Si allude a Venezia come a una condizione esistenziale, quella di essere fuori dal mondo, diversi dal resto del mondo, costruiti con difficoltà su pali piantati su un terreno malfermo; di essere fragili, di essere soli, oggi qui e domani chissà, di essersi persi in un labirinto, di essere in balìa delle maree, di essere appesi a un filo. È una cosa nascosta fra le righe, una metafora forse, era una cosa di cui all’inizio nemmeno mi accorgevo.

Venezia e io, di Marilia Mazzeo, Helvetia editrice, pp.128

Il libro di Marilia Mazzeo è un lungo e sincero atto d’amore per una città, Venezia, che è diventata la sua città di elezione. Ci è arrivata da foresta, per frequentare la facoltà di Architettura, ma è bastato poco – la magnificenza dell’arte – a conquistarla, a farle capire che la sua stessa vita avrebbe potuto nutrirsi di bellezza e da quella bellezza trarre nutrimento per la mente. Anche a distanza di trent’anni, – anche rimanendo foresta, perché a Venezia o ci sei nato o sei foresto – riesce a sentire a pelle il fascino di una città unica al mondo, e di essa ama tutto, la bellezza dell’arte che la conforma, così come i disagi – l’acqua alta.. – ma anche le bruttezze, i mali degli ultimi anni – le grandi navi da crociera, le folle che incessantemente la percorrono, i negozietti pieni di ciarpame – perché è proprio nelle crepe delle contraddizioni che si esaltano le unicità. Del resto, con gli anni Venezia si è rifatta il look, molti edifici sono stati restaurati, come ad esempio i magazzini della Dogana, anche se, va detto, diversi palazzi che erano pubblici – palazzi affrescati del Cinque e Seicento – ma anche ex conventi, sono stati venduti a privati che li hanno trasformati in hotel principeschi.

La sua prima abitazione a Venezia – dopo qualche mese a Mestre – un posto letto economico lungo rio di Ca’ Balà, ma per la giovane studentessa che si nutre di romanzi, tutto appare bohémien, avventuroso, anche le pantegane che sfrecciano in giardino, e la fascinazione per la parola scritta andrà inizialmente a coniugarsi con quella per la architettura, facoltà che poi abbandonerà.

Marilia Mazzeo e noi, attraverso i suoi occhi e grazie alle sue parole, ci muoviamo tra calli e campielli, con il suo stesso “sguardo vagabondo” che indugia su particolari che a uno sguardo frettoloso sfuggono. Mazzeo si nutre dei capisaldi dell’offerta culturale di Venezia, come la Biennale d’Arte e la Mostra internazionale del Cinema; ma non quella che vede le star del cinema, il red carpet, piuttosto il cinema meno conosciuto, quello che fa conoscere paesi e culture, che magari poi non passerà nemmeno per le sale cinematografiche italiane e dunque quale migliore occasione.

Assistere agli spettacoli della Mostra di Venezia significa uscire per dieci giorni dal mondo occidentale, entro cui viviamo
rinchiusi senza accorgercene. Ognuno di questi film è un viaggio nell’ignoto: veniamo trasportati in un altro universo. Sono tutti lavori pregevoli; la qualità della regia, della fotografia, della colonna sonora, la recitazione degli attori, è sempre ineccepibile; alcuni sono un po’ lenti, è vero, ma in trent’anni solo due volte mi sono veramente annoiata.

Negli anni dell’università ha abitato in otto diversi appartamenti, soprattutto a Cannaregio, e se una cosa l’ha imparata è stato non accumulare oggetti, perché spostare le proprie cose a Venezia è alquanto complicato. In quegli anni studiava, scriveva e lavorava come baby sitter. A Venezia arrivavano migliaia di studenti universitari che affollavano le aule e cercavano una sistemazione abitativa. Qualsiasi buco veniva affittato a caro prezzo senza nemmeno preoccuparsi di dare una mano di bianco o di eliminare la muffa; nessun appartamento era dotato di impianto di riscaldamento, ovviamente. Oggi, quegli stessi appartamenti e camere sono stati restaurati ma per destinarli al turismo, con affitti di breve durata a prezzi alti. A Venezia affittano anche mansarde e sottotetti, a volte al limite dell’abitabilità, ma col pregio di potere osservare, da un abbaino o da un’altana, i tetti della città. Un punto di vista unico, specialmente al chiaro di luna.

Per i residenti (oggi si usa più questo termine che quello di cittadini) di Venezia non è facile convivere con le torme di turisti; capita spesso di non riuscire a salire sul vaporetto, come se a Milano non si riuscisse a salire su un tram o sulla metro – capita davvero di rado – e di dovere andare a piedi per calli, se la distanza lo permette, e questo ha un impatto sulla vita di tutti i giorni. E se si va piedi si cerca di evitare certe strettoie del centro, imbuti intasati di turisti. Quindi, anche solo per raggiungere un ufficio pubblico, o l’ambulatorio del medico, tocca fare parecchia strada, zig-zagando tra le persone. Sempre meglio che passare lunghe ore in file in tangenziale….

