Immagino che tutti quelli come me crescano con diverse bombe a orologeria che gli ticchettano dentro. Sapete, le bombe della rabbia, della paura, del risentimento, del semplice fatto di non essere abbastanza soddisfatti di se stessi nel profondo.  Qualcuno di noi, quel pacchetto se lo porta dietro tutto intero. E certe volte, il ticchettio delle bombe è così forte che non riesci a sentire altro. (pag. 147)

Tomato Red, di Daniel Woodrell, NN Editore 2020, traduzione di Guido Calza, pagg. 190

Pubblicato nel 1998, Tomato Red è un altro dei romanzi noir rurali di Woodrell, nella Serie di West Table; vi avevo già parlato di lui, nella recensione de La versione della cameriera.

Tomato red film 1

Narrato dal vagabondo e piccolo criminale ventiquattrenne Sammy Barlach, Tomato Red ha la migliore struttura che si possa trovare in un libro noir. Barlach ha vagabondato senza meta per gli Ozarks (altopiano che si estende tra gli stati centrali Missouri, Arkansas, Oklahoma, Kansas), mantenendosi con qualche lavoretto – che puntualmente perde – e, all’inizio del romanzo, lo troviamo reduce da un’abbuffata di metanfetamine di quattro giorni, insieme ad uno stralunato gruppo di disperati. Al culmine dello sballo, viene trascinato davanti ad una villa a West Table, Missouri, con l’istruzione di svaligiare tutto il possibile.

Ma Sammy è esausto, non è nemmeno un vero ladro, si lascia sopraffare dal lusso che scopre nella villa e si addormenta accasciato su una poltrona. Viene svegliato dal rumore di una giovane coppia che si muove per casa. Questi due risultano non essere i proprietari, ma piuttosto un fratello e una sorella della parte povera della città che, come lui, hanno fatto irruzione nella casa per il gusto di vedere come se la passano i ricchi.

Tomato red film 2

A differenza di Barlach, non sono lì per rubare ma per vestirsi con abiti eleganti, un diversivo progettato per portarli fuori dalla loro vita povera e grigia. Jamalee Merridew ha diciannove anni, è bassa di statura, molto arrabbiata e con i capelli rosso pomodoro, suo fratello, Jason ne ha quasi diciassette, ed è dolorosamente bello e strano. Barlach, rendendosi conto di aver saltato il weekend di lavoro, e quindi di aver perso di nuovo il lavoro, si unisce ai due senza pensare alle conseguenze.

Sammy soffre la solitudine, il non sentirsi considerato, e l’invito dei fratelli a unirsi a loro, ospite nella loro baracca, è per lui un grande segno di amicizia, proprio ciò di cui ha bisogno.

Ridotto all’osso, anch’io non sono altro che una canzone dei Beatles. All I need is love, love, love. (pag. 53)

E lì, nello spazio di un paio di capitoli scritti con parsimonia ma benissimo, c’è tutto ciò di cui ha bisogno la perfetta storia noir. Barlach è di buon cuore, almeno in qualche modo, ma totalmente incapace di tenere a bada i suoi peggiori impulsi o di resistere a qualsiasi tentazione. Il destino dei Merridews è incerto, alla mercé di una stratificazione sociale in cui loro, che vivono nel quartiere degradato della città – Venus Holler -, non hanno istruzione, e sono poverissimi; Jason lavora come aiutante di una parrucchiera, adorato dalle clienti per la bellezza delicata, mentre a Jamalee viene rifiutata qualsiasi possibilità di essere presa in considerazione per un qualche lavoro. E anche la loro madre Bev, che vive in una baracca prossima a quella dei fratelli ed è una prostituta, vive alla giornata, disillusa e talvolta cinica. Nonostante il clima di decadenza e una certa deriva di rassegnazione, i due fratelli cercano di sopravvivere al loro destino che sembra già scritto. Anche se fanno alcune scelte sbagliate e sono prigionieri di uno schema prestabilito di vita, è chiaro che non sono persone cattive, e il lettore si trova a guardali con uno sguardo empatico.

