INCIPIT
Prologo
Il dolore è intenso, ma lui non osa fermarsi. Tre ombre si muovono furtive lungo il sentiero che ha appena abbandonato. Il sole sta tramontando e il cielo è screziato di cremisi. Sono passati anni, ma ancora si ricorda il loro fiato sul viso, gli insulti sibilati all’orecchio. I ferri arroventati premuti contro il petto, gli aghi infilati sotto le unghie. Le vecchie cicatrici sui polsi si stanno riaprendo. Stavolta non riusciranno a prenderlo. Si lancia in un fuoripista e atterra sulla neve fresca. I cristalli si sollevano e si spargono dietro di lui disegnando una luminosa scia bianca nell’oscurità che si addensa sulla montagna. Ma le ombre sono sempre più vicine. Riesce a sentire il fruscio dei loro sci, a intuirne gli sguardi. Il vento gelido porta con sé puzza di sudore. Non sa come, ma deve scendere più veloce. D’un tratto qualcosa lo afferra al petto, comprimendogli i polmoni. Non riesce a respirare. I bastoncini gli sgusciano dalle mani e cade. Il suolo si inclina e oscilla attirandolo a sé. Ha la testa pesante e il corpo stremato. Alza gli occhi. Non ci sono più ombre, solo un turbinio di nuvole. Fiocchi di neve gli sfiorano il viso. La montagna vortica, la terra si allontana. La moglie e la figlia sono accanto a lui, gli tengono le mani sulla fronte, sulle braccia, sul torace. Il dolore si affievolisce. Riposerà per un po’. Chiude gli occhi e vede la ragazza dai capelli neri che ha smarrito la via e la bambina che non conosce il proprio nome. Giura di proteggerle. Gli ultimi raggi del sole invernale si smorzano nel cielo livido. Il vento rotola giù dalla vetta e lo copre in una coltre di neve. Oltre gli scuri picchi dell’Elburz c’è Teheran, città di donne velate, sovrani caduti e ayatollah, mercanti e bazar. Nei giardini ricoperti di ghiaccio, i bambini giocano fino a tardi a nascondino tra i ciliegi imbiancati dal gelo e succhiano i freddi semi del melograno selvatico, simili a gemme.
Louise Soraya Black
Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli 