blues, di Levi Henriksen, Iperborea 2017, traduzione di Giovanna Paterniti, pagg. 379, copertina di Ryo Takemasa

 

La produzione narrativa di Levi Henriksen è davvero quanto di più piacevole e divertente mi è capitato di leggere in questi ultimi anni. Mi piace il suo stile stratificato: sotto la scorrevolezza e – apparente – semplicità della scrittura si insinuano ironia e poesia. Il suo è uno sguardo che osserva senza filtri, mette a fuoco il nocciolo delle complicate esistenze dei protagonisti facendo intuire al lettore che le persone non hanno solo un “dritto e rovescio”, ma una miriade di sfaccettature, e lo fa senza appesantire i capitoli con estenuanti descrizioni o dissertazioni, ma semplicemente mostrando di volta in volta un aspetto del carattere, così come i dettagli di un paesaggio. Li mostra facendo muovere i personaggi sulla scena, come se il lettore fosse lo spettatore di una rappresentazione teatrale o di una sequenza cinematografica. Luci e ombre, colori e suoni, profumi e odori emergono dalle pagine, in modo naturale, tra i dialoghi, in mezzo alle riflessioni dei personaggi, o attraverso ciò che i loro stati d’animo recepiscono in un contesto. Una scrittura che assorbe il lettore, che lo trasporta dentro il romanzo, come se fosse seduto in un angolo della scena, silenzioso ed invisibile, ma in grado di vedere e sentire il detto e il non detto, l’agito e l’inespresso. Di vedere con i propri occhi la natura che avvolge i protagonisti, di sentirne la presenza viva e palpitante.

Kongsvinger church

Conosciamo il protagonista Jim Gystad mentre, convocato in una chiesa pentecostale di Kongsvinger – che per inciso è anche il paese in cui è nato l’autore – per il battesimo del figlio di un amico, fatica a mantenere una dignità a causa dei postumi di una colossale sbronza della sera prima. Jim è un produttore discografico esperto di blues, un quarantenne che, dopo una sfilza di successi commerciali, si ritrova deluso dal mondo discografico e in generale sfiduciato dal genere umano. Sta vivendo la classica fase di passaggio dalla gioventù alla maturità, in cui molte certezze vacillano, in cui si cerca di tirare le somme di quanto fatto e di capire se si vuole andare avanti su quella strada in futuro o se è tutto da rimettere in discussione.

L’unica cosa di cui è certo, nonostante la sbornia e la crisi esistenziale, è che il trio che canta durante la funzione è una bomba. I Thorsen, tre fratelli ottuagenari – Maria, Tulla e Timoteus – gli appaiono come un’epifania, un’esperienza divina che lo riporta in vita: tre voci che sembrano sgorgare dalle sonorità del Mississipi, quel blues spirituale che vibra fin nei più reconditi anfratti dell’anima.

Questo è un successo che aspetta solo di essere lanciato, o meglio resuscitato. I tre fratelli, le loro voci, la loro storia. Ci sono tutti gli ingredienti, tutti. Che altro potrebbe volere un produttore come me? (pag. 71)

Jim viene immediatamente catturato dall’idea di lanciare il rientro sulla scena musicale del trio, che dopo innumerevoli successi e tournée, si è ritirato dalla vita pubblica e vive nella casa di famiglia, alle porte di un paese immerso nella natura norvegese. Jim è rapito dalle sonorità delle loro voci; in un negozio della zona riesce a comprare i loro dischi e ad immergersi nella potenza di quelle voci e della musica eseguita per mezzo di chitarra e mandolino. È talmente soggiogato dalle loro voci che tenta in tutti i modi un approccio con il terzetto; prima con le sorelle, poi con lo scorbutico e – sadicamente – mattacchione (nel senso che gli gioca dei tiri da manuale) fratello Timoteus, un personaggio enigmatico, sfuggente. Le sorelle sono più abbordabili, ma gli si rivelano subito un po’ bizzarre e originali, ma certamente più dolci del fratello.

Jim decide di trasferirsi da Oslo nel paesello, in una casetta di legno vicino al fiume, a due passi dalla loro abitazione, e di lavorare come elettricista per sbarcare il lunario. Ormai l’idea di riportarli davanti al pubblico è un’ossessione e in essa Jim vede la possibilità di un riscatto personale, un modo per dire si può lanciare un prodotto di qualità, senza piegarsi alle regole del mercato, ma ricercando originalità e profondità.

kongsvingers-golfklubb

Nonostante all’inizio i tre attempati musicisti mantengano le distanze – soprattutto Timoteus – pian piano, tra divertenti figuracce e incidenti di percorso, Jim riesce ad entrare nel loro mondo, a indagare il loro passato e a guadagnarsi la loro fiducia. E a scoprire i segreti del passato che hanno reso Timoteus la persona che è adesso.

Timoteus non è sempre stato così eccentrico. Quand’era giovane non aveva certo bisogno di sproni. Tutto è cambiato quando ha trovato quella lettera fra la posta. (pag. 167)

Pian piano che la confidenza aumenta, anche il passato emerge dalle nebbie e Jim riesce a fare breccia nei cuori del terzetto. Se riuscirà poi a realizzare il suo progetto, lascio a voi scoprirlo. Di sicuro vi garantisco che le innumerevoli situazioni che si vengono a creare vi divertiranno e inteneriranno.

Di Henriksen avevo già avuto modo di apprezzare Il lungo inverno di Dan Kaspersen; anche se sono due trame completamente diverse, ciò che accomuna i due romanzi sono lo stile e la capacità di dare vita a personaggi che si conquistano un posto nell’olimpo del lettore. Henriksen ha la capacità di reggere in piedi la costruzione narrativa senza fretta, svelando pian piano le tante sfaccettature dei caratteri dei personaggi, i fatti salienti, ma anche senza “lanci” in avanti buttando lì mezze rivelazioni per adescare il lettore. Le pagine si leggono con calma perché ogni frase, ogni scena la si gusta con piacere; certo, si ha voglia di andare avanti per sapere “come va a finire”, ma non si bruciano tutte le chicche di cui è disseminato il romanzo.

Il romanzo ruota attorno fondamentalmente a tre tematiche: l’insofferenza verso la vita caotica e frenetica di una società schiava delle logiche consumistiche, il fascino della musica, e la capacità di affrontare la vecchiaia come una delle fasi della vita. Temi tenuti insieme dallo sviluppo del rapporto tra Jim e i Thorsen: mentre all’inizio Jim era mosso soltanto dal progetto musicale, pian piano questo passa in secondo piano, lasciando spazio alla dimensione umana della loro amicizia.

E questi sono anche temi abbastanza ricorrenti nella produzione letteraria del nord Europa, espressione di una società matura, sostanzialmente benestante ma in quella fase di disincanto verso stili di vita materialistici.

Gli amanti della musica blues e rock qui andranno in solluchero per i tanti rimandi e le citazioni, a partire da quella in esergo del famosissimo brano di Leonard Cohen dedicato a Janis Joplin; ma attenzione a non prendere cantonate! Questo non è tutto….

Levi-Henriksen

Su L’indiependente trovate una intervista a Henriksen davvero interessante.

Qui potete leggere l’incipit.