È bellissimo l’autunno a Venezia, quando la città si svuota: dopo Ognissanti, con la nebbia e la pioggia che bagnano i tigli dei viali divenuti color ruggine, tornano la pace e il silenzio.

In questo taccuino di viaggio attraverso Venezia, Mazzeo si sofferma molto sulla Biennale, luogo a lei molto caro, e sulle istallazioni, sugli artisti di avanguardia, sulle atmosfere:

Mantiene viva la mia mente e i miei ricordi, perché negli ultimi trent’anni non ne ho persa una, perché mi ha insegnato tanto, e tanto sorpreso, divertito e emozionato; perché ci ho lavorato come guardiasala, da ragazza, e perché tra quei padiglioni ho incontrato quello che poi è diventato mio marito; perché ora abitiamo a due passi e perché la mia bambina è cresciuta fra i padiglioni dei Giardini, che fino a pochi anni fa erano aperti al pubblico d’inverno, e avendo una speciale passione per la fontana, che sul finire dell’inverno si riempie di girini, che lei osservava a lungo e con amore. La Biennale d’Arte fa parte della mia vita.

Ma se la Biennale è fonte di piacere, di meno lo è il problema dell’acqua alta che attanaglia i cittadini, per i quali non è un aspetto pittoresco e inusuale, bensì un disagio e spesso fonte di vera paura; in certi periodi capita magari tre volte in una settimana, e si sono registrati valori fino 187 centimetri sul livello del mare, delle vere e proprie inondazioni che allagano abitazioni e magazzini. E poi una scia di polemiche sull’utilità di certi interventi di recente realizzazione, i circhi mediatici, le strumentalizzazioni politiche. Tutti aspetti estenuanti per chi vive la città da residente, e vorrebbe invece viverla da cittadino, con diritti garantiti.

Hotel Excelsior al Lido di Venezia. Credits: Metropolitano.it

Mazzeo inframmezza il racconto della città a quello della sua opera letteraria, ricordando precisi momenti in cui scriveva un’opera magari legati ad un luogo – lei ama scrivere ai tavolini di un bar – o ad un nome, come con Tiziano Scarpa, conosciuto quando aveva inviato un racconto ad un concorso in cui lui era nella giuria, e poi re-incontrato in seguito, quando la sua carriera di scrittrice aveva preso l’abbrivio. Venezia- città dove molti artisti e letterati hanno voluto essere sepolti – è anche protagonista di tanta letteratura, più che altro di autori foresti perché paradossalmente sono ben pochi i veneziani che ne hanno scritto; Mazzeo di quella letteratura si è largamente nutrita, non trascurando alcuna pubblicazione, e se un autore veneziano le è rimasto nel cuore, questi è Pier Maria Pasinetti, i cui romanzi sono ormai introvabili.

Mazzeo ora abita in un sestiere battuto dai turisti e utilizzato per girare film, il Castello, dove resistono molte case malandate perché chi ci abita non ha i mezzi per rimodernarle, dove non mancano le corde coi panni stesi ad asciugare, dove resiste l’uso del dialetto. E dove tutti vantano:

con orgoglio una strana coppia, l’insegna del Partito Comunista con falce e martello collocata proprio accanto a un tabernacolo con un ritratto, colorato e oleografico, di Gesù Cristo. Tutti ridono dell’accostamento bizzarro e tutti fotografano la strana coppia; tutti fotografano lo scenario della corte, e la mia gatta.

Leggere queste pagine di taccuino dove il privato e il pubblico convivono, anzi si compenetrano, è un po’ come trovarsi davvero a Venezia, la città dell’acqua, dei monumenti, dell’arte, delle contraddizioni; i luoghi ancora difesi dai residenti, e le calli invase dai turisti, i luoghi iconici e quelli meno conosciuti, la città d’inverno invasa dalla nebbia e quasi deserta, piena di fascino, le spiagge deserte del Lido battute dal vento, e i mille problemi pratici per chi ci abita. Dalle pagine emerge un ritratto sentimentale, a volte pervaso di malinconia, ma sempre sorretto dall’amore per ciò che la città lagunare rappresenta, nel bene e nel male. Insomma, Venezia è tutto questo e Marilia Mazzeo che ci vive da trent’anni la sa raccontare e fare amare anche a chi non la conosce.

Qui potete leggere l’incipit.

Marilia Mazzeo vive e lavora a Venezia. Ha pubblicato la raccolta di racconti “Acqua alta” (Theoria 1997), i romanzi “Parigi di periferia” (EL 1998), “la ballata degli invisibili” (Frassinelli 1999), “Non troverai altro luogo” (L’Iguana 2017). Numerosi racconti sono apparsi su riviste e in antologie, alcuni tradotti in inglese, francese e tedesco.

La foto utilizzata nella composizione è scattata nel Sestiere Castello ad opera di Lorenzo Taccioli.

Credits: Dreamtime