Per gli insegnanti, manco a dirlo, una Bain doveva per forza andare a gonfie vele, mentre una Merridew poteva solo restare incinta o buttarsi giù da un burrone. Qui la scuola destinava quelli come noi alla discarica. Alla montagna di spazzatura che perde tempo nei bar più schifosi e ogni tanto fa un lavoretto a salario minimo. (..) Il nostro futuro a West Table è stato deciso e stabilito lo stesso giorno in cui siamo nati. (pag. 54)

Dal punto di vista dell’azione, nella trama spiccano l’episodio della disavventura in un country club, dove Jamalee si presenta per ottenere un lavoro al bar, e da cui vengono cacciati in malo modo, venendo alle mani e tornando a casa sconfitti e arrabbiati. Come in tutte le storie noir, c’è ovviamente un delitto; e qui è uno di quelli che fanno male, di quelli che vengono mascherati e insabbiati, di quelli che scardinano le vite di coloro che hanno perso un affetto. Naturalmente c’è il sesso, quello dell’esuberante Sammy sempre in piena tempesta ormonale, che incontra nella disponibilità di Bev, un porto rigenerante. C’è quello di Jason, che lo vive in modo nascosto, perché essere omosessuale è considerato una deviazione, una colpa. E c’è quello rifiutato di Jamalee, un atto di ribellione nei confronti della madre, della spudoratezza con cui nemmeno cerca di avere un riguardo nei confronti dei figli.

Tomato red film 3

I punti di forza del libro, però sono altrove. Woodrell eccelle con i suoi personaggi, mostrando le loro motivazioni, comprendendoli e attraverso il dialogo crea un’atmosfera e un senso del luogo incredibili. Il romanzo offre un ritratto nudo e crudo di cosa significa nascere “dalla parte sbagliata della ferrovia”, in una città che vede due mondi contrapposti e così estranei l’uno all’altro, da rendere immediatamente evidente che nessuna possibilità di riscatto sarà offerta alle giovani vite che invece vorrebbero costruirsi un futuro diverso.  

C’erano orde di rabbia in quella casa. Di rabbia, di paura e di dolore. Se la casa fosse stata una persona, l’avresti mandata in una clinica molto lontana per farla curare. (..) Jamalee per lunghi intervalli non parlava, ma quando lo faceva l’argomento era sempre la fuga, la fuga verso codici postali più civilizzati e altre stronzate di fantasia che per lei rappresentavano stili di vita concreti, in quelle altre classi della società. (pag. 133)

C’è quindi un’ opera di denuncia sociale, un nuovo senso di conflitto di classe che si manifesta nel Missouri semirurale, ma non aspettatevi una cosa deprimente: lo stile di Woodrell, che lascia la parola a Sammy, è pirotecnico, è poetico e allo stesso tempo triviale, il tutto sostenuto da una disincantata ironia, figlia di una rassegnazione a cui, in modo dolente, si cerca di ribellarsi. 

Daniel Woodrell tesse un incantesimo sul lettore: con la poesia della sua lingua e il suo senso dell’umorismo ti fa sorridere al cospetto di questi stralunati personaggi; poi però, ti assesta un bel gancio, un pugno nello stomaco quando le verità si svelano per ciò che sono, in tutta la loro cruda e crudele realtà, e pongono dilemmi. Come si risponde alla violenza? Cosa succede quando non hai una voce? Come si convive con l’ingiustizia? I personaggi sono meravigliosamente imperfetti e, nonostante gli errori, hanno ben chiaro cosa vorrebbero dalla vita; esattamente come hanno ben chiaro che forse non lo otterranno mai.  

«Non è mai soltanto la vita» ha detto Jamalee. Ascoltando suo fratello e la donna, pareva ritirarsi come la bassa marea, in una posa molle ed esausta. «È la lezione della vita, che non cambia mai».

Qui potete leggere l’incipit, una lunga frase, un triplo salto mortale di stile. Adattato dal romanzo, è stato realizzato il film della regista e sceneggiatrice Juanita Wilson ; vi segnalo la recensione del Guardian (le immagini che ho inserito nel post sono riprese dal film).

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